Meditazioni sul Vangelo

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Med. br113

Sale e luce (Mt 5, 13-16)

 Sale e luce

Il discorso di Gesù sul monte prosegue mostrando ciò che sono chiamati a diventare i suoi discepoli, vale a dire: il sale della terra e la luce del mondo; è un compito impegnativo, possibile solo se si è uniti a Cristo che ha detto di sé: Io sono la luce del mondo (Gv 8, 12); Cristo è anche il sale della terra perché è la causa, il modello e il fine di ogni cosa: Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui (Col 1, 16-17). Se i cristiani uniti al loro Signore sono il sale della terra e la luce del mondo, significa che senza di loro la vita sulla terra sarebbe senza sapore e il mondo senza luce; ma una vivanda senza sapore è immangiabile, così il mondo senza i cristiani non avrebbe senso; quindi, se oggi c’è il sole e ci sarà anche domani è perché ci sono dei cristiani sulla terra, se non ci fossero non sorgerebbe neanche il sole perché la vita sarebbe un non senso. Analogamente, senza i cristiani che uniti al loro Signore sono la luce del mondo, il mondo sarebbe completamente nelle tenebre, nessuno vedrebbe alcunché, la vita sarebbe impossibile e regnerebbe il caos; ancora una volta la vita sulla terra non avrebbe senso. Aristide, padre della Chiesa greco del secondo secolo, conferma quanto detto: “È per la preghiera dei cristiani che il mondo sussiste”, e giunge perfino a dire: “Per loro è stato fatto l'universo intero e la creazione” (Apologia).

Davvero grande è il compito e la dignità di un cristiano, per questo il Signore vivamente raccomanda di vigilare affinché le proprietà del sale e della luce non vengano meno: se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente; riguardo alla luce ammonisce: Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra (Lc 11, 35). Se la luce diventa tenebra, non potrà essere messa sul candelabro, e così far luce a tutti quelli che sono nella casa.

Il sale

Se consideriamo le proprietà del sale possiamo trarne alcuni insegnamenti; ad esempio, sappiamo che il sale dà sapore al cibo, preserva gli alimenti dalla corruzione, è nascosto nelle vivande e ne basta poco per dare sapore. Analogamente i cristiani, nascosti nella porzione di umanità in cui la Provvidenza li ha posti, saranno sempre pochi, non devono quindi illudersi e sperare nei grandi numeri. Ma cosa può significare in concreto essere sale della tera? Una risposta plausibile è che il cristiano dà sapore all’esistenza indicandone il senso, un’esistenza senza senso sarebbe come un cibo senza sapore; il cristiano indica quindi a tutti, con la sua vita soprattutto e con le parole quando è il caso, che la vita dell’uomo ha senso solo in Cristo.

Dio ha inviato suo Figlio per salvare l’uomo e gli propone la sua amicizia invitandolo a entrare nel suo Regno, senza questa prospettiva, la vita non ha senso e non ha sapore. Infine, il cristiano preserva l’umanità dalla corruzione perché, in un mondo che vuole fare a meno di Dio e ha come massima aspirazione godere e divertirsi il più possibile, ricorda a tutti che il cuore dell’uomo è fatto per qualcosa di più grande, qualcosa che non si trova in questo mondo, ma solo nel mondo di Dio, il quale prepara per noi un Regno in cui ogni ferita sarà sanata, ogni oscurità dissipata, ogni cuore consolato e ogni legittima aspirazione soddisfatta.

La luce

Diversamente dal sale che è nascosto, la luce del mondo indica l’aspetto visibile delle azioni del cristiano: Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli. Le opere buone illuminano in quanto indicano la via da seguire, interpellano chi le vede invitando a imitarne la bontà; ogni opera buona ha però la sua origine dal Sommo Bene, è perciò un richiamo per ringraziare e per rendere gloria a Colui da cui proviene. Quindi, ogni atto di carità, ogni aiuto al prossimo in difficoltà, ogni atto di generosità, di sopportazione, di perdono, di delicatezza, di moderazione, di prudenza, di rettitudine, ogni atto di amore per Dio… sono luce in un mondo in cui prevalgono le tenebre dell’egoismo, della corruzione e della negazione di Dio.

