Meditazioni sul Vangelo

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Dio ha tanto amato il mondo (Gv 3, 16-18)

Gesù e Nicodemo

La parola e le opere di Gesù non lasciano indifferente Nicodemo, anzi, lo affascinano, così cerca di incontrarlo, ma Nicodemo è uno dei capi dei Giudei e fariseo, la prudenza umana gli consiglia di non manifestare troppo apertamente il suo interesse per Gesù, in quanto, molti della sua condizione gli sono apertamente ostili. È tuttavia onesto e ha buona volontà nel cercare di conoscere meglio cosa sta succedendo, cosa sente raccontare da più fonti e da più luoghi. Decide allora di andare da Gesù di notte e Gesù lo accoglie anche di notte; hanno un lungo dialogo, e un frammento dei loro discorsi è letto nella Messa della solennità della Santissima Trinità dell’anno A.

Ecco ciò che Gesù dice a Nicodemo: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. Possiamo qui notare come Gesù parli con naturalezza delle relazioni che ci sono in Dio; noi siamo ormai abituati a sentire parlare della trinità delle Persone nell’unico Dio, ma rischiamo di non fare troppa attenzione al fondamento che questo insegnamento ha in tutto il Nuovo Testamento, con qualche velato accenno anche nell’Antico Testamento.

Parole a cui non prestiamo attenzione

Se Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, vuol dire che in Dio c’è un Figlio, ma se c’è un Figlio ci deve essere necessariamente anche un Padre, perché Gesù parla in modo tale che, per analogia con le cose che conosciamo, possiamo apprendere qualcosa di Dio che non conosciamo. Come mai non dice allora: “Il Padre ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito”, ma utilizza l’espressione generica: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito? Perché in Dio non ci sono solo il Padre e il Figlio, ma anche lo Spirito Santo; dicendo: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, lascia intendere che il dono del Figlio al mondo è un dono Trinitario, l’opera della nostra salvezza è stata pensata e voluta da tutta la Trinità.

È opportuno inoltre considerare che le parole umane hanno molti limiti nel parlarci di Dio e della sua opera, per cui è necessario tenere presente tutta la Scrittura per comprendere il più chiaramente possibile quello che Dio ci rivela; ciò che non è detto chiaramente in una parte è detto più chiaramente in un altra. A proposito dell’opera del Figlio e dello Spirito Santo nel mondo Gesù dice: Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto (Gv 14, 26). Qui, abbiamo il Figlio che nomina espressamente lo Spirito Santo e il Padre, mostrandoci come tutta la Trinità operi in nostro favore. San Paolo insegna poi che: Nessuno può dire «Gesù è Signore» se non sotto l'azione dello Spirito Santo (1Cor 12, 3), sottolineando così l’importanza fondamentale dello Spirito Santo per conoscere Gesù. In ogni momento e in ogni opera, sempre agiscono le tre divine Persone.

Quindi dicendo: Dio ha tanto amato il mondo… dobbiamo intendere: “La Santissima Trinità ha tanto amato il mondo…”. E qui incontriamo una particolarità dell’amore di Dio nei nostri confronti. Dio ci ama non perché possa ricevere da noi un bene qualunque, ma per poter dare a noi il Sommo Bene. Sant’Ireneo di Lione ha questa felice espressione: “Dio plasmò Adamo non perché avesse bisogno dell'uomo, ma per avere qualcuno su cui effondere i suoi benefici”. Ma le sorprese non finiscono qui, perché Dio vuole effondere i suoi benefici, non su delle persone amabili, ma su delle persone che hanno l’immensa disgrazia di essergli ostili, tanto ostili da farlo morire su una croce. La vicenda umana è veramente misteriosa! Dio nei nostri confronti esercita in modo eroico la virtù dell’amore per i nemici, e quello che lui pratica per primo lo chiede anche a noi, ma siamo ben lontani dall’imitarlo, perché prima abbiamo bisogno di essere salvati: Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Ed è un’impresa sovrumana.

Perché chi crede non vada perduto

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Questo significa che se Dio non avesse mandato il Figlio nel mondo saremmo tutti perduti, la vita non avrebbe alcun senso e noi brancoleremmo nelle tenebre combinando disastri e guai a non finire. Ma i guai, le ingiustizie, le violenze, gli abomini ci sono stati, ci sono e ci saranno anche se il Figlio di Dio è venuto nel mondo; quindi, non basta che il Figlio di Dio sia presente nel mondo, ma occorre anche che noi lo ascoltiamo e lo accogliamo, è necessario che noi crediamo in Lui. Non basta che ci sia la Luce, bisogna che noi la desideriamo, perché la Luce ci è più necessaria di qualunque altro bene sulla terra. Cosa ci serve infatti, avere molti beni, cosa ci serve poterne avere sempre di più, cosa servono le relazioni, le attività, i divertimenti, se non sappiamo che senso dare a tutta la nostra agitazione?

