Meditazioni sul Vangelo

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Siamo debitori (Mt 18, 21-35)

Siamo debitori

Infatti, ogni giorno nella preghiera diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti (Mt 6, 12), come se il Signore volesse ricordarci che siamo sempre in debito d’amore verso Dio e verso i fratelli. A proposito dell’amore reciproco il padre Molinié lucidamente constata: “Noi non ci amiamo gli uni gli altri, perché abbiamo paura gli uni degli altri, e abbiamo paura gli uni degli altri perché non ci amiamo”. Il Signore poi, sullo stato del nostro amore non potrebbe esprimersi più chiaramente: Se voi… che siete cattivi sapete dare cose buone… (Mt 7, 11). È difficile riuscire a dire così tanto con così poche parole; ossia, che c’è in ogni uomo un misto di cattiveria e di bontà destinato a risolversi nella pienezza della bontà o della cattiveria. Dice inoltre che siamo cattivi: perché non avete in voi l'amore di Dio (Gv 5, 42). A causa della nostra poco brillante situazione facciamo ogni giorno debiti verso Dio, verso il prossimo e verso noi stessi; giustamente allora, il Signore ci invita a pregare il Padre perché rimetta a noi i nostri debiti.

Manchiamo d’amore più di sette volte

Pietro però, si preoccupa di sapere quale sia il limite oltre il quale non sarebbe più giusto continuare a rimettere i debiti, così, con uno sforzo di generosità, e forse con un certo compiacimento, chiede a Gesù: Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte? Tutti conosciamo la risposta: Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Che è un modo per dire che dobbiamo perdonare sempre. Il che vuol anche dire che il Signore sa, che noi manchiamo d’amore verso i fratelli molto più di sette volte; il Signore lo sa, ma noi stentiamo a renderci conto di quante volte e in quanti modi offendiamo Dio e i fratelli. Probabilmente, se ce ne rendessimo conto, cadremmo nella disperazione; infatti, il Santo curato d’Ars ha rischiato la disperazione quando ha chiesto al Signore di fargli conoscere la sua miseria, e noi non siamo migliori di lui. La rivelazione del nostro peccato è un’operazione molto delicata e rischiosa. Un padre del deserto diceva che “Chi ha visto il proprio peccato, è più grande di chi ha visto un Angelo”. Ma quando il Signore ci mostra il nostro peccato, è perché vuole anche mostrarci la grandezza della sua misericordia.

Il rischio di accumulare un debito enorme

Ed è quello che accade nella seguente parabola in cui, a un peccato enorme risponde una misericordia ancora più grande. Potremmo riassumere il racconto in questo modo: un Re vuole fare i conti con i suoi servi; uno di questi, ha accumulato un debito molto grande nei suoi confronti: diecimila talenti! È un debito gigantesco; per dare un’idea, si tratta di più di un miliardo di euro. Il che significa che quel servo non era stato molto saggio nella sua condotta, anzi, piuttosto scriteriato, non gli importava di fare debiti pur di soddisfare i suoi desideri, non accettava una vita modesta, alla portata delle sue risorse, ma, spinto da un'insaziabile bramosia, continuava a fare debiti, forse illudendosi di riuscire a farla franca, e questa sua condotta è durata per anni e anni. Evidentemente non poteva continuare su quella strada, non poteva continuare a spendere più di quanto riuscisse a guadagnare senza che, prima o poi, il Re gli chiedesse conto della sua amministrazione. Questo giorno arriva per tutti.

È il momento in cui il servo scriteriato è costretto a riconoscere l'enormità del suo debito, la stoltezza della sua condotta, la sua responsabilità per la situazione disastrosa in cui si trova lui e la sua famiglia. Quando il Re ordina che sia venduto lui con la moglie, i figli e con quanto possiede per saldare il debito, deve ammettere che non gli fa un torto, ma è giusto in quanto esige. La situazione del servo è disperata e, sul piano della giustizia, non ha scampo. È a questo punto che decide di fare appello alla misericordia del Re: Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”.

