Meditazioni sul Vangelo

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Med. br108

Maria madre di Dio (Lc 2, 16-21)

Il primo giorno dell’anno civile, la Chiesa celebra solennemente la festa di Maria madre di Dio. Dopo aver celebrato la nascita del Figlio è giusto celebrare la Madre che lo ha dato alla luce. L’inizio dell’anno è poi particolarmente indicato per festeggiare colei che ha dato inizio a una vita non comune, quella del Figlio di Dio sulla terra.

Di solennità in solennità, di festa in festa, di domenica in domenica, la Chiesa continua a proporci i paradossi che sgorgano dalla fantasia sapiente e amorosa di Dio, ma noi, essendo piuttosto ciechi, sordi e muti, non vediamo nulla, non ci stupiamo di nulla, non ci rallegriamo di nulla e ci annoiamo alla Messa, è inutile nascondercelo, ma dovremmo anche riconoscere che questa noia rivela qualcosa di anomalo, è un sentimento che non dovrebbe esserci in persone sane; dovremmo almeno soffrirne come soffrono le persone desiderose di guarire, si va a Messa per sperare il miracolo della guarigione, come lo speravano i malati al passaggio di Gesù, poi, dopo il miracolo, sorgerà dal cuore il canto: L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore (Lc 1, 46-47).

Il paradosso che rischia di sfuggirci e di lasciarci indifferenti è il titolo: Madre di Dio. Com’è possibile che una creatura possa essere Madre di Dio? Dio è da sempre, non ha origine, non può nascere e non può avere una madre, tanto meno può avere per madre una donna da lui stesso creata. Come mai la Chiesa non si accontenta di chiamare Maria: madre di Cristo? Sarebbe meno scioccante, più accettabile e anche vero; sarebbe vero, ma non si evidenzierebbe il paradosso, altrettanto vero, che deve alimentare la gioia degli uomini, e non solo, nel tempo e nell’eternità.

Il paradosso della Madre di Dio dipende da un altro paradosso, vale a dire dal disegno di Dio di salvare gli uomini facendosi uomo. Dio è uno in tre persone e questo è il mistero da cui provengono tutti i misteri; quando il consiglio sapiente di Dio ha deciso l’incarnazione della seconda persona della Santissima Trinità, il Figlio, assumendo la natura umana, non ha dato origine a due persone, una divina e una umana, ma la sola persona divina del Figlio ha dato origine all’unione di due nature, per cui l’unica persona del Figlio possiede due nature: quella divina e quella umana; da questo segue che sia possibile uno scambio di proprietà fra le due nature, ciò che si dice dell’una vale anche per l’altra e viceversa, perché, le proprietà e le azioni secondo la natura divina, e quelle secondo la natura umana vanno attribuite all’unica persona divina del Figlio fatto uomo; allora si può dire che il Figlio di Maria, in quanto Dio: è eterno, increato, immortale, sapiente, onnipotente... e anche che il Figlio di Dio che è Dio, in quanto uomo: cresce, lavora, fa miracoli, si stanca, ha sete, soffre, muore... Maria è dunque Madre di Dio perché da lei è nata la natura umana che la persona di Dio Figlio ha voluto assumere; San Paolo sintetizza bene il mistero di Cristo dicendo che: In lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 2, 9).

Questi sono balbettii intorno a misteri che ci superano, tuttavia è bene meditare questi misteri, perché è da lì che vengono la nostra vita e la nostra gioia; è poco saggio non interessarsi di ciò che farà la nostra beatitudine eterna. Quindi, perché non ci dimenticassimo l’invenzione divina dell’incarnazione di Dio in Gesù figlio di Maria, per non attenuare il paradosso dell’unione di due nature in Gesù, per attirarci verso i misteri eterni, per rendere omaggio a Maria, la Chiesa ha definito “Maria Madre di Dio” al concilio di Efeso nel 431, e noi lo ripetiamo ogni volta nell’Ave Maria.

