Meditazioni sul Vangelo

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Facili parole... (Mt 21, 28-32)

vigna

Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: "Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna". Ed egli rispose: "Non ne ho voglia". Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: "Sì, signore". Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».

L’incoerenza fra il dire e il fare

Gesù si rivolge prima di tutto ai capi dei sacerdoti e agli anziani, entrambi hanno autorità, influenza sul popolo e poteri decisionali in ambito religioso e civile. Chi ha posizioni di vertice rischia però molto di predicare bene e razzolare male; i potenti hanno in genere facilità di parola, ma spesso, alle parole non seguono i fatti, e le promesse stentano a essere completamente mantenute. Su questo punto il Signore non si lascia ingannare e lucidamente constata: Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno (Mt 23, 2-3).

Se l’incoerenza fra il dire e il fare è particolarmente grave e dannosa in chi che sta in alto, in quanto diffonde cattivo esempio, è fonte di incertezza, alimenta illusioni, è sintomo di corruzione, causa uno spreco di risorse e sofferenze di varia natura… Chi sta in basso non è esente dal pericolo, né è dispensato dalla vigilanza e dall’impegno per rendere coerente il dire e il fare. Come rimedio e antidoto contro questo male il Signore raccomanda: Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno; e sulle parole inutili e menzognere avverte: Io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio (Mt 5, 37. 12, 36). Siccome queste, insieme ad altre parole del Signore, non sono minimamente prese in considerazione, le incoerenze e i mali che ne derivano, dilagano a tutti i livelli.

La superficialità e il desiderio di essere ammirati

Ci potremmo chiedere perché, a volte, siamo pronti a dire subito di sì, ma poi non riusciamo a mantenere le promesse. Fra i motivi principali ci sono la superficialità e il desiderio di essere ammirati dagli uomini (Mt 23, 5). Molto spesso non conosciamo bene, né le implicazioni di un compito che ci viene proposto, né le nostre reali forze e competenze, allora promettiamo, ma nel momento di concretizzare la promessa non riusciamo a combinare nulla di buono; di qui l’importanza di conoscere sia la realtà che ci circonda, sia noi stessi, e questo è un aspetto di quanto il Signore ci chiede, ossia, di lavorare nella vigna. Conoscere la realtà e conoscere noi stessi è veramente un gran lavoro.

Il desiderio di essere ammirati dagli uomini è il motivo segreto di molte nostre azioni; se non vigiliamo, rischiamo di diventare dipendenti dalla gratificazione che si ottiene nell’apparire capaci, disponibili, influenti, ricchi di relazioni e di soluzioni per ogni necessità; a tal fine siamo pronti a fare grandi promesse pur di ottenere considerazione sociale, fama, prestigio… Apparire capaci non costa molto, esserlo veramente costa molto di più. Anche in questo caso c’è una parola del Signore a cui generalmente non prestiamo attenzione, essa dice: Voi … ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio (Gv 5, 44). La gloria che viene dall’unico Dio è quella che si fonda sui fatti e non sulle parole, cerca il nascondimento e non il mettersi in mostra, sapendo che: Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà (Mt 6, 18).

Cercare la gloria gli uni dagli altri è particolarmente pericoloso per sé e per gli altri, in quanto è come costruire una casa sulla sabbia, prima o poi cadrà; inoltre, ingannevolmente, si contrabbanda un surrogato facendolo passare per virtù: ciò che appare amore del prossimo, spesso è amore di sé; ciò che appare prudenza o discrezione, può essere un opportunismo che si barcamena fra Dio e il mondo, oppure viltà; si dicono le parole e si fanno i gesti dell’umiltà, ma è umiltà vera o si vuole essere considerati umili pur non essendolo veramente?… Per simili finzioni il Signore ha parole durissime: Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume (Mt 23, 27).

Come facciamo allora a distinguere l’originale dal surrogato? Non esiste una formula matematica che consenta di evidenziarne la differenza, sarebbe troppo comodo; l’unico modo è di impegnarsi in prima persona per diventare coerenti, veri, retti, umili, prudenti, caritatevoli… allora, conoscendo un po’, a causa del nostro impegno, quanto costa essere virtuosi, per connaturalità riusciremo a distinguere chi è veramente virtuoso da chi appare virtuoso, istintivamente sentiremo una sintonia con chi pratica la virtù e ripugnanza verso chi non la pratica; sentiremo che chi pratica la virtù ci assomiglia, perché il simile riconosce il suo simile: il buono, il buono; il vero, il vero; l’umile, l’umile; il cattivo, il cattivo. Chi è diventato esperto nel raccogliere funghi, sa distinguere con sicurezza i funghi buoni da quelli velenosi; chi a studiato a lungo musica sa distinguere chi canta bene da chi stona, la musica che vale da quella che non vale.

Cosa significa lavorare nella vigna?