Un debito che non riusciremmo a estinguere

Da notare che questa assicurazione è poco realistica, in quanto è verosimile che non gli basterebbe il resto della vita per estinguere un debito così grande partendo da una condizione così sfavorevole, ossia, l’incapacità, ampiamente dimostrata, di vivere senza fare debiti; eppure, il Re si accontenta della sola intenzione di voler saldare il debito, la quale suppone anche il riconoscimento della sua cattiva condotta. In seguito a questo appello accade qualcosa di singolare e di sorprendente, ed è che il Re non concede al servo quanto chiede, ma gli concede immensamente di più. Il servo chiede del tempo per poter restituire il debito, il Re glielo condona interamente: Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lascio` andare e gli condono` il debito. E quell'uomo passa dalla disperazione alla liberazione, dall'oppressione al sollievo, dall'angoscia alla pace.

A questo punto si verifica un nuovo colpo di scena, questa volta decisamente ripugnante. Colui che aveva ottenuto il condono del debito al di là delle più ottimistiche previsioni, si rifiuta di aver pietà di chi, come aveva fatto lui, chiede un po' di pietà e di tempo per restituire quanto deve. La cosa è tanto più grave in quanto il debito del compagno è decisamente inconsistente, mentre lui aveva appena ricevuto il condono di un debito enorme. Come lui, oltre le speranze aveva ottenuto il condono, così avrebbe dovuto aver pietà del compagno e non farlo gettare in prigione finché non avesse restituito quanto doveva.

Stranezza

C'è in tutto questo qualcosa di strano. È strano che chi ha veramente sperimentato la dolcezza della misericordia non sia a sua volta misericordioso. In ogni caso, chi non ha imparato bene la lezione della misericordia viene richiamato alla scuola della giustizia: Il padrone fece chiamare quell'uomo e... sdegnato, lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Termina il Signore dicendo: Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello.

Questa parabola ci rivela il cuore di Dio e ci mostra come Lui sia disposto a condonarci tutto se, consapevoli del nostro debito, con umiltà e sincerità faremo appello alla sua misericordia. L'unica cosa che ci chiede è di essere a nostra volta misericordiosi verso coloro che hanno dei debiti verso di noi. Se lo faremo ci farà sperimentare sempre di più la dolcezza della sua misericordia secondo la promessa della beatitudine: Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia (Mt 5,7). Se non lo faremo, se non perdoneremo cioè di cuore ai nostri fratelli, allora il nostro comportamento sarà odioso come lo è stato il comportamento del servo malvagio, e il Signore dovrà sottoporci ai rigori della sua giustizia finché non impareremo a diventare misericordiosi.

Quando il nostro debito aumenta o diminuisce?

Per approfondire ulteriormente possiamo chiederci: quando il nostro debito nei confronti di Dio aumenta e quando diminuisce? Per rispondere conviene esaminare qual è il capitale che ci ha dato in prestito. Dio ha dato a ognuno di noi prima di tutto l'esistenza, poi una certa intelligenza, del tempo per crescere, un certo numero di risorse provenienti dalla famiglia e dalla società, e delle manifestazioni del suo amore. A seconda di come utilizziamo questi beni, il nostro debito verso di Lui aumenta o diminuisce.

Se noi spendiamo questo patrimonio al fine di incrementarlo, ossia per crescere in conoscenza e amore di Dio, allora utilizziamo saggiamente i suoi doni, non facciamo debiti ed otterremo le sue benedizioni. Se al contrario, per colpa nostra, non arriviamo a riconoscere che tutti i beni che abbiamo li abbiamo ricevuti da Lui, e quindi non lo ringraziamo e non li utilizziamo per crescere nella sua conoscenza e nel suo amore, allora il nostro debito non può che aumentare a dismisura, perché è come se spendessimo il capitale a disposizione senza guadagnare nulla, ma se si continua a spendere senza guadagnare arriverà il giorno che, per poter vivere, per avere di che sfamarsi, bisognerà fare debiti. La fame, come si sa, può giocare dei brutti scherzi, e in ognuno di noi c'è una grande fame di amore, di gioia, di pienezza di vita, se però finiscono le risorse, come faremo a placare questa fame? Se con i beni che Dio ci ha dato non riusciamo più ad essere contenti perché li abbiamo utilizzati male, o perché scopriamo che non bastano, dove troveremo quella gioia a cui il nostro cuore aspira?

