Meditazioni sul Vangelo

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Med. br91

Impossibili imprese (Lc 14 25-33)

Gesù, vedendo che una folla numerosa andava con lui, molto lealmente chiarisce quali sono le condizioni per seguirlo; sono esigenze piuttosto impegnative: Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Queste condizioni toccano tutto ciò su cui gli uomini fondano la loro vita; tutti, infatti, cerchiamo di costruire la nostra felicità a partire dagli amori umani e in vista degli amori umani, in essi cerchiamo gioia, arricchimento, protezione, conforto, e la prospettiva di dover eventualmente scegliere fra l’amore per Gesù e gli amori umani genera qualche apprensione; tuttavia, le esigenze di Gesù non sono irragionevoli, perché il suo amore vale molto di più di qualsiasi amore umano, nessuno ci ama come lui ci ama, merita quindi di essere amato più di ogni altro. Inoltre, Gesù non autorizza le speranze che il suo prestigio, la sua sapienza, le sue guarigioni e i suoi miracoli potevano suscitare in chi lo seguiva, ossia la speranza della liberazione da una potenza straniera e l’instaurazione di un Regno messianico secondo aspettative umane; e non autorizza nemmeno la speranza terrena di una vittoria definitiva sulle malattie, sulla povertà, sui pericoli e sulla morte: Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

A queste severe parole seguono due brevi parabole: una parla della costruzione di una torre e l’altra della guerra dei re. Di queste c’è un’interpretazione comune che possiamo riassumere così: siccome seguire Gesù è un’impresa impegnativa, è saggio e prudente considerare prima se si hanno le risorse necessarie per portarla a termine, altrimenti si rischia di fare la figura di chi ha incominciato a costruire una torre, ma non ha i mezzi per finirla; o di essere stolti come quel re che con diecimila uomini vuole sconfiggerne uno che ne ha ventimila. In sostanza le parabole avrebbero la funzione di insegnarci che prima di prendere una decisione importante bisogna pensarci bene.

Anche se questa interpretazione può avere una qualche validità e può apparire immediatamente soddisfacente, a pensarci bene e a pensarci a lungo, essa non soddisfa completamente. Proviamo allora a sviluppare diversamente la riflessione. Intanto possiamo dire che, come mezzo per stimolare una seria riflessione sull’opportunità o meno di seguire Gesù, le parabole non sono così necessarie, a questo scopo bastano e avanzano le chiare affermazioni sugli amori umani e sulla necessità di portare la croce, queste parole scuotono da sé gli ascoltatori e sono da sole sufficientemente chiare; nel sentire queste esigenze è normale che gli ascoltatori si interroghino se, a queste condizioni, sono ancora disposti a seguire Gesù. La domanda allora è: quale potrebbe essere un’altra legittima interpretazione delle parabole? Esaminiamo se può essere valida la seguente ipotesi: esse non dicono solo ciò che potrebbe accadere a qualcuno che imprudentemente decida di seguire Gesù, ma dicono soprattutto ciò che sicuramente accade a tutti coloro che non lo vogliono seguire; entrambe le parabole riassumono la vita di tutti prima dell’incontro con Gesù.

Dobbiamo allora cercare di capire in che senso ognuno è impegnato a costruire una torre e in che senso ognuno è un re che, prima o poi, dovrà affrontarne un altro molto più potente. La costruzione della torre è simile all’impresa in cui ognuno è di fatto impegnato, infatti, ognuno si ritrova a costruire la propria vita e la propria felicità a partire dall’amore della madre, del padre, dei fratelli, dei parenti, degli amici, per poi accrescerla con l’amore di una sposa o di uno sposo; quindi la costruzione prosegue occupandosi dei figli, della loro educazione e della loro affermazione; e ancora, oltre l’ambito famigliare, si cercano e si coltivano relazioni di varia natura, più o meno gratificanti e arricchenti. Inoltre, la torre che si slancia verso l’alto può anche rappresentare il nostro desiderio di infinito, il nostro desiderio di crescere sempre più. Ma la torre è anche un mezzo di difesa contro i nemici, rappresenta quindi tutti quei mezzi che mettiamo in atto per difenderci da qualsiasi nemico: imprevisti, calunnie, rovesci economici, malattie, morte. Ora, con la parabola della torre è come se Gesù ci chiedesse: “Siete sicuri di portare a termine la costruzione che di fatto avete iniziato?”. Con un minimo di esperienza e di onestà intellettuale, ognuno può rispondere che la torre che ha incominciato a costruire mai riuscirà a portarla a termine, perché qualsiasi relazione umana, per quanto arricchente, non potrà mai colmare veramente il nostro cuore; e le nostre migliori precauzioni non riusciranno mai a difenderci completamente dai pericoli, dalle malattie e dalla morte.