Gesù inizia il suo discorso dicendo: Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: "Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna". È un inizio un po’ strano, in quanto sembrerebbe più giusto dire: “Un padre aveva due figli”, anziché, Un uomo; forse, una possibile ragione è che noi non siamo dei figli naturali del Padre, ma dei figli adottivi, per cui, in un primo tempo, non riconosciamo Dio come Padre, lo riconosceremo come tale solo se risponderemo al suo amore, infatti, alla fine il Signore chiede: Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? Come per dire che è figlio adottivo chi fa la volontà del padre, ma per fare la volontà del padre bisogna riconoscere Dio come Padre.

La volontà del Padre poi, è che i suoi figli lavorino nella vigna. Dobbiamo allora chiederci cosa significa: lavorare nella vigna. Oltre ai significati già individuati, ossia lavorare per la coerenza fra il dire e il fare, cercare di essere e non solo di apparire, impegnarsi a conoscere sé stessi e la realtà, è possibile individuarne uno ancora più profondo, quello che raggiunge il cuore del progetto di Dio; la seguente immagine lo riassume bene: lavorare nella vigna è simile a quello che accade a una fidanzata che si prepara a diventare sposa. Che cosa caratterizza una fidanzata innamorata prima del matrimonio? Il fatto di pensare sempre allo sposo. Così noi, nella vita presente, dovremmo pensare sempre a Colui che sarà il nostro sposo, colui a cui siamo e saremo uniti come il tralcio alla vite. Come una fidanzata si studia di conoscere sempre meglio colui che ama, così noi dovremmo cercare di crescere sempre nella conoscenza e nell’amore di Dio, dovremmo cercare di capire i suoi gusti, il suo carattere, ciò che gli piace e ciò che non gli piace, ciò che lo consola e ciò che lo rattrista, dovremmo essere attenti a esaudire ogni suo desiderio, ossia, a fare la sua volontà. Inoltre, chi ama soffre quando l’amato è assente o ritarda le sue visite, e ogni offesa fatta all’amato ha una ripercussione dolorosa nel cuore dell’amante.

Nella realtà e nella Scrittura ci sono molte allusioni o indicazioni che ci orientano verso un rapporto sponsale con Cristo, il quale paragona sé stesso allo sposo: Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno (Mt 9, 15). Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo (2Cor 11, 2). Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore (Os 2, 21). Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, mia sposa, tu mi hai rapito il cuore… Quanto è soave il tuo amore, sorella mia, mia sposa (Ct 4, 9-10). Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo (Ap 21, 2). Nella realtà poi, abbiamo l’uomo e la donna che naturalmente tendono a formare, nel matrimonio, una sola carne: L'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! (Ef 5, 31-32). Se questo mistero è grande in riferimento a Cristo e alla Chiesa, significa che c’è un’analogia fra l’essere una carne sola nel matrimonio e l’essere una carne sola con Cristo, e questo è anche confermato dal sacramento dell’Eucaristia, che tende a unirci sempre più intimamente a Cristo.

I pubblicani e le prostitute vi passano avanti

Rimane da riflettere sulle sconcertanti parole di Gesù: In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. È vero che queste parole sono sempre rivolte ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo, ma c’è un aspetto per cui tutti siamo capi dei sacerdoti e anziani del popolo, in quanto ognuno di noi ha potere decisionale sia sulla sua vita religiosa, sia sul governo della propria vita quotidiana. Ognuno di noi decide quali atti religiosi compiere o non compiere, quale impegno mettere o non mettere nella ricerca di Dio e della sua volontà; ognuno di noi decide di comportarsi, nelle grandi e nelle piccole cose, secondo una scala di valori che può essere più o meno conforme alla legge di Dio. Cosa significa allora che i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio? O ancora, come possiamo trovare la scorciatoia per passare avanti e giungere prima al regno di Dio? Da notare che Gesù non esclude i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo dal regno di Dio, dice solo che arriveranno molto dopo ai pubblicani e alle prostitute che passeranno loro avanti.

Possiamo cercare le risposte riflettendo ancora sulla parabola degli operai chiamati a lavorare nella vigna, dove il padrone retribuisce quelli dell’ultima ora con lo stesso salario di chi ha lavorato tutto il giorno. Come gli operai dell’ultima ora non meritavano la stessa retribuzione di chi aveva lavorato una giornata intera, ma l’hanno inaspettatamente ottenuta grazie alla generosità e alla bontà del padrone, così, dei pubblici peccatori come le prostitute e i pubblicani, non meritano l’ingresso nel Regno di Dio, vi entrano però per la sua misericordia; Dio ha un cuore più grande del nostro, ed è più generoso di quanto immaginiamo: Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa (1Gv 3, 20). Tuttavia, come osserva il cardinale Giacomo Biffi: “Non si tratta dei ladri e delle prostitute nel tranquillo e soddisfatto esercizio della loro professione”, ma dei pubblicani e delle prostitute che, raggiunti dall’amore di Dio, riconoscono di averlo offeso; riconoscere di aver offeso Colui che da sempre ci ha voluti e cercati, a tal punto da fare follie per noi, ci fa sentire indegni del suo amore, e tanto più indegni quanto più il suo amore si manifesta. Quando Gesù, di giorno, riempie di pesci la barca di Pietro, questi: Si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore» (Lc 5, 8). Il figlio prodigo non si riteneva più degno di essere figlio e sperava di essere accolto fra i servi, eppure il Padre gli prepara una festa con la musica e le danze (Cfr. Lc 15, 19…).

