Meditazioni sul Vangelo

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Pecore senza pastore (Mt 9, 36 - 10, 8)

Pecore senza pastore

Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, Dio gli si manifesta in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto e gli affida una missione impossibile, quella di liberare il suo popolo oppresso da una dura schiavitù in Egitto. L’iniziativa di Dio nasce da un atto di compassione per le sofferenze che il popolo subisce a causa del Faraone. Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze (Cfr. Es 3, 1-7). Decide allora di intervenire con l’aiuto di Mosè, e Mosé lascerà le pecore di Ietro, per diventare pastore del popolo di Dio.

Folle stanche e sfinite

Con Gesù accade qualcosa di analogo, perché anche lui osserva la miseria del suo popolo. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore; e anche lui decide di intervenire con l’aiuto dei suoi discepoli. Gesù, molto più e molto meglio di noi conosce le nostre sofferenze, la nostra stanchezza e la nostra spossatezza. Noi non ci rendiamo conto con la lucidità che sarebbe auspicabile dello stato in cui ci troviamo, ci rendiamo forse conto che la vita sulla terra non è molto brillante, ma abbiamo la tendenza a pensare che questo sia più o meno normale, e invece normale non è, perché siamo fatti per ben altra vita e ben altra gioia.

Gesù ci invita inoltre a riflettere sul fatto che questa stanchezza e sfinitezza, sono in parte causate dall’essere come pecore che non hanno pastore. Se Gesù, qui e altrove, utilizza l’immagine del pastore e delle pecore, è perché quest’immagine è particolarmente adatta a descrivere la condizione umana. L’uomo, nonostante la sicurezza che ostenta, nonostante le arie che si dà, come chi sa cosa vuol dire stare al mondo, nonostante l’emancipazione e l’indipendenza che vuole avere in ogni campo, è in questo mondo come una pecora senza pastore. Una pecora senza pastore è una pecora che non ha altra guida che sé stessa, non se ne rende conto, ma di qui derivano tutti i suoi guai, perché si muove nella vita avendo come unica luce le proprie tenebre, e sono queste che stancano e sfiniscono.

La disgrazia di non avere un pastore

Almeno due guai affliggono le pecore che non hanno un pastore: non avendo chi le conduce al pascolo, mangiano quello che trovano senza accorgersi che, per lo più, il cibo di cui si nutrono non è di primissima qualità, così, prima o poi, si ritroveranno con gravi problemi di salute; l’altro inconveniente è che sono esposte alle insidie di predatori crudeli; non avendo chi le difende dai lupi diventeranno facilmente loro preda. Il grande guaio della condizione umana, è che l’uomo preferisce essere senza pastore e fare quello che vuole, piuttosto che dipendere da un pastore che gli assicuri cibo e protezione. È per questo che la missione di Gesù e di quelli che sceglie come suoi ministri, ha le caratteristiche di una missione impossibile.

Ora, ciò che rende meno impossibile la missione, è proprio la stanchezza e la sfinitezza, perché è quando non ce la facciamo più che siamo maggiormente disposti ad accettare l’aiuto e la guida di chi si presenta con l’intenzione di farci uscire dalla situazione critica in cui ci ritroviamo. Gesù, nel suo insegnamento racconta diverse parabole utilizzando varie immagini, ma molte parabole sono una variazione sullo stesso tema: l’uomo si trova in guai seri, e si salva solo perché non respinge l’aiuto di qualcuno che viene in suo soccorso. Possiamo pensare all’uomo percosso dai briganti che giace mezzo vivo e mezzo morto sulla strada che scende da Gerusalemme a Gerico; quell’uomo morirebbe se non passasse il Buon Samaritano. Oppure ai ciechi, storpi e zoppi, che accolgono l’invito dei messaggeri del Re a partecipare al banchetto di nozze di suo Figlio; mentre coloro che stavano bene rifiutano l’invito. O ancora, il figlio prodigo, che solo quando tocca il fondo del suo fallimento e della sua infelicità, dà ascolto ai pensieri che gli suggeriscono di ritornare nella casa del Padre, dove almeno non morirà di fame. O della pecorella smarrita che, se non fosse raggiunta dal Buon Pastore, morirebbe certamente. Possiamo inoltre considerare che il Signore manda i suoi discepoli, non a delle persone sane, ma a persone che hanno mille problemi, infatti: Diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. Le malattie e le infermità più preoccupanti, non sono quelle che si vedono, ci fanno gemere e lacrimare, ma le malattie e le infermità dell’anima che non sappiamo di avere; così per gli spiriti impuri: siamo sotto la loro influenza e ci vantiamo di essere moderni ed emancipati.

