Meditazioni sul Vangelo

Meditazioni sul Vangelo

Meditazioni sul Vangelo

Meditazioni sul Vangelo

Med. br154

IL TALENTO NASCOSTO (Mt 25, 14-30)

Talento nascosto

Nel vangelo di Matteo la parabola delle dieci vergini è seguita immediatamente da quella dei talenti variamente distribuiti, le due parabole hanno degli aspetti in comune e qualche differenza, il Regno di Dio è una realtà talmente grande, complessa e geniale che le parole umane faticano a illustrarne tutti gli aspetti. In generale una differenza fra le due parabole potrebbe essere: quella delle vergini parla dell’aspetto contemplativo della vita cristiana, infatti le vergini non hanno altro compito se non quello di vegliare e aspettare l’arrivo dello Sposo; quella dei talenti evidenzia invece l’aspetto attivo: l’uomo ricco si aspetta che i servi lavorino per aumentare il capitale ricevuto.

La parabola

Dopo aver distribuito ai suoi servi una certa somma di denaro, il padrone se ne va lontano per molto tempo. Ritornerà, ma non precisa quando. Al suo ritorno esamina come i servi hanno amministrato i talenti ricevuti; emerge che alcuni hanno operato bene moltiplicando il capitale, uno invece non ha fatto nulla per aumentarlo, anzi si è impegnato a fondo per renderlo improduttivo; gli uni ricevono allora un premio al di là delle loro attese, mentre chi non ha operato bene è severamente punito: Il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Infine, il talento recuperato da chi non lo aveva fatto fruttare è dato a chi aveva guadagnato più di tutti.

Così stanno le cose secondo il progetto di Dio, questo il senso della vita e ciò che Dio si aspetta da noi. Il guaio è che questo progetto rischia di non essere troppo gradito. Ma cos’è che può non piacere?... Ad esempio, il fatto di essere servi, perché ogni servo ha necessariamente un padrone, il che significa dover accettare di essere secondi e non primi, significa dipendere in tutto dalla volontà di un altro; noi invece vorremmo essere primi e non secondi, vorremmo fare sempre di testa nostra e non ubbidire alla volontà di un altro. È inoltre normale che a dei servi siano assegnati compiti che a volte sono molto contrari alla loro volontà. Un altro aspetto sgradito è quello di dover affrontare un esame; se poi c’è anche la possibilità della bocciatura, il nostro disagio aumenta ancora. Altra cosa che non piace è la severità della punizione per chi non supera l’esame; noi, che ci illudiamo di essere discretamente buoni e misericordiosi, vorremmo rinnovare all’infinito la possibilità di un esame di riparazione in modo che tutti si possano salvare, ma questo dimostra solo che non comprendiamo né la giustizia dell’esaminatore, né la gravità della colpa di chi non supera l’esame, né la grandezza del progetto di Dio.

C’è un modo subdolo di tradire gli insegnamenti del vangelo, e consiste nell’ignorare le parti che non piacciono; la cosa diventa grave, colpevole, e fa danni, quando sistematicamente si ignorano certi temi che il Signore frequentemente richiama negli insegnamenti diretti e nelle parabole. Un tema ampiamente rimosso, o inadeguatamente trattato, è quello della possibile esclusione dal Regno di Dio, questa eventualità è chiaramente insegnata nella parabola delle vergini, in quella dei talenti e nell’insegnamento sul giudizio universale; questi brani si trovano in stretta successione nel vangelo di Matteo, e questa insistenza dice l’importanza del tema. Trascurare certi insegnamenti da origine al seguente paradosso: più i predicatori tacciono sui demoni e sull’inferno, più l’inferno dilaga sulla terra. Se, per paura o pigrizia, volontariamente ignoriamo certe parole del Signore, è come se sotterrassimo i talenti che lui ci dona; questo atteggiamento è abbastanza diffuso, ma chi lo pratica rischia di meritare la punizione riservata al servo malvagio e pigro.

Le attese del padrone

Ciò che il padrone si aspetta dando ai servi i suoi beni, è che questi col tempo aumentino; più i servi si impegneranno con intelligenza e costanza, più riusciranno a moltiplicare i beni ricevuti. Bisogna inoltre considerare che i beni del padrone è come se contenessero un dinamismo e delle potenzialità simili ai semi, e come i semi chiedono di svilupparsi, di espandersi, di crescere. Questa è una legge della vita, mortificare il dinamismo dei beni ricevuti è un’operazione contro natura, malvagia e meritevole di punizione.

