Meditazioni sul Vangelo

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Med. br67

La trasfigurazione di Gesù (Lc 9, 28b - 36)

Il racconto della trasfigurazione di Gesù è molto ricco e complesso, sarà inevitabile procedere a tentoni e, come sempre, sperare nell’aiuto della grazia per riuscire a cogliere qualche aspetto delle innumerevoli ricchezze in esso contenute.

L’episodio inizia con Gesù che chiama Pietro, Giovanni e Giacomo perché salgano con lui su un alto monte (Mt 17, 1). Quando vi giungono, Gesù prega, e mentre prega il suo volto cambia di aspetto: emana da lui una luce tale che tutto trasfigura, perfino la sua veste diventa sfolgorante. In quella luce ci sono anche Mosè ed Elia, i quali conversano con lui di quanto accadrà a Gerusalemme, vale a dire degli eventi relativi alla sua morte e risurrezione. Mentre accade tutto questo, Pietro e i suoi compagni sono oppressi dal sonno, ma, quando si svegliano: vedono. Ed è tanto bello quel vedere che Pietro esprime il desiderio di rimanere lì, però: non sapeva quello che diceva. Poi la scena cambia, c’è come un passaggio da un mistero glorioso a un mistero ancora più luminoso, infatti: venne una nube e li coprì con la sua ombra, da Matteo sappiamo che quella nube era luminosa. Se il primo momento è caratterizzato da una luce e una gioia umanamente sopportabili, tanto che Pietro riesce ancora a parlare, l’entrare nella nube luminosa provoca un sacro timore: all’entrare nella nube, ebbero paura, e, secondo Matteo: i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. In quella luce oscura la voce del Padre nuovamente proclama: Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo! Poi Gesù rassicura Pietro e i compagni dicendo: Alzatevi e non temete (Mt 17, 1-9). Terminato tutto: non videro nessuno, se non Gesù solo (Mt 17, 8). Mentre Gesù e i suoi scendono dal monte, il nostro compito è di ruminare e assimilare quanto il Signore cerca di dirci con questi avvenimenti.

Se Gesù sceglie Pietro, Giovanni e Giacomo, non è per un favoritismo immotivato, ma perché ciò che è dato a loro torni a beneficio di tutti. Dio sceglie Israele fra tutti i popoli perché le vicende di Israele sono utili a tutti popoli. Per parlare agli uomini Dio deve pur incominciare con qualcuno; se Dio si rivela ad Abramo e a Saulo è perché vuole rivelarsi anche a me. L’amato ha bisogno di momenti in cui l’amante si dedichi a lui in modo esclusivo, così fa Gesù nei confronti di Pietro, Giovanni e Giacomo.

Potremmo cercare di comprendere la salita sull’alto monte, e ciò che segue, come un riassunto o un modello di tutta la vita cristiana. Salire su un alto monte è una fatica non indifferente, ma si sale l’arduo cammino della vita - che parte dalla terra e raggiunge il Cielo -, in risposta a una chiamata di Gesù; il fascino umano di Gesù ci aiuta e ci sorregge nel salire, ma al termine si giunge comunque spossati, tanto spossati che Pietro e i compagni sono oppressi dal sonno; la loro fatica è però premiata dalla visione dello splendore divino di Gesù; e non solo di Gesù, ma anche di coloro che insieme con lui sono nella Gloria, la quale avvolge ogni cosa creata, anche le vesti e la natura. Mentre si sale non si vede la gloria ma solo l’umanità di Gesù, perché, secondo la constatazione di Paolo: camminiamo nella fede e non ancora in visione (2Cor 5, 7). Gesù è vicino e conduce quanti credono in lui, praticano i suoi insegnamenti e a lui si affidano, ma la sua gloria è ancora nascosta. Salire significa vincere la forza gravitazionale che ci attira verso il basso, ossia tutto ciò che tenta di fissare il nostro affetto nelle cose della terra; San Paolo allora ci esorta: Cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra (Col 3, 1 - 2); perché non salgono coloro che non pensano che alle cose della terra (Fil 3, 19).

Il sonno che coglie Pietro, Giovanni e Giacomo sul monte, forse allude al momento della morte, infatti, come l’oppressione del sonno ha preceduto la visione di Gesù nella gloria, così anche noi dovremo passare attraverso l’oppressione della morte per accedere alla gloria; in quel momento può confortarci quanto hanno vissuto gli apostoli, perché ci assicura che dopo la morte entreremo in una luce che tutto trasfigura. Possiamo inoltre considerare che Pietro, Giovanni e Giacomo saranno nuovamente oppressi dal sonno quando, nel Getsémani, Gesù sarà oppresso dal potere delle tenebre; ma anche in quell’occasione l’oppressione di Gesù nella passione e nella morte precederà la gloria della risurrezione. Tutto il mistero cristiano, in Gesù e in coloro che lo amano, è un mistero di passione, morte e risurrezione, ignorare o trascurare l’aspetto più doloroso e inquietante di questo mistero significa non comprendere Gesù, significa rifugiarsi in un cristianesimo costruito sulla sabbia, ossia destinato ad andare in rovina quando i fiumi rompono gli argini e spazzano via tutto ciò che non è costruito sulla roccia.

Anche l’entrare nella nube luminosa, ossia in un’intimità più profonda con Dio, è caratterizzato da un mistero di morte e risurrezione; infatti, c’è qualcosa che deve morire in Pietro perché possa beneficiare poi di una più profonda comunione con Dio. Pietro e i suoi compagni stavano avendo un’esperienza di Dio molto bella e gratificante, tanto che avrebbero voluto fermarsi lì, Dio però voleva condurli oltre; la loro esperienza era un godere di Dio dall’esterno, ma il suo progetto prevede di condurre gli uomini a godere di lui all’interno di sé stesso, perciò la gioia, pur grande del primo momento, doveva morire perché un’altra più pregiata potesse sorgere, quella appunto che si gusta all’interno della nube luminosa che li ha avvolti e quasi incorporati a sé. Il primo momento doveva preparare il secondo. L’entrare in intimità con Dio è piuttosto sconvolgente per una creatura, infatti: cadono con la faccia a terra e sono presi da grande timore, perché l’eccesso di luce acceca e la gloria di Dio atterrisce. Il rimedio sono le rassicuranti parole di Gesù: Alzatevi e non temete; senza di lui, uomo e Dio, non sarebbe possibile sopportare la troppo intensa vita divina, ma lui vuole che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo (Gv 17, 24).

La Santa Vergine ci aiuti a comprendere, perché se non comprenderemo non saremo docili e ubbidienti quando dovremo subire le operazioni necessarie per entrare nella gloria.

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Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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