L’essere luce è poi un’immagine particolarmente appropriata per chi nella Chiesa ha il compito di predicare e insegnare, perché queste attività tendono per loro natura a illuminare le menti; molto dovrebbero vigilare i pastori affinché il sale non diventi insipido e la luce tenebra; l’insegnamento, infatti, può produrre un gran bene oppure un gran danno. Il danno dipende dal fatto che l’uomo regola il suo agire in base alle conoscenze che ha, ossia secondo quello che comprende della vita, ma se le conoscenze sono inquinate da errori, le sue azioni saranno errate, confuse e pericolose, come lo sono le conoscenze da cui le azioni dipendono. Inoltre, conoscenze inquinate da errori indeboliscono l’anima, la quale non avrà la forza necessaria per ordinare le passioni e resistere alle tentazioni; mentre, conoscenze prive di errori rendono l’anima molto forte e difficilmente le passioni e le insidie del demonio riusciranno a farla cadere.

Rapporto fra il sale e la luce

Potremmo anche considerare nelle immagini del sale e della luce lo stretto rapporto che esiste fra la vita interiore nascosta e le opere esteriori. Infatti, se c’è una vita interiore di preghiera, di riflessione, di ricerca di Dio e di ubbidienza alla sua volontà, allora, anche le opere esteriori saranno luminose e feconde, capaci di edificare e stimolare il prossimo a percorrere la via della rettitudine e della santità. Ma se il sale della vita interiore diventa insipido, anche le azioni esteriori, invece di essere luminose, saranno tenebrose, se poi il sale diventa insipido in coloro che, come pastori hanno il compito di occuparsi dell’ovile di Cristo, allora le pecore saranno molto in pericolo.

Quando il sale diventa insipido?

Osservando attentamente lo stato attuale della Chiesa, dobbiamo purtroppo constatare che in molti, sia nel gregge, sia fra i pastori, il sale è diventato insipido e la luce tenebra. Il sale e la luce degradano quando nella vita interiore si allenta il rapporto vitale con Cristo, ossia quando si indebolisce la preghiera, la frequenza ai sacramenti, l’obbedienza alla verità; quando non si ama a sufficienza la verità e si tollera la mescolanza della verità con l’errore, allora siamo un po’ come quelli che vogliono servire due padroni: Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro (Lc 16, 13); o si ama la verità o si ama la menzogna, per questo San Paolo mette in guardia quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l'amore della verità per essere salvi. Senza amore per la verità il sale diventa insipido e la luce tenebra perché si lascia campo libero al padre della menzogna che sempre agisce con ogni sorta di empio inganno (Cfr. 2Ts 10; Gv 8, 44).

Conviene inoltre considerare che, come in una famiglia la buona educazione dei figli dipende dall’insegnamento e dall’esempio dei genitori, così nella Chiesa lo stato del popolo di Dio dipende in massima parte dalla santità o dalla mediocrità dei pastori, da quanto in essi il sale perde o non perde il sapore. C’è almeno un criterio che può aiutare a riconoscere se l’insegnamento di un pastore è sale insipido, e quindi contribuisce a far confusione più che a diffondere la luce: è quando il pastore predica solo una parte di verità, quella che piace e suscita consenso; ma così facendo è come se disubbidisse alla Verità e i frutti non potranno essere buoni. In questo caso dobbiamo fare molta attenzione ad assorbirne l’insegnamento, perché con molta probabilità è pericoloso. Alcuni motivi per cui solo in parte si predica la verità sono: poca conoscenza, mancanza di coraggio, desiderio di piacere agli uomini, paura di provocare l’ira e la persecuzione dei potenti, intenzioni malvagie, complicità nascosta con poteri satanici…

Esempi

Sia dai pulpiti delle parrocchie più sperdute, sia da quelli di prestigiose cattedrali, troppe verità sono dette in modo parziale con grave danno dei fedeli. Tutti sentiamo spesso esaltare l’infinita misericordia di Dio, ma non si esalta quasi mai la sua giustizia, si diffonde così una verità parziale che accontenta tutti, non scontenta nessuno e attira gli applausi; tacendo però quanto potrebbe dispiacere, invece di edificare i fedeli li si mette in grave pericolo lasciando credere che la salvezza sia assicurata a tutti. Uno dei compiti della giustizia divina è preservare l’amore di Dio dal disprezzo degli uomini, per cui non può essere ammesso nel Regno dell’amore chi ostinatamente lo disprezza; e qui incontriamo un’altra verità parziale ampiamente diffusa, quella secondo cui il male che l’uomo può commettere dipende solo da circostanze sfavorevoli o dalla sua fragilità, è vero che queste ci sono, ma nell’uomo c’è anche la possibilità di un indurimento colpevole del cuore, c’è anche la possibilità di un orgoglio che rifiuta fino alla fine il pentimento; questa verità non piace e non attira gli applausi, allora la si tace. Ogni volta che si esalta la misericordia si dovrebbe anche ricordare il monito di S. Alfonso Maria de Liguori: “Dio usa misericordia con chi lo teme, non con chi si serve di essa per non temerlo”.

