Meditazioni sul Vangelo

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La risurrezione di lazzaro (Gv 11, 1-45)

 Risurrezione di Lazzaro

L’episodio della risurrezione di Lazzaro avviene nel terzo anno della vita pubblica di Gesù; la sua fama era ormai diffusa in tutta la Palestina, la sua predicazione e le sue opere, come vento impetuoso, avevano agitato gli animi di quanti lo avevano incontrato o ne avevano sentito parlare. Gesù operava inevitabilmente una divisione, nessuno poteva rimanere indifferente o neutrale, da allora in poi o lo si odia, o lo si ama. Chi lo ama consola il suo cuore, chi lo odia lo fa sudare sangue e morire in croce. Sudare sangue e morire in croce è anche l’estremo tentativo di salvare dalla dannazione quelli che lo odiano. Nel mistero della redenzione vi è poi un aspetto che riguarda i suoi amici più intimi, ai quali chiede di aiutarlo a salvare gli uomini partecipando, almeno un po’, all’amore e al dolore della sua Passione. È quanto ha chiesto a Lazzaro, Marta e Maria.

L’odio verso Gesù

L’odio verso Gesù cresceva soprattutto in Giudea, a Gerusalemme e nel tempio. Gli anziani, gli scribi, i capi dei sacerdoti, e in generale i potenti, lo tolleravano sempre meno; troppe cose di lui davano fastidio. La sua santità, la sua sapienza, la sua bontà, il potere nell’operare miracoli, il fascino che esercitava sulle folle… oscuravano sempre più l’apparente santità di coloro che detenevano il potere religioso e politico. La loro ipocrisia, la loro fredda sapienza, la loro durezza di cuore… erano apertamente denunciati nella predicazione di Gesù, nessuno poteva nascondersi o mentire davanti a lui; la sua santità era un rimprovero continuo della loro corruzione e questo non lo potevano tollerare. Inoltre, vedevano passare il consenso del popolo da loro a Gesù, ma essere al centro e al sommo della considerazione sociale era per i sacerdoti, gli scribi e i farisei, una questione vitale, perderla significava morire, allora, per non morire, per non essere continuamente rimproverati, decidono di far morire Gesù. A tanto può giungere l’idolatria del proprio io, che non tollera altro dio all’infuori di sé.

Ma non potevano far morire Gesù senza trovare almeno qualche motivo che giustificasse il loro crimine, per questo gli tendono insidie, cercano di coglierlo in errore nella dottrina o nei comportamenti, lo criticano perché frequenta i peccatori. Quando un giorno a Gerusalemme afferma: Io e il Padre siamo una cosa sola i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo… perché tu, che sei uomo, ti fai Dio. Credevano di aver trovato un valido motivo per metterlo a morte, tuttavia Gesù, infinitamente paziente e buono, replicò: Se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre; ma loro, testardi, cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani; si allontanò da Gerusalemme e andò a cercare rifugio da qualche parte al di là del Giordano (Cfr. Gv 10, 30-40). Tuttavia, nella sua immensa bontà aveva in mente di preparare un’opera che mostrasse ai Giudei, ai suoi discepoli e al mondo intero, la sua divinità.

La prova dei suoi amici più intimi

Ma per realizzare quest’opera dovrà sottoporre i suoi amici intimi di Betania: Lazzaro, Marta e Maria a una prova tremenda; chiederà loro di credere in lui anche se il suo comportamento nei loro confronti non sembrerà più quello di un amico, ma di un nemico. Questa è una prova misteriosa e dolorosa a cui sono particolarmente sottoposti i cristiani. Mentre Gesù va a cercare rifugio al di là del Giordano, il suo amico Lazzaro è già molto malato, ma lui, che ha guarito ciechi, lebbrosi, paralitici, indemoniati, lascia che la malattia di Lazzaro faccia il suo corso e lo conduca inesorabilmente alla morte. Lazzaro e le sorelle sono allora lacerati e crocifissi dalla tensione insostenibile di due opposte evidenze: da un lato l’esperienza consolidata, beatificante e pacificante dell’amicizia con Gesù, che negli anni e attraverso varie vicende era cresciuta e si era perfezionata; dall’altro, l’evidenza della malattia e della morte di Lazzaro che sembrava smentire sia il potere di Gesù, sia la sua amicizia. Le sorelle, per l’amicizia che c’era fra loro e Gesù, speravano che impedisse la morte del fratello, invece, non l’ha impedita. I cuori di Lazzaro, Marta e Maria sono così variamente combattuti fra la fiducia e la disperazione, e il loro dolore è tanto più lacerante, quanto più forte e bella è la loro amicizia con Gesù; se un amico non sembra più comportarsi da amico, il dolore degli amici è immenso.