La parabola dice che ogni uomo riceve dei talenti secondo le sue capacità, e con questi ha la possibilità di far crescere il bene intorno a sé. Il compito dell’uomo espresso in questi termini ottiene generalmente ampio consenso. Le cose si complicano quando ci chiediamo: ma che cos’è il vero bene dell’uomo? La risposta si può dividere in due parti, la prima abbastanza semplice, la seconda molto meno. È chiaro che è bene per l’uomo avere cibo per nutrire il corpo, vesti per coprirlo, una casa per proteggerlo e un lavoro che consenta di procurarsi e produrre questi beni. Ma l’uomo non è solo corpo, ha anche una parte spirituale molto più misteriosa, e questa ha esigenze che richiedono anch'esse intelligenza e impegno per essere soddisfatte. Occuparsi della parte spirituale dell’uomo è però un’impresa che molti trascurano o sottovalutano.

Un aspetto dell’impegno richiesto per aumentare i beni ricevuti, consiste nel crescere in saggezza, ossia nell’esercizio dell’intelligenza che si applica a cercare il senso di ogni cosa. In primo luogo, il senso del mistero che ognuno di noi è, il senso dei paradossi che, più o meno consapevolmente, ci interpellano e ci inquietano, perché resistono a troppo facili soluzioni. Ad esempio, come conciliare la nostra aspirazione alla vita e la certezza della morte? Come conciliare il nostro desiderio di infinito per cui mai niente ci basta, con l’esperienza del limite e della noia? Perché la pienezza di vita o di felicità a cui aspiriamo sempre ci sfugge? Perché scopriamo di essere cattivi pur volendo essere buoni? Perché invece del trionfo della giustizia vediamo prevalere la furbizia, la mediocrità, la corruzione? Perché i malvagi godono e i buoni soffrono? Perché il male assume a volte proporzioni intollerabili?... Di fronte a questi interrogativi, rischiamo ancora di fare come il servo malvagio della parabola, il quale, per paura andò a nascondere il talento: Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra. Troppo presto ci illudiamo aver capito il senso della vita.

Un segno che stiamo trafficando bene i talenti è quando cresce la consapevolezza della vastità del mistero in cui siamo immersi, per cui, più comprendiamo e meno comprendiamo. “La migliore conoscenza di Dio è questo senso, questo riconoscimento di una nostra ignoranza” (don Divo Barsotti). Detto ancora in altri termini: quando i nostri interrogativi giungono a essere tali da non ammettere altra risposta se non la visione di Dio, allora stiamo procedendo bene, perché la risposta al nostro anelito alla Verità sarà: Servo buono e fedele… prendi parte alla gioia del tuo padrone. La vita dell’uomo non è una cosuccia da niente, una piacevole passeggiata, un tempo di divertimento, e il suo compito principale non è di evitare il più possibile i disagi, di cercare tutte le possibili soddisfazioni, di provare tutti i possibili piaceri, ma l’uomo ha una dignità incomparabile perché ha il compito di scegliere il suo destino eterno, è chiamato a dire di sì, o di no, a un Dio che mendica il suo amore; e l’esito della scelta sarà la beatitudine dell’intimità con Dio o l’inferno.

Le paure del servo malvagio

C’è però qualcuno che sente questa dignità e questo compito come qualcosa d’inquietante e ne ha paura, è il servo pigro e malvagio della parabola, il quale, per vincere la paura non poteva comportarsi in modo più sbagliato e odioso. Anche lui come tutti aveva ricevuto un bene che per sua natura chiedeva di crescere, di espandersi, di perfezionarsi, ma lui decide, con determinazione e ostinazione, di mortificare e rendere inefficace il dinamismo naturale contenuto nel bene ricevuto, infatti va, ossia compie un certo cammino che lo allontana dal luogo in cui abitualmente vive, mostrando così l’intenzione di mettere una certa distanza fra lui e il bene ricevuto; scava anche una buca e vi nasconde il talento, ossia, mette impegno e fatica per nascondere a se stesso il bene ricevuto; ma cosa succede al termine del lavoro? Succede che non vede più il bene perché non lo vuole vedere, e rende impossibile la crescita del bene.

Un simile comportamento avrà conseguenze catastrofiche quando ritornerà a casa. Infatti, bisogna considerare che la legge della crescita ha due direzioni, una è verso il bene e l’altra verso il male; ma se uno si priva volontariamente del bene e della possibilità di farlo crescere, che cosa ci si può aspettare da lui se non che tutto il suo operare sia orientato verso il male? È per questo che il Signore lo chiama: servo malvagio; e anche pigro, perché non producendo alcun bene non potrà vivere se non sfruttando come un parassita il bene prodotto da altri; infatti, se il sole sorge sui cattivi e sui buoni (Mt 5, 45) è perché un certo numero di buoni impedisce all’ira di Dio di castigare severamente il mondo, come è successo a Sodoma e Gomorra.