Ma anche nella parabola dei re è raffigurata la nostra vita, nel senso che, di fatto ogni uomo è re, in quanto governa la propria esistenza secondo leggi e regole da lui stabilite per assicurare ordine, benessere e stabilità al proprio regno. Inoltre, come ogni re, ognuno cerca di espandere i propri territori e di farli prosperare. Ogni re ha anche dei nemici che lo insidiano, tra questi, c’è soprattutto un “nemico” che vuole impossessarsi di tutti i nostri territori e governarli secondo le sue leggi. Questo “nemico” è Dio, il quale vuole prendere possesso di tutti gli aspetti della nostra vita e governarli secondo il suo amore; e Dio ha un esercito molto più potente del nostro, per questo, nella parabola si consiglia di cercare i termini di un’intesa mentre il “nemico” è ancora lontano, ossia fin che c’è tempo, perché, volenti o nolenti, verrà un giorno in cui dovremo affrontare il nostro nemico faccia a faccia, se non avremo fatto la pace con lui saranno guai. Noi non siamo dei re autosufficienti e, per non morire, abbiamo bisogno di allearci con un re più potente; la nostra stoltezza è nel pretendere di essere autonomi e di combattere l’unico Re che può, con le sue leggi, la sua saggezza e le sue risorse, assicurarci prosperità e stabilità. Se non cediamo i nostri territori al Re divino, che ci propone una vantaggiosa alleanza, è come se, con un esercito di diecimila uomini volessimo sconfiggerne uno che ne ha ventimila. L’immagine degli eserciti che si affrontano è molto pertinente, perché ognuno di noi, di solito, combatte a lungo prima di arrendersi completamente alle esigenze di Dio, ognuno di noi resiste e si ribella all’idea di rinunciare alla propria autonomia, alla propria idea di felicità e alla propria volontà, anche se, a parole, ogni giorno diciamo: sia fatta la tua volontà.

Gesù termina il discorso dicendo: Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. Quindi, non si è discepoli di Gesù perché con uno sforzo di generosità gli assicuriamo che lo ameremo più del padre, della madre, della moglie e dei figli, e che porteremo volentieri la nostra croce dietro a lui, ma perché, avendo valutato bene ogni cosa ci rendiamo conto che la costruzione della nostra vita è un’impossibile impresa, allora, l’unica possibilità che abbiamo è rinunciare a tutti i nostri averi, a tutte le nostre risorse, a tutte le nostre idee, a tutti i nostri progetti e a tutta la nostra volontà, per abbandonarci umilmente nelle mani di Colui che solo può farci riuscire lì dove noi sicuramente falliremmo. L’incontro con Gesù è un momento critico, perché dobbiamo scegliere se continuare a costruire la nostra torre e a governare i nostri territori secondo un nostro progetto, oppure accettare l’alleanza che Lui ci propone, quella di annettere i nostri piccoli territori al suo sconfinato Regno. Se non accettiamo l’alleanza faremo la figura e la fine di chi ha incominciato a costruire e non riesce a finire, di chi non si rende conto che un esercito invasore è alle porte, per cui, o cerca i termini di un accordo o sarà sconfitto. L’amore di Dio ci assedia da tutte le parti, possiamo accoglierlo o respingerlo, possiamo guadagnare tutto rinunciando a tutto o perdere tutto difendendo ostinatamente ciò che in sé non può sussistere, ognuno avrà la sorte che si è scelto.

La Santa Vergine, che ha scelto di essere la serva del Signore, non permetta che ci intestardiamo troppo a lungo, e ci aiuti nelle trattative di pace con Colui che vuole invadere il nostro cuore con il suo infinito Amore.

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  • Ultimo aggiornamento 09-01-2024

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    Cristo giudica il ricco malvagio - Un caso di impenitenza finale - Esame dei sentimenti del ricco - Il pensiero di Santa Caterina da Siena - La parabola nell’opera di Maria Valtorta - Più di un morto che risuscita...

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    Le Christ juge le mauvais riche - Un cas d’impénitence finale - Examen des sentiments du riche - La pensée de Sainte Catherine de Sienne - La parabole dans l'œuvre de Maria Valtorta - Plus qu’un mort qui ressuscite...

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    Difficoltà di valutare il senso del tempo - Un compito troppo difficile - L’invito inascoltato - L’inevitabile combattimento.

  • Aprì loro la mente per comprendere le scritture

    Non è così facile comprendere le Scritture - Il centro delle Scritture - Un progetto singolare - Non è una questione di belle parole.

  • Il fico maledetto

    Come gli antichi profeti - L'osservazione di Marco - Senza vie di scampo - L'attacco - Il contrattacco - Sacerdoti, scribi e noi.

  • Gesù esamina Pietro sull'amore

    Le domande di Gesù - Le risposte di Pietro - Pietro abbandonato dal Signore - Nato per fare il capo - Teresina di Lisieux e don Divo Barsotti.

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    Il re cerca altri commensali - Un invito accolto con poco entusiasmo - Situazioni impossibili - Due volte indegni - Un pericolo mortale.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 1

    Un racconto paradossale e drammatico - Ci bastano le feste umane - Come si uccidono i messaggeri di Dio - Apparente ingiustizia.

  • Quando Dio resiste alla preghiera ... (Lc 11, 5-13)

    Non ho nulla da offrirgli - Un singolare amico - Non conosciamo noi stessi - Fatti per un altro mondo ...

  • La parabola degli operai nella vigna (Mt 20, 1-16)

    Difficoltà  di comprendere un comportamento ingiusto - Ingiustizia che torna a nostro favore - Chi consola questa parabola.

Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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