Lazzaro è ormai morente e Gesù si trova lontano da Betania. Allora, Le sorelle mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». Da notare la delicatezza nelle parole: colui che tu ami è malato, espressione che rivela la profondità dell’amicizia fra le sorelle e Gesù; non gli dicono infatti: “Ti preghiamo di venire a guarire nostro fratello, o, se non puoi venire, comanda la guarigione e sarà guarito”. A un amico, perché lo si ama e lo si stima, non è bello e non c’è bisogno di dire cosa deve fare, una volta informato sarà l’amore a dettare il suo comportamento. La reazione di Gesù, che amava Marta e sua sorella e Lazzaro, è sorprendente, dice infatti: Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato, tuttavia, si trattiene intenzionalmente in quel luogo ancora due giorni. Lazzaro muore e le sue affermazioni sono clamorosamente smentite dai fatti. È bene considerare la doppia angoscia che a questo punto invade il cuore delle sorelle: soffrono per la morte del fratello, ma soffrono molto di più per l’incomprensibile comportamento di Gesù. Quando si chiede qualcosa a un amico, e a un amico come Gesù, e lui, pur avendone la possibilità, non esaudisce la preghiera, che cosa bisogna pensare? Non si sa più cosa pensare, si soffre e si geme, tutto sembra finito e perduto.

Gesù ha voluto la morte di Lazzaro

Dobbiamo inoltre considerare che Gesù, con il suo comportamento, ha voluto la morte di Lazzaro; ma ogni azione di Gesù è in vista di un bene, quindi Dio può, non solo permettere, ma positivamente volere un male fisico per trarne un maggior bene, vale a dire: Per la gloria di Dio, affinché… il Figlio di Dio venga glorificato, e anche: Io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate. Dio invece, non può mai positivamente volere un male morale, ossia il peccato, neanche in vista di un bene; il male morale lo permette, in quanto è così potente da riuscire a trarre il bene anche dal peccato. Marta, Maria e Lazzaro queste cose le impareranno molto bene, ma per il momento soffrono atrocemente.

Dopo due giorni Gesù decide di andare a Betania a svegliare Lazzaro; per i discepoli, che non comprendono ancora il suo modo velato di parlare, e lo fraintendono, precisa: Lazzaro è morto… ma andiamo da lui! Questa decisione mette in subbuglio i suoi amici, infatti, si erano allontanati da Gerusalemme perché Gesù rischiava la lapidazione e ora vuole tornare proprio nei luoghi del pericolo. L’apostolo Tommaso fa coraggio a tutti: Andiamo anche noi a morire con lui! Possiamo considerare a proposito di questo comportamento uno dei motivi del fascino di Gesù: lui è un uomo libero; non si lascia condizionare né dalla paura, né dalle trame dei potenti, né da un pericolo di morte, né dall’affetto degli amici, solo la verità e la carità sono la sua guida.

Gesù piange

Quando Gesù arriva a Betania Lazzaro è già da quattro giorni nel sepolcro, Marta, angosciata, si precipita da lui e gli dice: Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà. Il dialogo con Marta è l’occasione per una solenne e stupefacente affermazione: Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Solo un pazzo o un Dio possono pronunciare simili parole, ma dal momento che sono risuonate sulla terra, ogni uomo è chiamato a decidere se considerare Gesù, Dio o pazzo. Nessun uomo, per quanto santo, può affermare: Io sono la risurrezione e la vita. Proprio a Betania, e non solo, Gesù mostrerà che le sue, non sono solo parole.