Dobbiamo considerare inoltre che il servo malvagio si è messo al servizio del male non per un giorno o due, ma per molto tempo, e durante questo tempo non è detto che si sia pentito e sia andato a recuperare il talento nascosto; vediamo così che il suo comportamento è caratterizzato: sia da una determinazione ingegnosa per rendere inefficace il bene ricevuto, sia dalla perseveranza nella decisione presa. Questo comportamento è particolarmente odioso perché è contro natura, l’uomo infatti tende spontaneamente ad aumentare la conoscenza e a diffondere il bene, ma questa crescita deve essere liberamente scelta e sostenuta, altrimenti la tendenza naturale si esaurisce e diventa inefficace, inoltre, inverte la direzione e diffonde il male.

L’esercizio della libertà è ciò che caratterizza in profondità la natura umana e gli conferisce una dignità grande è terribile; terribile perché è concesso a questa libertà di operare contro Colui che gliel’ha data, di operare contro l’amore. Non c’è niente da fare, il Dio grande e terribile (Sal 88, 8) fa cose grandi e terribili ed è cosa gravissima minimizzare, banalizzare, trascurare le sue opere e le sue parole; purtroppo, è quanto il servo malvagio fa, anche perché non vuole assolutamente avere paura, dice infatti: Ho avuto paura e, come rimedio: Sono andato a nascondere il talento sotto terra. Ma ogni tentativo disonesto per evitare la paura è destinato a fallire. Paradossalmente, l’unico rimedio alla paura è accettare di avere paura, perché questa contribuirà a preparare il giorno in cui il Signore dirà: Coraggio, sono io, non abbiate paura! (Mt 14, 27). La paura ha un certo ruolo per aiutarci a crescere nella conoscenza e nell’amore, ossia a trafficare i talenti. Essa tenta di dirci qualcosa sul mistero e la sacralità della vita, ma di fronte al mistero e al sacro è giusto avere un sacro timore, che è anche via alla sapienza: Principio della sapienza è il timore del Signore (Sal 110, 10).

L’oscuramento della ragione

Un altro male a cui va incontro il servo malvagio è l’oscuramento della ragione, infatti, nascondendo il talento non vede più il bene ricevuto, ma non vedendo il bene non vede più neanche il male, perché gli manca il termine di paragone. Cade così nell’aberrazione di chiamare il bene male e male il bene, di ritenere giusto ciò che è sbagliato e sbagliato ciò che è giusto. L’aberrazione massima è dichiarare l’uomo giusto e Dio ingiusto, ma è proprio quello che fa il servo per giustificarsi nell’ora della resa dei conti quando dice: “Ho avuto paura, ma è giusto che io abbia avuto paura, perché tu sei un uomo duro che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso”. Ora, un uomo che miete dove non ha seminato e raccoglie dove non ha sparso è un uomo ingiusto, ma da un padrone ingiusto è giusto stare lontano, è giusto evitare ogni rapporto. A causa del suo accecamento il servo pensa inoltre che ci siano dei campi non appartenenti al suo padrone da cui questi, ingiustamente, vuole raccogliere; e non vede che tutti i campi appartengono a Dio e per tutti lui ha previsto dei semi destinati a produrre una varietà di beni utili all’uomo.

Da notare che il padrone non si preoccupa di smentire le idee erronee del servo, ma afferma che, nonostante i suoi errori, poteva e doveva fare qualcosa di utile per la salvezza: Avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Un aspetto di questa risposta è affermare che ogni uomo, per salvarsi, può e deve fare qualcosa che è alla sua portata, qualcosa che non è al di sopra delle sue forze e delle sue possibilità.

Andare, scavare, nascondere e ritornare a casa senza il talento, sono tutte azioni che manifestano una volontà di rottura definitiva del servo nei confronti del padrone. Il servo doveva però giustificare in qualche modo la sua scelta, e lo fa dichiarando duro e ingiusto il padrone. La decisione gli procurerà certamente qualche sollievo e vantaggio a breve termine, ma si rivelerà sbagliata nel giorno del giudizio. Lui ha voluto rompere i rapporti col padrone, ma un padrone che, stando al suo dire: miete dove non ha seminato e raccoglie dove non ha sparso, anche da lui avrebbe preteso qualche frutto. Inoltre, un uomo duro se non trova i frutti attesi, come si comporterà se non punendo severamente chi si è dimostrato malvagio e pigro?

