Meditazioni sul Vangelo

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Un caso di malattia incurabile

Nel suo andare per le strade del mondo, Gesù incontra uno dei tanti casi dolorosi che affliggono gli uomini. Delle persone pietose gli presentano un sordomuto pregando di guarirlo. Nessun medico umano potrebbe guarire chi non può sentire e non può parlare; forse, potrebbe guarire la febbre della suocera di Pietro, ma i ciechi, i paralitici, i lebbrosi, gli indemoniati… solo Gesù li può guarire. Risuscitare i morti poi, è un’impresa possibile solo a chi ha una santità non comune. Gesù ha guarito il sordomuto, e a noi s’impone la domanda: “Che relazione c’è fra il sordomuto e noi?”. La relazione c’è ed è profonda secondo due aspetti: uno è generale e riguarda l’umanità, l’altro ci riguarda personalmente.

È sempre più evidente che l’umanità, da un estremo all’altro della terra, è afflitta da una malattia mortale; solo Gesù potrebbe guarirla, ma bisognerebbe che gli uomini lo accettino come Medico; invece, assistiamo impotenti all’imposizione di rimedi capaci solo di aggravare la malattia, si consumano enormi energie nell’impossibile impresa di guarire il “sordomuto” senza Cristo. Oggi l’umanità non sente e non parla; immersa nel caos, stordita da ondate di parole vane e menzognere, non sente e non comprende la Parola che Dio le rivolge e di conseguenza non può rispondergli, non può avere un rapporto con Lui.

Ma anche singolarmente assomigliamo al sordomuto. La cosa può apparire strana soprattutto per chi è credente, praticante e prega molto. La vita cristiana è piena di paradossi e non dobbiamo averne paura, solo chi passa per la porta stretta e percorre la via angusta giunge alla vita. Evitare i paradossi per paura o per pigrizia è ingenuo e poco nobile, è voler ridurre la complessità del reale alla misura dei nostri corti pensieri; la “Realtà” è un mistero che ci supera, se l’accogliamo così com’è, sarà fonte di vita, altrimenti saranno guai.

Se ci chiediamo perché uno crede, pratica e prega, la risposta è: per raggiungere la vita eterna; la quale consiste in questo: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo (Gv 17, 3). Dunque, si pratica e si prega per conoscere e amare Dio. Accade però che più uno si impegna e si lascia coinvolgere nell’impresa, più è lavorato dai paradossi. Esempio: più si cerca Dio con impegno e meno lo si trova; più crediamo di avvicinarci a lui, più lo sentiamo lontano; secondo S. Tommaso tutto quello che riusciamo a sapere su Dio non è che paglia. Dio dice: Siate santi, perché io sono santo (Lv 11, 44), ma più cerchiamo di santificarci, più ci scopriamo peccatori; più vogliamo praticare la carità fraterna, più scopriamo di non saper amare.

Questi paradossi indicano il giusto procedere nelle vie di Dio; lo vediamo in concreto nella vita dei santi, i quali, pressoché unanimemente, affermano di essere i più peccatori fra i peccatori, e questo proprio perché più di altri sono vicini a Dio. Don Divo Barsotti, mistico e fondatore, con insistenza accorata diceva ai suoi figli: “Noi non abbiamo fede, non abbiamo fede, non abbiamo fede!”, eppure era un uomo di grande fede; e ancora: “Nella vita spirituale quante volte ci sembrerà che Dio neppure esista, ci sentiremo soli, inutili, sentiremo che la nostra vita precipita nel vuoto”, “Tu soffri l'esperienza di un’assenza di Dio”; questa esperienza è una benedizione, non dobbiamo fuggirla.

Ovunque volgiamo lo sguardo incontriamo paradossi. A proposito della teologia padre Molinié afferma: “Fare della teologia per comprendere Dio è follia. Bisogna fare della teologia per giungere a non comprendere più nulla”. In sintonia con questo pensiero potremmo dire: “è molto utile leggere assiduamente la Scrittura, ma per giungere a scoprire di non comprendere la Scrittura”; analogamente: “è bene pregare molto, ma per diventare consapevoli di non saper pregare”. Come un sordomuto non sappiamo parlare a Dio e le nostre orecchie sentono poco e confusamente le sue parole, infatti, quante volte le nostre scelte dipendono dal pensiero del mondo e non dal pensiero di Dio! In altri termini: la nostra somiglianza con il sordomuto la scopriremo se accetteremo di passare per la porta stretta e percorreremo la via angusta. A prima vista il programma non sembra molto attraente; ma il pensiero di Dio è diverso, perché la via angusta che conduce a scoprire le nostre infermità è anche la via sulla quale incontreremo Colui che le può guarire; è la via che conduce verso la molteplice beatitudine di essere poveri, afflitti, affamati, perseguitati, incompresi, soli… e la beatitudine è Gesù che guarisce ogni nostra infermità, infatti, è stato mandato a portare ai poveri il lieto annuncio a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi (Lc 4, 18).

Maria, che ha esultato quando Dio ha guardato l’umiltà della sua serva, faccia scoprire anche a noi il tesoro nascosto che ognuno possiede, e che ha nome povertà!

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Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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