Meditazioni sul Vangelo

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Med. br155

VERRÀ NELLA GLORIA (Mt 25, 31-46)

Pecore e capre

Alla conclusione dell’anno liturgico dell’anno A, nella festa di Cristo re dell’universo, si legge il vangelo in cui Gesù istruisce i discepoli sull’evento ultimo della vicenda umana, quando lui verrà nella sua gloria insieme a tutti gli angeli. Dopo la prima venuta nell’umiliazione, nella tribolazione e nella morte, seguirà una venuta gloriosa che inaugurerà la vita eterna: E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate (Ap 21, 4), e non torneranno mai più.

In occasione di questa venuta gloriosa: Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli, di tutte le epoche e di tutte le latitudini, quindi, tutti lo vedranno, e lo vedranno in qualità di giudice, perché: Siederà sul trono della sua gloria… e separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. La fine della vicenda umana è quindi caratterizzata da un giudizio, e il giudizio ha due aspetti: uno è particolare e riguarda la singola persona al termine della vita; l’altro è universale e riguarda tutta la vicenda umana quando finirà la sua fase terrena.

La necessità di un giudizio

Che ci sia un giudizio è essenziale perché la misteriosa storia in cui siamo coinvolti abbia un senso, senza un giudizio tutto sarebbe indifferente, tutto sarebbe assurdo; comportarsi bene o male non avrebbe alcun valore; la fatica dei buoni per diventare e mantenersi tali non avrebbe un premio, e la malvagità dei malvagi un castigo. Tutti vediamo quante ingiustizie e atrocità si compiono nel mondo, ma proprio quando queste si fanno più crudeli e ripugnanti, sentiamo più forte l’esigenza che gli ingiusti e i malvagi siano castigati e chi ha subito ingiustizie e cattiverie sia consolato.

Inoltre, proprio perché nessuno è contento di essere ingannato, c’è in noi una forte esigenza che le menzogne, le ipocrisie, le trame oscure, siano smascherate ed emerga la verità su ogni persona, su ogni gruppo e su ogni vicenda. Mettendo in guardia dall’ipocrisia dei farisei Gesù assicura che: Non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto (Lc 12, 2); e negli insegnamenti di San Paolo troviamo: Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno riceverà da Dio la lode (1Cor 4, 5). Questa separazione fra la verità e la menzogna, fra la bontà e la cattiveria, fra la santità e il peccato avrà un carattere universale al termine della storia, e risponderà pienamente alle nostre esigenze di giustizia e di verità: Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati (Mt 5, 6). Le insufficienze della giustizia umana, in molti casi corrotta, non potranno mai soddisfare questa esigenza, solo la giustizia divina lo può.

Il giorno solenne a cui ci avviciniamo

Sarà un momento di una solennità e di una grandezza inimmaginabile: Cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo (1Pt 1, 12), infatti, Gesù viene nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui. Inoltre, stando alla spiegazione data da Gesù alla parabola del grano e della zizzania, gli angeli avranno un ruolo attivo in quel giorno: La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro (Mt 13, 39-43). Ma anche gli apostoli avranno un ruolo attivo, Gesù infatti assicura: In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele (Mt 19, 28). San Paolo poi ci riserva la sorpresa finale: E se è da voi che verrà giudicato il mondo, siete dunque indegni di giudizi di minima importanza? Non sapete che giudicheremo gli angeli? (1Cor 6, 2-3). Questa parola di Paolo sembra incredibile, eppure la dice a coloro che non sanno giudicare cose di minima importanza.

Indagare a fondo la differenza fra il giudizio particolare e quello universale è un compito assai complesso, superiore alle forze di chi propone questa meditazione. Tanto grande, sorprendente e maestoso è il disegno di Dio! Se riflettessimo con un po’ più di attenzione sulle parole del Signore, eviteremmo molti discorsi inutili e presuntuosi, diventeremmo un po’ più umili, desidereremmo soprattutto tacere.