Diventiamo degni quando riconosciamo di non esserlo

Anche noi possiamo beneficiare della scorciatoia offerta ai pubblicani e alle prostitute, a patto di accettare che ci sia una certa analogia fra noi e loro; l’analogia è questa: né loro, né noi siamo degni dei doni che Dio ci prepara, né loro né noi, rispondiamo all’amore di Dio come il suo amore si merita, sia loro che noi rispondiamo all’amore di Dio come chi, in una giornata, lavora un’ora soltanto.

La luce di Dio tende sempre a mostrare, sia il nostro peccato, sia la sua misericordia, perché questa è la realtà; se non resisteremo alla luce quando ci mostra il peccato, vedremo che non siamo molto diversi da un pubblicano e da una prostituta, ma allora beneficeremo anche dei vantaggi offerti ai pubblicani, alle prostitute e agli operai dell’ultima ora, il vantaggio è nella sorpresa e nella gioia di vederci amati molto al di là dei nostri meriti, nonostante i nostri peccati, e molto di più di quanto potremmo immaginare.

I santi comprendono lo strano paradosso per cui: più uno si sente indegno, più diventa degno di beneficiare delle follie che la misericordia di Dio inventa per noi. Con più o meno lucidità, tutti si riconoscono indegni e grandi peccatori, e non lo dicono per finta umiltà. Ogni volta che facciamo la comunione siamo invitati a comprendere un po’ di più questo paradosso, infatti diciamo: “O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma dì soltanto una parola e io sarò salvato”. Il pubblicano che non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore… tornò a casa sua giustificato (Lc 18, 13-14).

La Santa Vergine illumini la nostra mente e riscaldi il nostro cuore, perché possiamo comprendere e amare ciò che suo Figlio fa per noi.

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Meditazioni  Info
  • Ultimo aggiornamento 09-01-2024

    Meditazione sul libro di Giobbe (Capitoli: 1-42)

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  • Il perdono che non può essere concesso (Gv 20, 22-23)

    A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi - che cos'è il peccato? - scoperta di alcuni paradossi - l'abominio del peccato originale - l’appuntamento a cui non possiamo mancare

  • La parabola dei talenti (Mt 25, 13-30 || Lc 19, 11-28) - IIa parte

    Il bisogno di amare - poco e molto, storia in due tempi - le paure del servo malvagio - l’oscuramento della ragione - Dio non ci chiede più di quanto possiamo dare - chi è umile accetta di farsi aiutare - la possibilità della perdizione - tentativo di riflessione sull’inferno - come evitare la perdizione

  • La parabola dei talenti (Mt 25, 13-30 || Lc 19, 11-28) - Ia parte

    Un compito difficile - Ciò che non vorremmo sentire - Il rischio di un malinteso - Cosa si aspetta il padrone dai suoi servi - Il problema del vero bene dell’uomo - Prima il poco, poi il molto

  • La parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro

    Cristo giudica il ricco malvagio - Un caso di impenitenza finale - Esame dei sentimenti del ricco - Il pensiero di Santa Caterina da Siena - La parabola nell’opera di Maria Valtorta - Più di un morto che risuscita...

  • Le riche épulon et le pauvre Lazare

    Le Christ juge le mauvais riche - Un cas d’impénitence finale - Examen des sentiments du riche - La pensée de Sainte Catherine de Sienne - La parabole dans l'œuvre de Maria Valtorta - Plus qu’un mort qui ressuscite...

  • Come mai questo tempo non sapete valutarlo?

    Difficoltà di valutare il senso del tempo - Un compito troppo difficile - L’invito inascoltato - L’inevitabile combattimento.

  • Aprì loro la mente per comprendere le scritture

    Non è così facile comprendere le Scritture - Il centro delle Scritture - Un progetto singolare - Non è una questione di belle parole.

  • Il fico maledetto

    Come gli antichi profeti - L'osservazione di Marco - Senza vie di scampo - L'attacco - Il contrattacco - Sacerdoti, scribi e noi.

  • Gesù esamina Pietro sull'amore

    Le domande di Gesù - Le risposte di Pietro - Pietro abbandonato dal Signore - Nato per fare il capo - Teresina di Lisieux e don Divo Barsotti.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 2

    Il re cerca altri commensali - Un invito accolto con poco entusiasmo - Situazioni impossibili - Due volte indegni - Un pericolo mortale.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 1

    Un racconto paradossale e drammatico - Ci bastano le feste umane - Come si uccidono i messaggeri di Dio - Apparente ingiustizia.

  • Quando Dio resiste alla preghiera ... (Lc 11, 5-13)

    Non ho nulla da offrirgli - Un singolare amico - Non conosciamo noi stessi - Fatti per un altro mondo ...

  • La parabola degli operai nella vigna (Mt 20, 1-16)

    Difficoltà  di comprendere un comportamento ingiusto - Ingiustizia che torna a nostro favore - Chi consola questa parabola.

Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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