Anche Maria, chiamata da Marta, va da Gesù a sfogare il suo dolore: appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». A questo punto Gesù si lascia coinvolgere dal dolore che attanaglia i suoi amici: Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Gesù piange con quelli che sono nel pianto; questo è un primo motivo di consolazione per Marta, Maria e tutti coloro che piangono, perché, nonostante le apparenze contrarie, è un chiaro segno della sua vicinanza e del suo amore. Ma ecco che subito alcuni malevoli obbiettano: se li amava così tanto, non poteva anche far sì che costui non morisse? Certo che poteva, ma la morte e risurrezione di Lazzaro doveva essere una figura e un’anticipazione della morte e risurrezione di Gesù; se Lazzaro e Gesù non morivano, agli uomini mancherebbe lo spettacolo della mostruosità dei loro peccati, la visone di questa mostruosità ci è imposta fino alla fine dei secoli da Gesù in croce, ed è il tentativo che l’amore di Dio mette in atto per cercare di spezzare la durezza del nostro cuore di pietra, se non ci lasciamo spezzare il cuore dal dolore di Gesù e da quello dei suoi amici crocifissi, rischiamo di vanificare l’estremo rimedio che Dio ha inventato per la nostra salvezza.

Morte e risurrezione

Lazzaro muore perché Gesù aveva bisogno della sua morte per poi farlo risorgere e manifestare così la sua divinità; questo segno, così doloroso per lui e per i suoi amici, era necessario per cercare di convertire l’ostinazione dei Giudei che non volevano credere alla sua divinità, e per questo rischiavano di perdersi. Forse, uno dei motivi del pianto di Gesù e del suo turbamento, è nel prevedere che tanta angoscia, tanto dolore, suoi e dei suoi amici, non sarebbero bastati a sciogliere la durezza di certi cuori. Non dobbiamo pensare che questa vicenda riguardi solo l’ostinazione dei Giudei, riguarda anche noi, anche per noi oggi, Gesù parla, soffre e muore in croce, ma noi siamo sempre più distratti, indifferenti e ostili nei confronti del suo amore e del suo dolore e, di conseguenza, siamo anche indifferenti, alla gloria della sua risurrezione. Ognuno raccoglierà i frutti di quanto ha seminato.

Intanto Gesù va al sepolcro seguito da Marta, Maria e da quanti erano venuti da Gerusalemme a Betania a piangere la morte di Lazzaro. Dopo i dubbi, le tribolazioni, le angosce e la morte, viene il momento della risurrezione e della gloria. Gesù, che sempre ci sorprende, ordina di aprire il sepolcro. Marta fa notare che: Manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni. Anche i quattro giorni e il cattivo odore erano necessari per vincere l’ostinazione dei Giudei, i quali, specialisti nell’arrampicarsi sui vetri, senza il cattivo odore avrebbero detto che si trattava di un caso di morte apparente.

La vicenda volge al termine, rimane da compiere la parte facile e gloriosa. Gesù si rivolge al Padre dicendo: Ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Lazzaro esce dal sepolcro, come se fosse posto su un nastro trasportatore, ma è ancora tutto legato con le bende; allora Gesù ordina: Liberàtelo e lasciàtelo andare.

Le parole di Gesù: Perché credano che tu mi hai mandato, confermano il fine per cui ha imbastito tutta questa vicenda dolorosa e gloriosa, ossia: per vincere l’incredulità degli uomini che sempre fanno fatica a credere e a fidarsi di Dio. Infatti, dopo un miracolo così strepitoso: Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. Ma per quanto Gesù faccia il possibile e l’impossibile per convertire e salvare, ci sono sempre dei cuori che non vogliono arrendersi; più lui manifesta la sua bontà e la sua divinità, più gli diventano ostili, perché riconoscere la divinità di Gesù significa scendere dal piedistallo e sottomettersi a Lui, significa accettare di non essere primi, ma secondi. Accadde così che alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto; risultato: Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui… e da quel giorno decisero di ucciderlo (Cfr. Gv 11, 46-53). Davvero: Un baratro è l'uomo e il suo cuore un abisso (Sal 63, 7)…

Che la Santa Vergine ci aiuti a credere anche nei momenti in cui non comprendiamo più l’agire di suo Figlio.

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Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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