Meditazioni sul Vangelo

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Med. br104

Giovanni Battista (Mt 3, 1-12)

Giovanni Battista

Giovanni Battista predicava nel deserto: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Un profeta è un uomo di Dio che parla a nome di Dio per avvicinare gli uomini a Dio, è al servizio della pedagogia divina che ha per fine di ristabilire i rapporti fra Dio e l’uomo; l’operazione è molto delicata, richiede un procedimento graduale e non è priva di rischi. Dio, come è giusto che sia, vuole regnare sulle sue creature, ma le creature hanno detto: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi (Lc 19, 14). Rifiutando la regalità di Dio gli uomini hanno voluto governarsi da soli ma, invece di ottenere la prosperità che sognavano, si sono cacciati in una serie inverosimile di guai. Vedendo la loro miseria e infelicità Dio ha deciso di venire di persona a riproporre il suo regno, e Giovanni Battista lo annuncia: il regno dei cieli è vicino. È talmente vicino che il suo Re è già presente e sta per manifestarsi. Dove c’è il Re c’è anche il suo regno ma per entrare nel regno bisogna accogliere Gesù e riconoscere la sua regalità, ossia osservare le sue leggi e seguire le sue direttive, in una parola bisogna fare un’alleanza con lui; i suoi alleati potranno poi beneficiare delle straordinarie ricchezze del suo Regno.

Il difficile compito del profeta

Tutta la criticità dell’operazione è nel fatto che Dio vuole proporre il suo regno a delle creature ribelli, orgogliose e testarde: Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice (Es 32, 9). Ne scaturisce una vicenda drammatica dall’esito incerto; l’austerità di Giovanni Battista, il suo vestito, il suo cibo, le sue parole, il deserto dove predica, ma soprattutto la sua morte, manifestano l’esistenza di questo dramma e già prefigurano ciò che accadrà a Gesù. Non servirà a Gesù presentarsi con aspetto più mite, con una vita meno austera, con una sapienza più alta, con ogni sorta di benefici a favore di tutti... alla fine la parola che gli uomini rifiutano è: Convertitevi; e si illuderanno di poter fare a meno della conversione mettendo a morte Colui che la richiede, come condizione necessaria, per entrare nel suo Regno.

Coloro a cui più di altri ripugna la parola conversione si trovano spesso fra i potenti: quanti detengono il potere civile, addirittura il potere religioso, i ricchi, qualunque sia la loro ricchezza; per questo Gesù ammonisce: Guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione (Lc 6, 24), e: È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli (Mt 19, 24). Tutti abbiamo ricchezze e consolazioni da qualche parte; convertirsi significa rinunciare a porre le nostre ricchezze a fondamento e fine della vita, per cercare le vere ricchezze e le vere consolazioni nei beni del regno dei cieli di cui Gesù è il Re.

Convertirsi significa accettare di diventare poveri per acquistare la vera ricchezza, accettare di diventare stolti per acquistare la vera saggezza, accettare di ordinare ogni affetto umano all’amore di Dio: Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo (Lc 14, 26). Tanto è assoluto ed esigente l’amore che Dio propone agli uomini! Ma è così assoluto ed esigente perché in risposta alle torture che il suo amore tanto o poco ci infligge, la gioia e l’amore che Dio ci dona non hanno possibili paragoni. La proposta del regno dei cieli è rischiosa perché è una proposta d’amore, ma essendo l’amore di Dio assoluto richiede una risposta assoluta; Dio è disposto a donare sé stesso, ma da questo segue che anche noi siamo invitati a donargli noi stessi. Tutti abbiamo allora bisogno di convertirci, nella mente e nel cuore, per aderire al progetto di Dio e accettare le sue esigenze: Dio è santo e noi non lo siamo, Dio è puro e noi non lo siamo, Dio è buono e noi non lo siamo…

Il fascino del profeta

Un profeta, un uomo di Dio o un santo, generalmente non passano inosservati, impressionano, attirano le folle, perché il cuore dell’uomo è fatto per Dio e quando qualcuno parla con convinzione e forza delle cose di Dio le folle corrono a sentire - A volte "Anche i non credenti hanno tal bisogno di santità che corrono ad essa appena in qualche modo si manifesti" (René Bazin) -. Per questo: Tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.

La vita presente è piena di insidie e di pericoli, tra questi, il pericolo di correre dietro a dei falsi profeti, a dei ciarlatani, a religiosi di dubbia santità; per evitare di essere ingannati è necessario avere amore per la verità, chi ama la verità è anche disposto a faticare per imparare a distinguere il prodotto di marca dal surrogato, il profeta dal falso profeta, il santo autentico da una sua caricatura. Ci sono almeno due criteri importanti per valutare la bontà di un profeta: l’uomo che ci mette veramente in presenza di Dio, inevitabilmente, ci mette anche in presenza dalla nostra lontananza da Dio, per questo quanti andavano da Giovanni si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati; perché sentivano che la loro vita e i loro comportamenti non erano compatibili con la santità di Dio.