I paradossi della storia della salvezza, non sono sterili, sono operativi e generano altri paradossi, ma il più delle volte non ci dicono nulla, ad esempio: I pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro... poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. Ora, cosa c’è di speciale in questa scena dal carattere così povero e ordinario? Dei pastori, povera gente, vanno verso un povero ricovero di animali e vedono altri poveri: un uomo, una donna e un neonato; una famiglia talmente povera da non aver trovato un posto migliore per la nascita del loro bambino. Eppure, cieli e terra passeranno ma questa scena non passerà mai, perché questa scena è una Parola di Dio e le sue parole sono eterne. La cosa singolare è che in quella povertà c’era una ricchezza tale, che tutte le ricchezze del mondo al confronto sono come polvere sulla bilancia (Is 40, 15). L’evento sorprendente è che proprio in quel povero ricovero, e in quelle “povere” persone, era presente la sorgente della vita e della gioia, tanto è vero che i pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto. In quella grotta il Cielo stesso con la sua Vita, la sua Luce e la sua Gioia era presente per comunicarsi agli uomini, e i pastori hanno bevuto qualche sorso alla fonte della gioia eterna.

Un’altra Parola consolante è contenuta in questa scena, ed è che nessuno è escluso dal desiderio di Dio di comunicarci la sua gioia, tutti sono invitati a venire alla fonte che sola può dissetare il cuore dell’uomo, e le persone più umili e socialmente meno apprezzate, sono proprio quelle a cui Dio si manifesta per primo; il paradosso della beatitudine: Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio (Lc 6, 20), ha nei pastori una prima concreta realizzazione.

Un altro effetto delle iniziative di Dio in favore degli uomini è quello di generare stupore. Quando i pastori giungono alla grotta: vedono; ossia trovano conferma di quanto era stato loro annunciato dall’angelo. Lo squarcio di cielo che si era aperto su di loro non era un’allucinazione, un’illusione o una fantasia, ma era realmente una scenografia celeste con un annuncio di cui avevano trovato riscontro nella realtà. Allora potevano raccontare a tutti gli eventi che li avevano indirizzati a quel luogo: dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.

Quando il cielo si apre, inonda la terra di luce e si vede una moltitudine dell’esercito celeste lodare Dio per la sua santità e le sue opere (Cfr. Lc 2, 13-15), c’è da rimanere molto intimoriti e stupiti. Il cielo si era poi nuovamente chiuso perché gli angeli avevano esaurito la loro missione, quella di mettere in moto gli uomini verso l’incontro con il loro Creatore; così, giungendo alla grotta i pastori vedono una meraviglia ancora più grande, perché, con il soccorso della grazia, vedono in quel bambino il Re del cielo, la sorgente della luce, della vita e dell’amore; ma un tale Re non poteva non offrire loro una caparra delle ricchezze del suo regno, per questo se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto. Inoltre, è bene considerare che il Re dell’universo si presenta in una condizione di umiltà e di debolezza tali da non mettere nessuno in soggezione, anzi, la sua indigenza suscita tenerezza e dona agli uomini l’occasione di offrirgli a loro volta i loro doni. Da notare che anche Maria si stupisce, lei che più di ogni altro aveva familiarità con le iniziative straordinarie di Dio, tuttavia, nel suo stupore: custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore; evidentemente, le opere di Dio non finiscono mai di stupire, ma per stupirci dobbiamo essere in sintonia con il sentire di Dio; a tal fine giova molto imitare Maria nel custodire e meditare nel cuore gli eventi che Dio ci dona da vivere, le sue parole e i suoi misteri; gli eventi, le parole e i misteri sono come dei semi che, ben custoditi e coltivati, produrranno buoni frutti.

