Meditazioni sul Vangelo

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Med. br54

Battesimo con l’acqua e con il fuoco (Lc 3, 10-18)

La vita cristiana è caratterizzata da due movimenti, uno lo dobbiamo compiere noi, l’altro, Dio che opera in noi. I due movimenti servono a far crescere la nostra conoscenza e il nostro amore per Dio e a introdurci in una comunione sempre più intima con lui. Giovanni Battista indica qual è il nostro compito, che è anche simboleggiato dal battesimo con l’acqua, il compito di Gesù è il battesimo in Spirito Santo e fuoco; il primo battesimo ha un’efficacia limitata, il secondo ha una forza e una potenza che ci riserverà non piccole sorprese.

Le folle, impressionate dalla santità e dalla parola di Giovanni Battista, accorrono a lui nel deserto e gli chiedono: Che cosa dobbiamo fare? La risposta è che ognuno, in qualunque stato di vita si trovi, può fare qualcosa per migliorare la qualità morale della sua vita. Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto; vale a dire: chi ha dei mezzi sia sensibile alla sofferenza di chi non ne ha e cerchi di alleviarla. Non esigete nulla più di quanto vi è stato fissato, perché la disonestà favorisce la corruzione della società e deturpa l’anima. Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe; dobbiamo vigilare perché una posizione di potere o di forza non ci induca a opprimere i deboli e l’avidità di denaro non ci renda ingiusti. Tutte queste raccomandazioni si possono riassumere nella seguente: siate sensibili alla sofferenza del prossimo e, se potete, alleviatela, soprattutto, non procuratela.

Nel popolo sorgono anche interrogativi sulla persona e sulla missione di Giovanni: sarà lui il Cristo, il re e liberatore di Israele? La sua forza, la sua santità, la sua influenza sul popolo potevano lasciarlo credere, ma Giovanni corregge le attese di molti affermando di non essere il Cristo. Interrogativi simili potrebbero sorgere a proposito della legge morale, ad esempio: il cristianesimo, è riducibile alla pratica di una morale che garantisca la convivenza pacifica nelle comunità e fra le nazioni, la prosperità e il progresso in ogni campo?... o dobbiamo aspettarci qualcos’altro? È nella legge morale la salvezza? Molti lo credono, soprattutto quanti per ogni problema invocano una nuova legge, ma San Paolo precisa che, per mezzo della legge si ha solo la conoscenza del peccato (Rm 3, 20), la legge serve a dare piena coscienza della caduta (Rm 5, 20); quindi, una volta che conosciamo il nostro peccato abbiamo bisogno di colui che toglie il peccato del mondo (Gv 1, 29); per questo Giovanni Battista proclama che qualcun altro deve venire: Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile.

L’affermazione di San Paolo è sconcertante, cosa significa: per mezzo della legge si ha solo la conoscenza del peccato? La legge è la legge dell’amore verso Dio e verso il prossimo, che si esplicita nei dieci comandamenti, ora, se uno si impegna seriamente a praticarli tutti e dieci, qualcosa di buono riesce a fare, ma scopre anche quanto frequentemente cade in svariate mancanze d’amore più o meno gravi: insensibilità, indelicatezze, asprezze, maldicenze, avidità, menzogne, mancanza di rispetto, arroganze, giudizi, tiepidezze, pigrizie, superficialità…; di questi peccati è più acutamente consapevole chi più si impegna ad amare Dio e il prossimo. San Paolo ne è un esempio e onestamente ammette: io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Tutti i santi confermano che, più progrediscono in santità, più si rendono conto di essere peccatori. Questa amara conoscenza del peccato però, acuisce anche la consapevolezza della necessità di incontrare colui che toglie il peccato del mondo. Sempre San Paolo esclama: Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?... Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! (Rm 7, 19-25).

Possiamo quindi dire che il battesimo in Spirito Santo e fuoco ha un doppio effetto, da un lato ci immerge sempre più nelle esigenze dell’amore e, proprio per questo, ci mostra anche quanto siamo lontani dal vivere secondo la profondità, l’estensione e lo splendore di questa legge. Chi accetta il battesimo di fuoco di Gesù, si imbarca in un’impresa piuttosto impegnativa, infatti, il Signore ha in mano la pala per pulire le sporcizie che avviliscono la nostra anima, e possiede un fuoco per bruciare ogni impurità quando queste si insinuano nelle nostre migliori intenzioni e nelle nostre migliori opere. Questo lavoro, che dipende sia dal nostro consenso, sia dall’opera della grazia di Dio in noi, è necessario per raggiungere la meta a cui Dio vuole condurci; siamo invitati a mensa con la Santissima Trinità, ma la partecipazione al banchetto ha un prerequisito: l’eliminazione delle imperfezioni e delle impurità che deturpano il nostro volto; presentarsi sporchi, in una società raffinata ed esclusiva com’è quella dei santi figli di Dio, sarebbe decisamente sconveniente. Il lavoro è lungo e faticoso, consiste soprattutto nel lasciarsi lavorare, ma il profeta ci incoraggia e ci sprona con queste parole: Rallegrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico… Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia (Sof 3, 14-17).

Maria, beata perché ha creduto, ci aiuti a credere alle grandi cose che Dio prepara per coloro che lo amano.

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Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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