I compiti del Buon Pastore

È bene allora considerare quale sia il compito principale del pastore nei confronti delle pecore; esso consiste nel condurle al pascolo dove l’erba è più buona e l’acqua più pura. Il pastore conduce le pecore, ossia le guida verso un fine, mentre senza pastore le pecore vagano senza una meta; ma non può condurre verso il fine se non Colui che sa qual è il vero fine della nostra esistenza, perché ce l’ha data proprio in vista di quel fine. E il fine è la vita eterna, è la beatitudine che ci viene dalla visione di Dio e dall’amore che ne scaturisce; non solo, il fine è anche la beatitudine che proviene dalla reciproca conoscenza e dal reciproco amore fra tutti i beati: Angeli e Santi. Allora il Pastore ci nutre con ogni cibo adatto a far crescere in noi la conoscenza e l’amore di Dio; ci conduce inoltre sulla via dei precetti che devono regolare la vita comune nel suo Regno.

L’altro compito del pastore è difendere le pecore dall’assalto delle bestie feroci. Anche per questo aspetto manchiamo molto di consapevolezza e di lucidità, viviamo tranquilli e giulivi in un territorio infestato dai lupi. Lo scopo dei lupi e del loro capo branco è quello di impedirci di raggiungere il fine della vita beata in Dio; il Demonio e i suoi ministri le studiano tutte per raggiungere il loro scopo e farci perdere di vista il nostro. Fra le strategie più insidiose c’è quella di proporci una vita beata senza Dio. E ci riescono: favorendo il nostro benessere materiale e i nostri svaghi, offrendoci ogni genere di emozione e di distrazione, illudendoci di poter raggiungere traguardi stupefacenti con il progresso scientifico e tecnico, dichiarando superata e repressiva ogni legge morale, tirannica ogni autorità; spingendo oltre ogni limite un delirio di onnipotenza che non rispetta più gli stessi dati biologici della natura umana; ogni follia è rivendicata come un “diritto”, e guai a chi si oppone. Non ci accorgiamo che, l’illusione di una libertà senza limiti, conduce a una schiavitù senza rimedio. È il dramma di Pinocchio e di Lucignolo, i quali, condotti nel paese dei balocchi da un’ometto dalla voce suadente, che non dorme mai, e gira per le contrade a raccogliere chi è disposto a credergli, dopo una breve ubriacatura di libertà e di godimenti sfrenati, si ritrovano trasformati in bestie, condannati a morire come delle bestie.

Le azioni dei cattivi pastori

Che lo vogliamo o no, che ne siamo consapevoli o meno, l’uomo non può fare a meno di qualcuno che lo guidi lungo il cammino della vita, e i conduttori sono solo due: il Buon Pastore con i suoi ministri e il Cattivo Pastore con i suoi; ma se non decidiamo seriamente di seguire il Buon Pastore, inevitabilmente seguiremo i conduttori televisivi, gli opinionisti, i giornalisti, i tuttologi, gli sportivi, gli scrittori o i cantautori; questi sono a loro volta sotto l’influenza delle menti pensanti di centri di potere più o meno occulti, che a livello globale si arrogano il diritto di pianificare, sia la nostra vita presente, sia quella futura; stabiliscono gli obbiettivi da raggiungere e le loro priorità, inoltre, con raffinate tecniche psicologiche, condizionano i popoli, guidandoli con le loro direttive nel labirinto di emergenze da loro stessi create, o inventate per spaventarci e dominarci; sempre con la dichiarata intenzione di agire per il nostro bene, ma con quella segreta di sostituirsi all’unico Salvatore dell’uomo. Purtroppo, siamo diventati così tiepidi e indifferenti ai richiami del Signore - e di questo siamo in parte colpevoli -, che il Nemico riesce a infiltrarsi con cattivi pastori fra gli stessi ministri del Buon Pastore, così le pecore sono insidiate, sia dall’esterno, sia dall’interno dell’ovile. Tanto è grave il tempo che stiamo attraversando.

Non dobbiamo pensare che questo sia un quadro troppo tenebroso e inquietante, perché Giovanni, nell’Apocalisse, ne dipinge di ancora più tenebrosi. Scrivendo ciò che il Signore gli rivela, descrive con immagini forti ciò che in parte stiamo vivendo; ci parla infatti di una Bestia che costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare un’altra Bestia, ancora più potente; a tal fine opera grandi prodigi per sedurre gli abitanti della terra, inoltre, questa Bestia: Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome (Cfr. Ap 13, 12-17). Da notare che Giovanni descrive una situazione globale, che riguarda la terra e i suoi abitanti; mai come nel nostro tempo le tribolazioni che ci affliggono stanno avendo un carattere globale.