Un aspetto da non trascurare è che l’umiltà di Dio spiazza gli uomini, e li spiazza talmente che i più non si accorgono delle sue iniziative, così, quando ne sentono parlare, queste non suscitano in loro il minimo interesse; per interessarsi di Dio bisogna essere almeno un po’ in sintonia con il suo carattere. La scena su cui meditiamo mostra inequivocabilmente quali sono i gusti, i modi e le persone che Dio predilige. A Natale, e non solo, vediamo che Dio apprezza tutto ciò che il mondo disprezza; le persone a cui Dio si manifesta sono le meno considerate dai potenti; le ricchezze e il lusso per cui tanto si affaticano gli uomini, sono beni di cui Dio non si cura affatto; il mondo promuove ed esalta ciò che appare, chi ha successo, chi sa imporsi, Dio promuove ed esalta chi si abbassa, chi si nasconde, chi non s’impone; nelle scene del Natale vediamo realizzata la parola di Gesù: Chi si umilia sarà esaltato (Lc 14, 11); queste sono tutte indicazioni che ci invitano a cercare, non ciò che piace al mondo, ma ciò che piace a Dio. Chi si è abbassato più di tutti, dopo Gesù, è Maria, allora: Dio ha guardato l'umiltà della sua serva, l’ha scelta per essere la Madre di Dio e d'ora in poi tutte le generazioni la chiameranno beata (Lc 1, 48).

Che Maria e Giuseppe non permettano che le opere di Dio ci lascino indifferenti, ma ci aiutino a vederle, ad apprezzarle, ad amarle, tanto da suscitare in noi il ringraziamento, la lode e l’adorazione.

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Meditazioni  Info
  • Ultimo aggiornamento 09-01-2024

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  • Il perdono che non può essere concesso (Gv 20, 22-23)

    A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi - che cos'è il peccato? - scoperta di alcuni paradossi - l'abominio del peccato originale - l’appuntamento a cui non possiamo mancare

  • La parabola dei talenti (Mt 25, 13-30 || Lc 19, 11-28) - IIa parte

    Il bisogno di amare - poco e molto, storia in due tempi - le paure del servo malvagio - l’oscuramento della ragione - Dio non ci chiede più di quanto possiamo dare - chi è umile accetta di farsi aiutare - la possibilità della perdizione - tentativo di riflessione sull’inferno - come evitare la perdizione

  • La parabola dei talenti (Mt 25, 13-30 || Lc 19, 11-28) - Ia parte

    Un compito difficile - Ciò che non vorremmo sentire - Il rischio di un malinteso - Cosa si aspetta il padrone dai suoi servi - Il problema del vero bene dell’uomo - Prima il poco, poi il molto

  • La parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro

    Cristo giudica il ricco malvagio - Un caso di impenitenza finale - Esame dei sentimenti del ricco - Il pensiero di Santa Caterina da Siena - La parabola nell’opera di Maria Valtorta - Più di un morto che risuscita...

  • Le riche épulon et le pauvre Lazare

    Le Christ juge le mauvais riche - Un cas d’impénitence finale - Examen des sentiments du riche - La pensée de Sainte Catherine de Sienne - La parabole dans l'œuvre de Maria Valtorta - Plus qu’un mort qui ressuscite...

  • Come mai questo tempo non sapete valutarlo?

    Difficoltà di valutare il senso del tempo - Un compito troppo difficile - L’invito inascoltato - L’inevitabile combattimento.

  • Aprì loro la mente per comprendere le scritture

    Non è così facile comprendere le Scritture - Il centro delle Scritture - Un progetto singolare - Non è una questione di belle parole.

  • Il fico maledetto

    Come gli antichi profeti - L'osservazione di Marco - Senza vie di scampo - L'attacco - Il contrattacco - Sacerdoti, scribi e noi.

  • Gesù esamina Pietro sull'amore

    Le domande di Gesù - Le risposte di Pietro - Pietro abbandonato dal Signore - Nato per fare il capo - Teresina di Lisieux e don Divo Barsotti.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 2

    Il re cerca altri commensali - Un invito accolto con poco entusiasmo - Situazioni impossibili - Due volte indegni - Un pericolo mortale.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 1

    Un racconto paradossale e drammatico - Ci bastano le feste umane - Come si uccidono i messaggeri di Dio - Apparente ingiustizia.

  • Quando Dio resiste alla preghiera ... (Lc 11, 5-13)

    Non ho nulla da offrirgli - Un singolare amico - Non conosciamo noi stessi - Fatti per un altro mondo ...

  • La parabola degli operai nella vigna (Mt 20, 1-16)

    Difficoltà  di comprendere un comportamento ingiusto - Ingiustizia che torna a nostro favore - Chi consola questa parabola.

Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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