L’altro criterio si desume ancora da un’affermazione di Giovanni Battista: Lui deve crescere; io, invece, diminuire (Gv 3, 30). L’uomo di Dio, il santo autentico, non vuole legare le persone a sé, ma vuole che si stacchino da sé e si leghino sempre più al Signore, o ancora, non vuole crescere in importanza e prestigio nei confronti di chi viene a lui o del gregge a lui affidato, ma vuole che tutto l’affetto, tutta la gloria sia riservata a Colui che solo li merita: Lui deve crescere; io, diminuire. La mancanza di vigilanza e di rigore su questo aspetto è fonte di non poche sofferenze e guai; per questo è necessaria la fatica del discernimento sia nei pastori, sia nei fedeli.

Il profeta divide

La venuta del regno dei cieli nel mondo non può non generare una divisione, perché gli uni accoglieranno l’invito a entrarvi, altri lo rifiuteranno; la nostra grande stoltezza è immaginare che sia possibile rimanere neutrali, o che possiamo cavarcela trascurando o rifiutando l’invito, ma rifiutare un bene così grande e prezioso è condannarsi alla morte eterna. Giovanni ci avverte: Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco... colui che viene dopo di me è più forte di me... tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile; ognuno di noi, alla fine, sarà un albero dai frutti buoni o cattivi, frumento oppure paglia; per gli uni c’è il fuoco che arde ma non consuma (Cfr. Es 3, 2), per gli altri il fuoco inestinguibile.

L’ira del profeta

Da Giovanni vanno anche farisei e sadducei, ossia i ricchi e i potenti, fra i quali c’erano sacerdoti e capi del popolo; allora l’ira di Giovanni, figura dell’ira di Dio (Gv 3, 36), si scatena: Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all'ira imminente? Come mai una simile violenza? Perché il loro atteggiamento era particolarmente grave e rischiava di condurli alla perdizione. Evidentemente Giovanni aveva il dono di leggere nei cuori, perché ammonisce: non crediate di poter dire dentro di voi: "Abbiamo Abramo per padre!". Giovanni vedeva nei farisei e sadducei l’inaccettabile atteggiamento di chi pretende che il regno dei cieli sia loro dovuto in quanto, essendo ricchi e potenti, discendenti da un padre santo come Abramo, non potrebbero non farne parte; allora ribadisce con forza qual è la condizione necessaria per entrare nel regno: Fate dunque un frutto degno della conversione; non basta una santità apparente o presunti diritti ereditari, ci vogliono opere che attestino una volontà reale di conversione, ossia di adesione a Dio e di rinuncia alle pretese orgogliose del proprio io. La pretesa di poter beneficiare di qualche automatismo che garantisca la salvezza è molto diffusa anche ai nostri giorni; serpeggia ovunque un fraintendimento della Misericordia per cui si dice: siccome la misericordia di Dio è infinita, se qualcuno si perdesse sarebbe una sconfitta della misericordia, dunque, nessuno si perde perché la misericordia di Dio non può essere sconfitta. Chi si appoggia a tale argomento, si rifugia in una casa costruita sulla sabbia. S. Alfonso Maria de Liguori ricorda a tutti che: “Dio usa misericordia con chi lo teme, non con chi si serve di essa per non temerlo”.

Come distinguere i veri dai falsi profeti

Dalla reazione di Giovanni Battista nei confronti dei farisei e sadducei possiamo desumere un terzo criterio per riconoscere un vero profeta, si potrebbe chiamare il criterio della doppia persecuzione: il vero profeta sferza e perseguita con la luce e la forza della verità i potenti che non vogliono convertirsi, e i potenti reagiscono perseguitando a loro volta il profeta. Dobbiamo allora molto diffidare di coloro che vogliono piacere ai potenti e dai potenti sono esaltati anziché perseguitati.

Riassumendo i criteri fin qui individuati per distinguere il vero dal falso profeta, possiamo dire che essi evidenziano un duplice effetto: la parola del vero profeta suscita: sia il sentimento di una presenza di Dio che attira, sia quello di una indegnità che da lui ci respinge, di qui il bisogno di farsi battezzare… confessando i propri peccati; il vero profeta non vuole legare a sé chi lo ascolta, ma vuole che questi si leghino sempre più a Dio: Lui deve crescere, io diminuire; infine il vero profeta, perseguitando con la parola coloro che non vogliono convertirsi, in genere i potenti, è a sua volta da questi perseguitato.

La Santa Vergine ci faccia riconoscere e trovare coloro che veramente possono aiutarci ad amare suo Figlio.

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  • Ultimo aggiornamento 09-01-2024

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    Non ho nulla da offrirgli - Un singolare amico - Non conosciamo noi stessi - Fatti per un altro mondo ...

  • La parabola degli operai nella vigna (Mt 20, 1-16)

    Difficoltà  di comprendere un comportamento ingiusto - Ingiustizia che torna a nostro favore - Chi consola questa parabola.

Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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