Meditazioni sul Vangelo

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Med. br69

L’adultera perdonata (Gv 8, 1-11)

Gesù è nel tempio di Gerusalemme e sta insegnando, ma è turbato dall'arrivo di scribi e farisei che gli conducono una donna sorpresa in flagrante adulterio. Vengono perché Gesù la giudichi, ma la loro intenzione è di accusare lui qualunque giudizio emetta. La loro ostilità verso Gesù è tale che cercano in ogni modo di screditarlo agli occhi del popolo e del sinedrio. L'insidia che gli tendono è veramente grande, anzi, umanamente è insormontabile: consiste nel cogliere Gesù in contraddizione costringendolo a scegliere fra la giustizia e la misericordia. Se Gesù sceglie la misericordia, sarà accusato di non essere giusto; se sceglie la giustizia, sarà accusato di non essere misericordioso. In un caso non rispetterebbe la legge mosaica che prevede la lapidazione per gli adulteri; nell'altro caso perderebbe il fascino che esercita sul popolo con la sua bontà. La trappola è ben congegnata e sembra non avere vie d'uscita, tanto che gli scribi e i farisei pregustano già la vittoria. Ma quando gli uomini vogliono mettere Dio in difficoltà, preparano la loro sconfitta. In fondo, in questa occasione offrono a Gesù l’opportunità di manifestare la sua superiore sapienza e bontà. Santa Teresa d'Avila dice che una delle gioie del paradiso sarà contemplare come Dio governa ammirabilmente ogni cosa armonizzando giustizia e misericordia, e in questo episodio ne abbiamo un chiaro esempio.

Per cercare di comprendere meglio dobbiamo considerare che l'adulterio è un peccato enorme, perché rovina il bene più bello, più santo, più fecondo, più beatificante, di cui l'uomo possa godere, ossia la relazione d'amore fra un uomo e una donna; una relazione caratterizzata da un vincolo talmente forte da impegnare le persone davanti a Dio per tutta la vita. Ora, tradire l'amore, venir meno alla parola data, ferire gravemente il coniuge, è distruggere l'amore, è farlo morire; ma mettere a morte l'amore non può che generare frutti di morte. La severità della legge mosaica vuole prevenire questo disastro, ed è come se dicesse: “Attenzione! Chi fa morire l'amore con l'adulterio condanna a morte sé stesso”. La gravità della pena dipende dalla gravità del male compiuto e la gravità del male compiuto dipende dal valore del bene rovinato. Più un bene è pregiato, più è grande il male della sua rovina.

L’adultera è quindi posta davanti alla conseguenza mortale del suo peccato e deve ammettere che merita la morte; non è un momento piacevole per lei, ma proprio alle soglie della morte è salvata da colui che ha il potere di liberare gli uomini dalla morte. Come osserva S. Agostino: vengono a trovarsi una di fronte all’altra la miseria e la Misericordia; e la miseria si salva se accoglie sia la Giustizia, sia la Misericordia. Gesù, infatti, trionfa sulla meschinità degli scribi e farisei non rinunciando né alla giustizia, né alla misericordia. Lui non dice che l’adulterio non merita la morte, tanto è vero che ammette che se tra i presenti ci fosse qualcuno senza peccato, sarebbe autorizzato a eseguire la sentenza prevista dalla legge; e in questo modo non contraddice la legge mosaica e non viene meno alla giustizia. Inoltre, invita gli uomini a riflettere bene prima di voler condannare un fratello, perché il più delle volte sono tanto colpevoli e forse più di quel fratello. Secondo una felice intuizione di S. Girolamo, mentre gli scribi e i farisei aspettavano con impazienza il verdetto, Gesù scriveva per terra i loro peccati. Gesù è l’unico che avrebbe i requisiti per eseguire la sentenza, ma in lui la perfetta giustizia è governata da una perfetta misericordia, questo significa che lui solo conosce, senza incertezze di giudizio, tutte le attenuanti che si possono applicare a un colpevole, e sa anche se è opportuno offrire a quel colpevole un’occasione per rimediare alla sua colpa.

Possiamo osservare qui un paradosso: più uno è innocente più sa comprendere e compatire chi innocente non è; più uno è colpevole meno sa comprendere e compatire i colpevoli. Per questo Maria è invocata come “rifugio dei peccatori”, mentre gli scribi e i farisei vogliono mettere a morte sia i colpevoli, sia gli innocenti. I periodi di terrore che si susseguono nella storia hanno origine dallo stesso spirito maligno.

Gesù, dunque, perdonando alla peccatrice non minimizza il suo peccato, ma le offre un’occasione per riflettere, per espiare, per dimostrare di non voler più peccare. Manifesta così a tutti sia la sua giustizia, sia la sua misericordia.

Fin che siamo su questa terra il nostro equilibrio è instabile; tutti in ogni momento da giusti possiamo diventare peccatori e da peccatori giusti; ma ogni equilibrio instabile tende alla stabilità, così chi ama la giustizia tende sempre più verso la giustizia per stabilizzarsi in essa; chi ama il peccato tende sempre più verso ogni genere di male, e finirà per non volere altro; nel momento della morte ognuno avrà per sempre ciò che ha voluto.

La peccatrice perdonata è anche una figura dell’umanità, la quale è anch’essa adultera per aver tradito il suo Dio, e per questo è tribolata e devastata dai frutti di morte che ogni adulterio produce. Ma come l’adultera è stata salvata dalla morte, così all’umanità è stato inviato come salvatore Gesù, che muore lui per salvare noi. La sua misericordia paga per noi con la morte il debito che abbiamo con la giustizia divina. L’enormità delle nostre offese all’amore di Dio merita giustamente la morte, ma l’enormità della Misericordia prende su di sé la morte meritata dai nostri peccati per dare a noi la vita. Padre Molinié ha un pensiero che può aiutarci a comprendere un aspetto di questi vertiginosi misteri: “La giustizia è un volto dell'Amore. La giustizia è la necessità che l'Amore ha di ottenere un'adeguata risposta d'amore dalla persona amata”. La giustizia ha quindi un duplice volto: beatificante o terrificante a seconda della nostra risposta all’amore di Dio. L’amore di Dio nei confronti dell’uomo per sua natura esige una risposta, così l’uomo, accogliendo o respingendo l’amore di Dio, determina come la giustizia si manifesterà nei suoi confronti.

Maria, madre di misericordia, ci aiuti a comprendere, perché se non comprendiamo rischiamo di non accogliere suo Figlio come unico salvatore o di non ringraziarlo come merita per quanto ha fatto per noi.

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Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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