A causa della nostra poca fede e tiepidezza, riflettiamo poco sul fatto che alla fine di tutto ci dovrà necessariamente essere una separazione fra i buoni e i malvagi, fra i giusti e gli ingiusti, fra le pecore e le capre. Inoltre, ci da anche fastidio che questa divisione sia per sempre, tuttavia la parola del Signore è chiara e non va dimenticata: E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna. Di solito i nostri pensieri si limitano a considerare ciò che accade a breve termine, difficilmente si spingono a considerare ciò che accadrà a lungo termine, ossia dopo la morte e alla fine del mondo, rischiamo così di essere molto impreparati quando quel giorno arriverà.

Da notare, di passaggio, come il Signore non ricerca un linguaggio elegante e raffinato ma, per insegnare le più alte verità, non si vergogna di usare un linguaggio popolare tirando in ballo le pecore e le capre; diversamente da tanti presunti dotti, non gli importa di apparire, ma di farsi capire.

Ognuno è responsabile dei propri atti

È ampiamente diffusa una tendenza a voler giustificare e assolvere tutto e tutti; a questo fine si mette tutto sul conto della “fragilità” umana, dei condizionamenti sociali, dei traumi psicologici infantili… e si cercano mille scuse pur di non ammettere nell’uomo la possibilità di una cattiveria colpevole, ma così facendo non ci si accorge di ridurre l’uomo a un burattino che non è responsabile di nulla; assistiamo così al seguente paradosso: più pretendiamo che l’uomo sia fondamentalmente innocente, più la cattiveria umana si manifesta in forme sempre più inquietanti. Non che i condizionamenti sociali, la fragilità umana e le tare psicologiche non abbiano un ruolo importante, ma non possono mai annullare del tutto la responsabilità personale degli atti umani. Quando e perché questa responsabilità diventa colpevole, Dio solo lo sa, e lui solo, senza incertezze di giudizio, lo manifesterà: Non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto nel giorno del giudizio.

I pensieri di Dio sono ben diversi dai nostri corti e confusi pensieri. L’evento del giudizio: particolare e universale, dice che Dio ha dato all’uomo la capacità, la possibilità e la dignità di decidere liberamente fra il bene e il male, fra la verità e la menzogna, fra la luce e le tenebre: Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore tuo Dio ti benedica nel paese che tu stai per entrare a prendere in possesso… io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza (Dt 30, 15-16. 19); il paese in cui il Signore vuole introdurci è la vita eterna, e il giudizio mostrerà inequivocabilmente e senza appello, ciò che ognuno avrà scelto, quindi, ognuno andrà al posto da lui scelto (At 1, 25).

Tutti sorpresi

Quando il Signore rende noto il criterio che separa i giusti dai malvagi, ossia: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi; sia i buoni, sia i cattivi, rimangono sorpresi, come se fossero inconsapevoli di aver agito in accordo o contro tale criterio, sembra quindi un po’ strano che il premio o il castigo sia dato sulla base di un comportamento inconscio, in quanto tali comportamenti non dipendono da una libera scelta.

Proviamo a capire con un esempio: quando guidiamo l’automobile, facciamo un gran numero di operazioni particolari senza rendercene conto, perché sono diventate abituali e automatiche: cambiare le marce, accelerare, decelerare, frenare e così via, ma a monte dell’abitudine c’è stata la libera decisione di imparare a guidare e di prendere la patente, e questa decisione è stata presa perché abbiamo deciso che era un “bene” prenderla. Così è per tutte le nostre azioni, alla loro origine c’è una libera decisione di voler agire bene o male, con rettitudine o in modo disonesto, con precisione o con superficialità, nella verità o tollerando la menzogna… questa decisione, a poco a poco si consolida e forma in noi l’“abito” ad agire bene o male. Una volontà che si abitua ad agire bene diventerà sempre più forte nel bene e tenderà a essere irremovibile nel bene, inversamente, una volontà che si abitua ad agire male tenderà a diventare irremovibile nel male; per tutti verrà il giorno in cui la volontà si fisserà per sempre nel bene o nel male, di qui l’importanza di vigilare su come stiamo orientando la nostra volontà.