Trascurare la giustizia divina genera errori e malintesi in ogni ambito e a tutti i livelli; ad esempio, indicazioni dall’alto raccomandano ai confessori di accogliere benevolmente ogni penitente e di non negare a nessuno l’assoluzione, ma anche in questo caso l’indicazione è parziale e fuorviante, dice solo la parte di verità che piace a tutti, ma non dice nulla sui casi in cui l’assoluzione deve essere negata perché nel penitente non ci sono le disposizioni richieste.

Un uomo che aveva la coscienza gravata da molti peccati si era recato a San Giovanni Rotondo, Padre Pio, senza indicarlo ma in modo che tutti sentissero disse: “È arrivata la pecora rognosa”, questa pecora rognosa si è vista negare più volte, per diversi mesi, l’assoluzione, poi, quando padre Pio ha giudicato opportuno, l’ha assolta. Alla Messa e al confessionale di padre Pio c’erano le folle, le nostre chiese invece sono sempre più vuote, perché ogni predicazione insipida, ambigua o parziale, contribuisce molto a svuotare le chiese.

Altro ritornello insipido ripetuto fino alla nausea: “Dio ci ama così come siamo”, e il discorso finisce lì; l’intenzione sarà anche buona in quanto tende a persuadere che Dio ci ama qualunque sia il nostro stato, ma è una verità parziale, che produce danno lasciando credere che la nostra vita può tranquillamente continuare così com’è senza bisogno di conversione. È vero che Dio ci ama così come siamo, ma non per lasciarci così come siamo, Dio non ci amerebbe affatto se, vedendoci sporchi, feriti, morenti, ci lasciasse così come siamo, ma veramente ci ama perché farà il possibile per cambiare la nostra miserevole condizione. Il cardinale Giacomo Biffi opportunamente precisa: “Quel Dio, che è esigente e totalitario, è anche tollerante e misericordioso: ci prende come siamo, purché veda in noi l'aspirazione sincera a diventare come lui ci vuole”.

La china insipida e buonista su cui stiamo scivolando, quasi insensibilmente conduce a inverosimili aberrazioni. Si parte sempre dall’infinito amore di Dio per noi, ma si tace il pericolo che deriva dalla natura stessa dell’amore; proprio perché l’amore di Dio è infinito e prezioso, se lo accogliamo ci avviamo verso il paradiso, ma se lo respingiamo ci avviamo verso l’inferno. Ignorando completamente la necessità capitale di una nostra risposta all’amore si giunge a dire che, in fondo, la partecipazione alla Messa domenicale non è così importante; il che equivale a dire: Dio ci ama sempre, ma che noi dobbiamo rispondere concretamente al suo amore non è così urgente. Il trascurato comandamento: “Ricordati di santificare le feste”, indica invece proprio l’urgenza della nostra risposta all’amore di Dio; non si può quindi tranquillamente predicare che, siccome Dio ci ama, i suoi comandamenti li possiamo anche trascurare.

Lo stato di desolazione in cui versa oggi la Chiesa, certamente dipende da molteplici influenze negative che ereditiamo da decenni e secoli precedenti, e questo può attenuare molto le nostre responsabilità, ma non può eliminarle del tutto, solo Dio può giudicare quanto, senza colpa, i nostri pensieri e le nostre azioni dipendono da condizioni troppo sfavorevoli, e quanto invece, ognuno contribuisca colpevolmente ad aggravarle.

La Santa Vergine ci preservi dal diventare sale insipido e luce tenebrosa.

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  • Ultimo aggiornamento 09-01-2024

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    Le Christ juge le mauvais riche - Un cas d’impénitence finale - Examen des sentiments du riche - La pensée de Sainte Catherine de Sienne - La parabole dans l'œuvre de Maria Valtorta - Plus qu’un mort qui ressuscite...

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    Non ho nulla da offrirgli - Un singolare amico - Non conosciamo noi stessi - Fatti per un altro mondo ...

  • La parabola degli operai nella vigna (Mt 20, 1-16)

    Difficoltà  di comprendere un comportamento ingiusto - Ingiustizia che torna a nostro favore - Chi consola questa parabola.

Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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