Meditazioni sul Vangelo

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Med. br51

Cristo Re

Il ciclo dell’anno liturgico si conclude con la festa di Cristo Re dell’universo, i vangeli scelti per questa domenica presentano Gesù come re e giudice nel giudizio universale, oppure Gesù che afferma la sua regalità proprio nel giorno della sua crocifissione. Nell’anno B si narra di quando i capi dei sacerdoti, dopo averlo catturato, conducono Gesù da Pilato con l’intento di estorcere dall’autorità romana il permesso di crocifiggerlo. Pilato gli chiede: Sei tu il re dei Giudei? Segue un dialogo un po’ strano che mette in imbarazzo Pilato e lo innervosisce, perché Gesù afferma di essere Re, anche se il suo regno non assomiglia a quelli che lungo i secoli si susseguono nel mondo. Il suo regno non è di questo mondo, lui vuole regnare mediante l’amore nel cuore degli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, il suo regno inizia nel tempo, ma il suo splendore avrà una manifestazione piena nell’eternità.

Ma com’è che il re dell’universo si trova ostaggio di un potere religioso ipocrita e crudele, che non esita ad allearsi a un potere politico straniero pur di metterlo a morte? Questo è un mistero di amore e di orrore che facciamo molta fatica a comprendere.

Gesù risponde a Pilato affermando la sua regalità: Io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce (Gv 18, 33b-37). Ma di quale verità è testimone Gesù? Si potrebbe rispondere che lui è testimone di tutte le verità essendo l’autore di ogni cosa; allora, quando gli uomini cercano la verità in qualunque campo, consapevolmente o inconsapevolmente, cercano Gesù, e, se sono umili, in qualche modo gli rendono omaggio, perché scoprono qualche aspetto della sua sapienza, della sua genialità, della sua fantasia, della sua forza, della sua dolcezza… tuttavia, scoprire le leggi e le meraviglie della natura non è qualcosa di decisivo per la nostra salvezza, questa dipende da altre verità; la nostra salvezza dipende dal rispetto delle leggi dell’amore ed è soprattutto di queste che Gesù da testimonianza.

La storia d’amore che Dio ha imbastito con gli uomini è caratterizzata da un dramma, perché la storia si è inceppata, c’è stata una rottura; se l’amato offende gravemente l’amante divino, non possono non esserci gravi, dolorose e durature conseguenze. Una relazione d’amore è il più bello e gratificante di tutti i beni, ma se la relazione si rompe produce il più grande di tutti i mali. Gesù è nato e opera nel mondo per riparare questa catastrofe, per testimoniare la verità che non tutto è perduto; la storia d’amore fra Dio e l’uomo può ricominciare, ma è necessario accettare Gesù come medico, maestro e Re.

La verità di cui lui da testimonianza ha un duplice aspetto: l’uomo è perduto, ma l’uomo, se vuole, può essere salvato. La presenza di Gesù e la sua missione non avrebbero senso se l’uomo non avesse bisogno di essere salvato, infatti, Gesù significa “Dio salva”, ma da che cosa abbiamo bisogno di essere salvati? Dal non senso della vita, dal non senso della morte, dall’incapacità di compiere il bene, da ogni menzogna sparsa da colui che è menzognero e padre della menzogna (Gv 8, 44), in una parola, da un’infelicità che genera cattiveria e da una cattiveria che genera infelicità, nessuna industria umana riesce a fermare questo circolo vizioso. L’altro aspetto della verità è che Gesù ha un amore così forte e così eroico per noi, da farsi uomo, patire e morire per poterci salvare; il peso di questo mistero è tale che di fronte a Gesù non è possibile rimanere neutrali: o lo si ama oppure lo si crocifigge.

Infatti, i capi dei sacerdoti corrompono il potere politico e sobillano il popolo pur di crocifiggere Gesù. I sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù (Mt 27, 20), e corrompono anche i soldati per ostacolare la fede nella sua risurrezione: Alcuni della guardia giunsero in città e annunziarono ai sommi sacerdoti quanto era accaduto. Questi si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: «Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l'hanno rubato, mentre noi dormivamo. E se mai la cosa verrà all'orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia». Quelli, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi (Mt 28, 11-15).

Da allora fino a oggi vale l’osservazione di Pascal: “La verità è tanto offuscata e la menzogna così ben stabilita che, se non si ama saldamente la verità, non si è in grado di riconoscerla”. Tutti dobbiamo fare qualche sforzo per cercare la verità, altrimenti sarà la menzogna a cercarci e a manipolarci. Se non fatichiamo per cercare la verità vuol dire che non l’amiamo, ma allora dovremo necessariamente assorbire una verità proposta da altri, che è senz’altro più comodo, ma così corriamo il rischio di pensare e agire secondo il volere dei poteri tenebrosi di questo mondo e di ritrovarci fra la folla a gridare contro Gesù: crocifiggilo! Amare la verità è amare Gesù che ha detto di sé: Io sono la verità (Gv 14, 6), e: Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce (Gv 18, 37). La sua voce condanna l’ipocrisia e il peccato ovunque si trovino, ma chi non tollera di riconoscersi peccatore resistendo alla luce che lo denuncia come tale, è costretto a uccidere Gesù. La sua voce invece, illumina, guarisce e salva chiunque si riconosce colpevole, chiunque si riconosce perduto, chiunque ha fame e sete di giustizia, chiunque lo riconosce come Salvatore e Re.

Maria, madre della Verità, sede della Sapienza e Regina del cielo, non permetta che ci lasciamo sedurre dalla menzogna, ma ci ottenga di essere ammessi nel regno di suo Figlio.

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Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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