Un aspetto molto importante nella formazione della volontà, è mettere molta cura ad agire bene nelle piccole cose, nelle cose che nessuno vede, nelle cose facili, nelle cose noiose che dobbiamo fare, perché farle è un dovere del nostro stato. Si parte sempre da ciò che è facile per arrivare a ciò che è più difficile: Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto (Lc 16, 10). Quindi, il giudizio che il Signore emette non è tanto su degli atti inconsci, ma su ciò da cui gli atti dipendono, ossia sull’abitudine che nel corso della vita si è formata in noi ad agire, bene o male, a partire da una libera decisione. Un motivo per cui tutti sono sorpresi nel giorno del giudizio, è proprio perché l’agire è frutto di un abito acquisito a cui non pensiamo più, ma l’abito che decidiamo di indossare dipende da noi.

Un amore straordinario di cui non siamo consapevoli

Il brano di vangelo rivela inoltre quanto ognuno di noi sia amato dal Signore, infatti, siamo oggetto di un amore straordinario, e per chi ama niente è indifferente di ciò che accade alla persona amata; se riceviamo amore il Signore ne gioisce, se qualcuno ci ferisce, anche lui ne rimane ferito; ognuno però, non solo riceve amore e subisce offese, ma anche ama e offende; in ogni caso, il Signore ne gioisce o ne soffre perché ci ama. Questo accade per la proprietà unitiva dell’amore, per cui due non sono più due, ma una cosa sola. Lo vediamo molto bene in qualsiasi relazione d’amore degna di questo nome, ad esempio, niente per una madre o per un amico, è indifferente di ciò che accade a un figlio o a un amico, se un figlio è offeso o lodato la madre ne soffre o ne gioisce come se l’offesa o la lode fosse fatta a lei. Questa proprietà dell’amore sarà fonte del moltiplicarsi della gioia in tutti i beati, perché tutti gioiranno del bene e delle lodi che ognuno riceverà come se il bene fosse il suo bene e le lodi fossero rivolte a sé, l’invidia non ci sarà, “ognuno amerà l'altro come se stesso e perciò godrà del bene altrui come proprio” (S. Tommaso d’Aquino).

La sorpresa che avremo nel giorno del giudizio è anche dovuta al fatto che, non essendo ora molto consapevoli del grande amore con cui Dio ci ama, non ci rendiamo neanche conto di quanto lo facciamo gioire o soffrire trattando bene o male noi stessi, o i fratelli, ma il giorno del giudizio le nebbie si dissolveranno e i veli cadranno, perché la Luce illuminerà ogni cosa: Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti (Is 25, 7). Nel frattempo dobbiamo procedere nel chiaro scuro delle nebbie di questo mondo, con timore e tremore, perché con la nostra incoscienza e la nostra grossolanità rischiamo ogni momento di offendere e di venire offesi, per questo il Signore ci raccomanda di perdonare sempre, e San Paolo ci avverte: Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore e chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere (Fil 2, 12; 1Cor 10, 12).

I dolore e le disgrazie che incontriamo ci interpellano

Una differenza che emergerà chiaramente nel giorno del giudizio, è quanto ci siamo aperti o chiusi quando abbiamo incontrato situazioni di sofferenza che potevamo alleviare: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere. Un uomo completamente ripiegato su sé stesso non riesce a vedere la sofferenza di chi gli sta intorno, ma questa cecità è colpevole, perché dipende da un’attitudine che quell’uomo lascia crescere e radicarsi in sé, chiudendo gli occhi e il cuore nei confronti di chi soffre per non essere destabilizzato e vivere tranquillo. Così ha fatto il ricco epulone nei confronti di Lazzaro: mendicava alla sua porta, ma lui nemmeno lo vedeva; così hanno fatto il sacerdote e il levita con l’uomo che giaceva mezzo morto sulla strada che scendeva da Gerusalemme a Gerico; così ha fatto il servo malvagio e pigro che ha sotterrato il talento, talento che possiamo identificare con la capacità di vedere il bene e il male, per cui è bene aiutare le persone che soffrono ed è male non lasciarsi toccare dal loro dolore.

La Santa Vergine ci aiuti ad aprire il cuore, così da poter stare alla destra di suo Figlio nel giorno del giudizio.

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  • Ultimo aggiornamento 09-01-2024

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  • La parabola degli operai nella vigna (Mt 20, 1-16)

    Difficoltà  di comprendere un comportamento ingiusto - Ingiustizia che torna a nostro favore - Chi consola questa parabola.

Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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