E in quel giorno il servo deve ammettere che la sentenza: Gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti; è il salario che gli è dovuto perché è ciò che ha voluto, e l’ha voluto ostinatamente per tutta la vita. Le scuse che accampa non reggono, perché non poteva pretendere un premio da un uomo duro dopo aver fatto nella vita quello che voleva, senza minimamente impegnarsi a lavorare per lui. Nell’ora della verità l’uomo malvagio scopre di essere un mostro e di non poter far parte della compagnia di coloro che, avendo operato bene, ricevono in premio l’abito della festa e una corona di gloria: Riceverete la corona della gloria che non appassisce (1Pt 5, 4).

La Santa Vergine ci aiuti a far fruttare i talenti che suo Figlio ci ha donato.

Brevi riflessioni  Info

Anno A 50 meditazioni X

Data

Titolo

NOTA: Se vuoi stampare le riflessioni, verranno automaticamente esclusi: l'intestazione, le immagini, i menu e il piè di pagina. X

Meditazioni  Info
  • Ultimo aggiornamento 09-01-2024

    Meditazione sul libro di Giobbe (Capitoli: 1-42)

    La santità di Giobbe - Un principio di giustizia violato - Le due fasi della prova di Giobbe - La protesta di Giobbe - Gli amici di Giobbe - L’inizio di una disputa infuocata - La paura di Dio - Come può essere giusto un uomo davanti a Dio? - Giobbe fa saltare i nervi ai suoi amici ...

  • Il perdono che non può essere concesso (Gv 20, 22-23)

    A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi - che cos'è il peccato? - scoperta di alcuni paradossi - l'abominio del peccato originale - l’appuntamento a cui non possiamo mancare

  • La parabola dei talenti (Mt 25, 13-30 || Lc 19, 11-28) - IIa parte

    Il bisogno di amare - poco e molto, storia in due tempi - le paure del servo malvagio - l’oscuramento della ragione - Dio non ci chiede più di quanto possiamo dare - chi è umile accetta di farsi aiutare - la possibilità della perdizione - tentativo di riflessione sull’inferno - come evitare la perdizione

  • La parabola dei talenti (Mt 25, 13-30 || Lc 19, 11-28) - Ia parte

    Un compito difficile - Ciò che non vorremmo sentire - Il rischio di un malinteso - Cosa si aspetta il padrone dai suoi servi - Il problema del vero bene dell’uomo - Prima il poco, poi il molto

  • La parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro

    Cristo giudica il ricco malvagio - Un caso di impenitenza finale - Esame dei sentimenti del ricco - Il pensiero di Santa Caterina da Siena - La parabola nell’opera di Maria Valtorta - Più di un morto che risuscita...

  • Le riche épulon et le pauvre Lazare

    Le Christ juge le mauvais riche - Un cas d’impénitence finale - Examen des sentiments du riche - La pensée de Sainte Catherine de Sienne - La parabole dans l'œuvre de Maria Valtorta - Plus qu’un mort qui ressuscite...

  • Come mai questo tempo non sapete valutarlo?

    Difficoltà di valutare il senso del tempo - Un compito troppo difficile - L’invito inascoltato - L’inevitabile combattimento.

  • Aprì loro la mente per comprendere le scritture

    Non è così facile comprendere le Scritture - Il centro delle Scritture - Un progetto singolare - Non è una questione di belle parole.

  • Il fico maledetto

    Come gli antichi profeti - L'osservazione di Marco - Senza vie di scampo - L'attacco - Il contrattacco - Sacerdoti, scribi e noi.

  • Gesù esamina Pietro sull'amore

    Le domande di Gesù - Le risposte di Pietro - Pietro abbandonato dal Signore - Nato per fare il capo - Teresina di Lisieux e don Divo Barsotti.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 2

    Il re cerca altri commensali - Un invito accolto con poco entusiasmo - Situazioni impossibili - Due volte indegni - Un pericolo mortale.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 1

    Un racconto paradossale e drammatico - Ci bastano le feste umane - Come si uccidono i messaggeri di Dio - Apparente ingiustizia.

  • Quando Dio resiste alla preghiera ... (Lc 11, 5-13)

    Non ho nulla da offrirgli - Un singolare amico - Non conosciamo noi stessi - Fatti per un altro mondo ...

  • La parabola degli operai nella vigna (Mt 20, 1-16)

    Difficoltà  di comprendere un comportamento ingiusto - Ingiustizia che torna a nostro favore - Chi consola questa parabola.

Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

NOTA: Se vuoi stampare le meditazioni, verranno automaticamente esclusi: l'intestazione, le immagini, i menu e il piè di pagina. X