Un momento critico

È a questo punto che c'è, o la possibilità di un ravvedimento, oppure la triste possibilità di incrementare ulteriormente il debito. Sono pochi però quelli che comprendono e cambiano vita. Molti invece, per trovare un po' di gioia, per non morire di fame, per acquistare di che sfamarsi, non esitano a fare debiti, sono cioè disposti a trasgredire gravemente le leggi di Dio pur di riempire il vuoto che sentono nel cuore. Li vediamo allora freneticamente impegnati nell’affannosa ricerca di ogni sorta di piacere, di divertimento, di emozioni estreme o di depravazione, pur di trovare qualcosa che per qualche momento plachi la loro fame e sete.

Ma lungo il corso della nostra esistenza, in vari modi, a certe scadenze che Lui solo conosce, Dio ci richiama rendendoci consapevoli del molto che gli dobbiamo, della stoltezza della nostra condotta, e della nostra responsabilità per la situazione infelice nella quale ci troviamo. In questi momenti dobbiamo riconoscere che Dio avrebbe tutte le ragioni per trattarci severamente; inoltre, la considerazione che questa stolta condotta ha avuto ripercussioni anche sulle persone che ci sono vicine, rende la situazione ancora più grave. Il Re ordina infatti che il servo malvagio venga venduto con la moglie, i figli e con quanto possiede, per saldare il debito.

L'aspetto apparentemente ingiusto della decisione del Re, è per dirci che comportarsi bene o male, ha un'influenza non indifferente sulla vita delle persone che ci sono più vicine: se faremo il bene, sarà un bene per noi e per le persone che stanno attorno a noi, se faremo il male, ne porteremo le conseguenze noi e quelli che sono a noi più vicini.

Non ci si prende gioco della misericordia

Dio vuole usare misericordia con tutti, vuole perdonare tutti, ma nessuno deve illudersi di poter approfittare di Lui perché è buono e desidera perdonare, vediamo infatti che il servo malvagio viene severamente punito per la sua malvagità: Lo diede in mano agli aguzzini finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. E come gli aguzzini tormentano con varie molestie coloro che sono consegnati nelle loro mani, così, chi non utilizza i doni ricevuti per crescere nell'amore di Dio e dei fratelli, per diventare misericordioso come Lui è misericordioso, verrà sottoposto alla molestia di varie tribolazioni, fino a che non si ravveda e si decida a camminare sulla retta via. Ed è ancora la misericordia di Dio che tenta in tutti i modi di richiamare coloro che sono lontani da Lui, Perché non gode della morte dell’empio, ma vuole che l’empio desista dalla sua condotta e viva (Ez 33, 11).

La giustizia al servizio della misericordia

Questa parabola mostra dunque due volti della maestà divina: il volto della giustizia e il volto della misericordia, e tutto accade come se la giustizia divina lavorasse per spingere il peccatore nelle braccia della misericordia. Se rimaniamo sul piano della giustizia non riusciremo mai a estinguere il debito che abbiamo nei confronti di Dio, ma la presa di coscienza del nostro debito ha lo scopo di orientarci verso la misericordia con un cuore contrito e umile, il cuore che Dio gradisce e desidera riempire con la dolcezza del suo perdono e delle sue benedizioni.

Per finire un pensiero del cardinale Giacomo biffi: “Ciascuno di noi è, per così dire, un debito vivente nei confronti di Dio; e ogni giorno del nostro tempo, sempre carico di imperfezioni, ogni atto della nostra condotta, che non corrisponde mai del tutto a quello che si dovrebbe fare, non fa che crescere le dimensioni del nostro dissesto. Ma per fortuna, se grande è il debito, più grande è la misericordia del Creatore verso di noi… Coltivare quotidianamente questi pensieri ci aiuterà a essere più intelligenti e più umili nella nostra vita religiosa e ci incoraggerà nell’arte difficile della pietà verso gli altri, i quali sono sempre vicini, legati, accomunati a noi tanto nel servizio di Dio quanto nella nostra perpetua situazione di fallimento nei confronti del nostro grande e generoso Signore”.

Che la Santa Vergine ci aiuti a comprendere il cuore di suo Figlio.

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Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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