Meditazioni sul Vangelo

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Ho ricevuto quello che vi ho trasmesso (1Cor 11, 23-26)

Con queste parole dal sapore un po’ burocratico San Paolo istruisce i cristiani di Corinto sul mistero dell’Eucaristia, come se dicesse loro: “Il Signore mi ha detto quello che ha fatto durante l’ultima cena e, per quanto sconcertante possa apparire, non posso non dirvi ciò che mi ha detto”. E ciò che il Signore ha detto e fatto durante l’ultima cena è veramente enorme e sconcertante. Già nella sinagoga di Cafarnao c’era stato sconcerto e l’abbandono di diversi discepoli quando avevano sentito Gesù proclamare: In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me (Gv 6, 53-57).

Questo è un esempio di come l’amore eccessivo di Dio per noi può metterci in pericolo, infatti: Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui (Gv 6, 66). L’amore di Dio non può non essere quello che è, vale a dire divino, incandescente, totalitario, folle della stoltezza di Dio che è più sapiente della sapienza degli uomini (1Cor 1, 25). Tutti di fronte all’amore di Dio ci troviamo in pericolo, perché a seconda della risposta questo amore sarà fonte di beatitudine eterna o motivo di condanna eterna, con l’amore di Dio non si scherza, “non è per scherzo che lui ci ama”. Dovremmo riflettere maggiormente sulla virtù del “timor di Dio”, dovremmo temere di offenderlo con la mancanza di rispetto, con la tiepidezza, con la mediocrità, con l’indifferenza, con l’orgoglio, con la testardaggine, col tenerlo a una certa distanza perché non bruci troppo… tutte cose che impediscono a lui di amarci secondo il suo desiderio e a noi di trovare la pace, perché il nostro cuore sarà sempre inquieto finché non avrà trovato con lui un giusto rapporto.

Ma qual è il giusto rapporto nei confronti del mistero dell’Eucaristia? Ce lo suggerisce Pietro quando Gesù chiede ai suoi: Volete andarvene anche voi? E Pietro risponde: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio (Gv 6, 68-69). Anche un versetto della sequenza della Messa del Corpus Domini inquadra bene il problema: “Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre l’ordine delle cose”. Non ci è chiesto di comprendere ciò che non possiamo comprendere, ma di fidarci di chi è degno di fiducia. Anche per Pietro le parole di Gesù relative al mangiare la mia carne e bere il mio sangue erano dure, ma la persona di Gesù ispirava fiducia nonostante le sue dure parole: noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio; disobbedirgli o andarsene sarebbe stato offendere il suo amore, e questo non lo fanno le persone che amano.

L’atto di fede caratterizza le persone che amano e consiste nel fidarsi dell’amante anche se propone cose difficili da credere, anche se non si comprende ancora il senso di quello che sta facendo; mentre le persone che non amano non si fidano e tendono sempre a far prevalere il loro insufficiente giudizio. Noi siamo le persone che non amano, per questo non comprendiamo l’Eucaristia e l’amore incandescente da cui ha origine, ci conviene essere realisti e prendere atto del nostro stato, allora potremo sperare di guarire, perché un primo passo per guarire dall’incredulità è ammetterla. Ci può anche aiutare il seguente interrogativo: di fronte al mistero che Gesù mi propone, voglio far prevalere i miei incerti pensieri o accetto la sua iniziativa anche se non la comprendo? Nel rapporto con Lui non è raro trovarsi di fronte a questa alternativa, e noi, spesso, stoltamente vogliamo far prevalere il nostro pensiero su quello di Dio, ma così facendo dichiariamo Dio stolto e noi saggi!

È utile inoltre riflettere su alcune proprietà dell’amore, ad esempio, l’amore per sua natura tende ad unire le persone e a unirle a tal punto da fare di due una cosa sola: L’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne (Mt 19, 5). L’amore quando raggiunge una certa incandescenza tende alla totalità e all’intimità; colui che ama vuole dare tutto sé stesso alla persona amata e reciprocamente vuole che la persona amata doni tutta sé stessa; chi ama vive a causa della persona amata e vive per la persona amata; chi ama è disposto a sacrificarsi e a soffrire per le necessità della persona amata. Un rapporto d’amore poi, è fecondo, genera vita.

Tutte queste proprietà le vediamo in atto nell’amore sponsale, ma quello che vale per l’amore umano vale a maggior ragione per l’amore fra Gesù e noi; infatti, nel sacramento dell’Eucaristia Gesù si dona totalmente a noi e lavora perché ci doniamo totalmente a lui, l’Eucaristia tende a fare di Lui e noi una cosa sola, inoltre, unisce i credenti in un solo corpo; l’Eucaristia dona la vita divina e genera vita, genera conoscenza e amore, per Dio e per i fratelli. Potremmo anche dire che il sacramento del matrimonio è propedeutico al sacramento dell’unione con Gesù, nel senso che ciò che Gesù vuole realizzare con ogni anima ci è mostrato nel sacramento del matrimonio, quello che succede nel matrimonio è quello che deve succedere con Gesù: la stessa intimità, la stessa totalità, la stessa fecondità, la stessa gioia; o meglio, nell’amore umano c’è qualcosa di analogo e inferiore rispetto alla pienezza d’amore di un’anima unita al suo Dio. Il sacramento del matrimonio è provvisorio e destinato a passare, ma l’intimità con Gesù rimane per l’eternità: Alla risurrezione non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo (Mt 22, 30). Anche nel caso, piuttosto raro, di una grande affinità religiosa in due coniugi, ognuno è però chiamato ad avere un rapporto particolare, esclusivo e totale con Gesù: Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo (Lc 14, 26). Se Gesù chiede tanto è perché vuole dare molto di più di quanto l’amore umano, anche santificato dal sacramento del matrimonio, può dare. Le cose più belle che possiamo vivere su questa terra dopo un po’ manifestano il loro limite e non riescono più a soddisfarci pienamente, solo Gesù può promettere: Colui che mangia me vivrà per me; e la vita che lui dona è la vita eterna, è la sua vita divina, capace di non deluderci e non annoiarci per l’eternità.

La Santa Vergine che più di tutti comprende l’amore di Dio ci aiuti ad avere fiducia anche quando l’amore di Dio ci sconcerta, perché “è impossibile che non ci sconcerti sempre più fino al giorno della visione faccia a faccia” (Molinié op).

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Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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