Dallo strapotere di queste Bestie, il Signore ci difende con la luce dei suoi insegnamenti e la forza dei suoi sacramenti, i quali, se bene assimilati, ci permettono di vedere e di respingere le insidie, gli errori e i sofismi, con i quali le bestie infernali cercano di sedurci e traviarci. Inoltre, l’unione con il Signore già mette in fuga e in soggezione i nemici; i santi ci ricordano e insegnano che un’anima in grazia di Dio non ha nulla da temere dal demonio, le uniche cose che deve temere sono la superbia, la presunzione, l’orgoglio, la tiepidezza, e ogni altro peccato che può separarci dal Signore; solo separati da lui diventiamo preda del Maligno. Ma soprattutto, quando il pericolo è particolarmente grande, il Buon Pastore è disposto a morire lui per salvare la vita a noi.

Riflessioni di don Divo Barsotti

Don Divo Barsotti, commentando i versetti del vangelo di Matteo su cui stiamo riflettendo, fa delle osservazioni molto interessanti e consolanti, anche se la consolazione ha come prezzo il rendersi conto della drammaticità della situazione. Attira l’attenzione sul contrasto e l’apparente contraddizione delle due immagini utilizzate dal Signore: da un lato le pecore senza pastore, stanche e sfinite; subito dopo, l’immagine della messe abbondante, tanto abbondante che non bastano gli operai per la mietitura; e si chiede come fanno le pecore stanche, sfinite e senza pastore, a essere contemporaneamente messe matura, pronta per la mietitura, ma lasciamo a lui la parola. “Due cose sembrano cozzare tra loro. Da una parte, questa miseria universale della moltitudine, dall’altra la messe matura… Cosa raccoglie il mietitore se vi è soltanto miseria? Ma il cozzo di idee vi è soltanto in noi che non riusciamo a capire. Il Vangelo ci insegna questo: l’anima è matura soltanto quando ha sperimentato tutta la propria miseria… La maturazione dell’uomo è l’esperienza del proprio nulla, della propria miseria, è l’esperienza anche del proprio peccato. Fintanto che conserva in sé l’orgoglio, l’uomo non è preparato ad accogliere Dio, non è disponibile alla grazia… il Vangelo ci dice una grande cosa, una grande verità: che non soltanto non dobbiamo disperare, ma che quando umanamente abbiamo più ragione di disperare, allora anzi abbiamo ragione di sperare. Quando cessano tutti i motivi di speranza umana, allora ci sono tutti i motivi di una speranza divina, immensa, veramente divina di resurrezione e di vita”. E Gesù conferma: Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina (Lc 21, 28).

Pregare il Signore della messe

Coloro che si rendono conto della situazione complicata in cui si trovano sia il mondo, sia la Chiesa, veramente hanno l’impressione di essere pochi rispetto a una moltitudine di uomini stanchi, sfiniti, confusi, come sono appunto le pecore che non hanno pastore. Allora il Signore ci comanda, prima di tutto, di Pregare il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe! Se il Signore facesse di nuovo sorgere dei santi come Paolo, Agostino, Benedetto, Francesco, Domenico, il curato d’Ars o Padre Pio… almeno ci sarebbero delle luci di cui sarebbe difficile non accorgersi, e la speranza nella sconfitta delle tenebre sarebbe molto fortificata. Nel frattempo la preghiera dei pochi operai è fatta più che altro dai gemiti inesprimibili di cui parla San Paolo: Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio (Rm 8, 26-27).

La Santa Vergine interceda per noi e per il mondo intero, perché venga presto il Regno di suo Figlio.

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  • Ultimo aggiornamento 09-01-2024

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    Le Christ juge le mauvais riche - Un cas d’impénitence finale - Examen des sentiments du riche - La pensée de Sainte Catherine de Sienne - La parabole dans l'œuvre de Maria Valtorta - Plus qu’un mort qui ressuscite...

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    Difficoltà di valutare il senso del tempo - Un compito troppo difficile - L’invito inascoltato - L’inevitabile combattimento.

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    Non è così facile comprendere le Scritture - Il centro delle Scritture - Un progetto singolare - Non è una questione di belle parole.

  • Il fico maledetto

    Come gli antichi profeti - L'osservazione di Marco - Senza vie di scampo - L'attacco - Il contrattacco - Sacerdoti, scribi e noi.

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    Le domande di Gesù - Le risposte di Pietro - Pietro abbandonato dal Signore - Nato per fare il capo - Teresina di Lisieux e don Divo Barsotti.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 2

    Il re cerca altri commensali - Un invito accolto con poco entusiasmo - Situazioni impossibili - Due volte indegni - Un pericolo mortale.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 1

    Un racconto paradossale e drammatico - Ci bastano le feste umane - Come si uccidono i messaggeri di Dio - Apparente ingiustizia.

  • Quando Dio resiste alla preghiera ... (Lc 11, 5-13)

    Non ho nulla da offrirgli - Un singolare amico - Non conosciamo noi stessi - Fatti per un altro mondo ...

  • La parabola degli operai nella vigna (Mt 20, 1-16)

    Difficoltà  di comprendere un comportamento ingiusto - Ingiustizia che torna a nostro favore - Chi consola questa parabola.

Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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