Meditazioni sul Vangelo

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Med. br42

Il rischio di non voler comprendere

Non è mai sorto, né mai potrà sorgere un uomo più santo, più sapiente, più buono, più libero di Gesù, e questo perché non è soltanto uomo, in lui vi è la pienezza della divinità nascosta nell’umanità. Sorge allora una domanda inquietante: come mai un uomo così buono, umile, mite, che consolava, istruiva e guariva tutti… è anche continuamente perseguitato, odiato, flagellato, crocifisso? Il fatto è tanto più sconcertante se consideriamo che Dio conosceva la crocifissione di suo Figlio da tutta l’eternità, in quanto Gesù è l’Agnello, immolato fin dalla fondazione del mondo (Ap 13, 8).

Quando Gesù diceva ai suoi discepoli ciò che gli sarebbe accaduto: Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno… essi non capivano… e avevano timore di interrogarlo (Mc 9, 31-32). Avevano paura di affrontare una realtà troppo dolorosa e si illudevano di poterla superare ignorandola. Quando si è confrontati a realtà che ci inquietano è normale non comprendere, è normale avere paura, ma è pericoloso rifugiarsi nell’ignoranza e non fare quanto è possibile per comprendere. Infatti, i discepoli si troveranno impreparati nel momento in cui le parole di Gesù si realizzeranno: Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono (Mt 26, 56), contribuendo anche loro a riempire di amarezza un calice già tanto amaro. Ma quello che non hanno voluto capire prima, perché avevano rimosso gli interrogativi suscitati dalle parole di Gesù, lo impareranno dolorosamente poi.

Che cosa impareranno? Che il male può assumere, in certi momenti, dimensioni insospettate e insostenibili, specialmente quando si abbatte su un’Innocente. Inoltre, rimarranno sorpresi dal loro stesso comportamento; credevano di amare Gesù, e in effetti lo amavano, tanto che avevano lasciato tutto per seguirlo, ma, nonostante ciò, sono travolti dallo strapotere delle Tenebre, soccombono, si disperdono, tradiscono. Dopo questi eventi conosceranno meglio, sia il potere enorme di una cattiveria che non è solo umana, sia la loro grande miseria. Poi, conosceranno anche qual è lo sguardo di Dio su queste realtà. Questa conoscenza è data per prima a Pietro proprio dopo il suo tradimento: Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro (Lc 22, 61). Pietro è sconvolto, piange amaramente e incomincia a comprendere: comprende il suo peccato e sperimenta la dolcezza dell’amore di Dio che lo perdona; comprende qual è il punto di partenza concesso all’uomo per ricostruire l’amicizia con Dio; lì dove il peccato emerge con il suo volto orribile, la misericordia di Dio manifesta un insospettato potere di vincere il peccato. Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia (Rm 5, 20).

Oggi come allora ci sono dei momenti in cui le forze del Male si scatenano nel mondo e nei cuori con forza e ampiezza inaudite. Quando si fa buio su tutta la terra (Mt 27, 45) è perché gli uomini stanno crocifiggendo il loro Creatore; trovare l’atteggiamento giusto per reggere in questi momenti non è così facile, perché non bastano i buoni propositi - a cui vorremmo aggrapparci per rassicurare noi stessi -, non basta aver lasciato tutto per seguire Gesù, e nemmeno le solenni dichiarazioni di fedeltà: Anche se tutti si scandalizzeranno, io no! (Mc 14, 29), niente basta. La “nostra” fiducia e la “nostra” preghiera non bastano, è necessario che Dio stesso venga a operare in noi. Se uno dicesse: “Io mi affido a Gesù e Maria e questo basta”; si, ma il nostro affidamento sarà tanto più solido quanto più accoglieremo la luce che ci rivela come le uniche nostre risorse siano l’impotenza, la povertà e il coraggio di aver paura di tutto il male che c’è in noi e attorno a noi; questa luce ci invita anche a riconoscere di non avere né la fede, né l’amore, né la speranza che sarebbero necessari per affrontare quanto eccede la nostra debolezza. Gesù, a chi aveva paura, dice: Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede? (Mc 4, 40); “No Signore, noi non abbiamo fede”.

Il coraggio di aver paura del male che c’è nel mondo, e di cui rischiamo sempre di diventare complici, genera un frutto prezioso, quello di consentire allo Spirito Santo di prendersi cura della nostra debolezza e di venire Lui a intercedere con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili… secondo i disegni di Dio (Rm 8, 26). Questi gemiti possono essere più o meno dolorosi e durare più o meno a lungo, a seconda di come il Signore vorrà condurre gli eventi. Poi, un giorno sentiremo: Coraggio, sono io, non temete (Mc 6, 50); oppure, come per Pietro, il suo sguardo ci guarirà. Lui conosce la risposta da dare a ciascuno. Quando Gesù si manifesterà, comprenderemo che nient’altro poteva e doveva bastare; ma il prezzo da pagare passa per il coraggio di avere paura, come hanno avuto paura gli apostoli durante le tempeste sul lago; Maria e Giuseppe quando hanno perso Gesù; Maria e gli apostoli nei giorni della Passione. A coloro che accettano di avere paura, Gesù si mostrerà sempre più chiaramente come Salvatore. Non vi è infatti altro nome dato agli uomini in grado di liberarli dall’incubo in cui sono caduti.

Maria ci ottenga di essere fra coloro che sono con lei sotto la croce, per poi gioire con lei quando suo Figlio trionferà sull’orrore del peccato e della morte.

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Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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