Non solo, ma per poco che ci fermiamo a pensare, possiamo sapere in maniera certissima che tutto quello che abbiamo e facciamo lo dovremo lasciare. Se, fra un impegno e l'altro ci fermassimo a riflettere, non potremmo non vedere, non potremmo non sentire che qualcosa non va in noi e nel mondo, non potremmo non sentire un certo disagio, una certa inquietudine… è come se sulla nostra vita e su quella del mondo pesasse una maledizione, una condanna. Ma facciamo di tutto per non pensare a queste cose, facciamo di tutto per non ammettere che siamo dei disgraziati, poveri, ciechi, nudi, cattivi… ecco perché il vangelo non ci dice niente, ecco perché Gesù non è conosciuto e non è amato, perché Lui e le sue parole si rivolgono a coloro che sentono che c'è qualcosa che non va, sentono che stanno andando verso la perdizione, verso il non senso, l'assurdità e la morte; ma chi è onesto, chi non respinge la Luce, che in un primo tempo non può non mostrare la nostra poco brillante situazione, è nelle disposizioni giuste per sentire l'annuncio di una “buona novella”: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.

E la prima cosa da credere è che, per quanto la nostra situazione possa apparire tragica, senza vie d'uscita, senza speranza, Gesù vuole e può salvarci, Gesù può impedire che le tenebre e la morte abbiano l'ultima parola, Lui può sollevare il nostro sguardo e aprire il nostro cuore per accogliere una vita che non è di questo mondo, Gesù vuole donarci una vita che Lui solo possiede ed è una vita eterna. Ma se non crediamo in Lui la condanna che pesa su di noi farà il suo corso, se non crediamo che Lui solo può donarci la vita eterna, quello che ci attende è la morte eterna: perché non abbiamo creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E questo nome è: “Dio salva”, Gesù ha voluto chiamarsi così perché lui è la risposta al nostro bisogno fondamentale, il bisogno di essere salvati.

Un grande amore è anche un grande pericolo

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, ed è come dire che Dio ci ama di un amore tale che non può essercene uno più grande. E qui incontriamo un altro paradosso a cui poco pensiamo ed è piuttosto trascurato nella predicazione, il paradosso è questo: più siamo oggetto di un amore grande e prezioso, più aumenta la nostra responsabilità nel rispondere o non rispondere a questo amore. Quando i predicatori insistono nel dire che l’amore e la misericordia di Dio sono infiniti, di solito si fermano lì, e non mettono in evidenza la nostra responsabilità nei confronti dell’amore che ci viene offerto; trascurano, più o meno consapevolmente, che questo amore infinito è sì la nostra fortuna, ma è anche un grande pericolo, tanto grande quanto grande è l’amore, perché se lo trascuriamo, se lo ignoriamo, se lo rifiutiamo, andiamo incontro a un giudizio di condanna senza appello, lo dice Gesù: E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie (Gv 3, 19).

Proviamo a chiarire con un esempio. Se una classe ha un professore scadente, svogliato, confusionario, che non ama la sua materia e non la fa amare, gli studenti hanno una responsabilità molto limitata per il loro scarso rendimento. Ma se il professore è ottimo, sa spiegare con chiarezza e passione, non è pedante, non si risparmia, incoraggia tutti, aiuta tutti, se uno studente, nonostante la fortuna che ha, non si impegna al punto da essere bocciato, la responsabilità della bocciatura è solo sua; una grande fortuna si è trasformata per lui in un motivo di più severa condanna, perché quello studente ha preferito fare i propri comodi, anziché beneficiare di un professore capace di arricchirlo di conoscenze utili alla crescita e al benessere, non solo suoi, ma anche delle persone a lui vicine e della società. Anche noi nei confronti dell’amore di Dio rischiamo di fare la fine dello studente bocciato. Gesù ci avverte: A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più (Lc 12, 48).

Dio ha tanto amato il mondo

Il molto che l’umanità ha avuto è il Figlio stesso di Dio, ma gli uomini come rispondono? “Il dono di Dio non ci interessa, anzi, ci dà fastidio”, ed è per questo che l’umanità va in rovina, e nonostante la sua rovina non si pente e non si converte. Gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate (Gv 3, 19-20). Eppure, Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Ed è come se la nostra miseria, la nostra povertà, l’ostilità nei confronti di Dio che fa di noi dei disgraziati… avesse un fascino agli occhi di Dio, non in quanto miseria, ma in quanto occasione che gli permette di manifestare in nostro favore un amore inimmaginabile: Cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo (1Pt 1, 12). Padre Molinié così si esprime: “Dio ha creato perché è stato sedotto dalla possibilità di colmare la nostra miseria”, e don Divo Barsotti ha un pensiero che va nella stessa direzione: “Il male, anche se si scatena non può avere altro risultato che quello di dare a Dio l’occasione di rivelarsi più grande e più buono”.

Il tesoro che vogliamo nascondere

La nostra miseria ha un fascino agli occhi di Dio, ma perché possa portare frutto dobbiamo riconoscerla, non, ignorarla o fuggirla. Padre Molinié insiste nell’insegnare che la nostra miseria è il tesoro più grande che abbiamo, e noi lo dovremmo cercare più di ogni altra cosa, invece, facciamo di tutto per nascondere il tesoro nel campo. A prima vista la povertà e la miseria non sembrano un tesoro, invece lo sono, in quanto frantumano l’orgoglio rendendo il nostro cuore contrito e umile: Un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi (Sal 50, 19). Un cuore contrito e umile attira irresistibilmente la misericordia, perché è la condizione che consente a Dio di manifestare finalmente, anche a noi, il suo amore; e il nostro peccato non è un grosso problema: Qualunque cosa [il nostro cuore] ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa (1Gv 3, 20).

Santa Teresina di Lisieux ci incoraggia a cercare la nostra povertà, assicurandoci che è ciò che Dio ama in lei: “Quello che piace a Lui è di vedermi amare la mia piccolezza e la mia povertà, è la speranza cieca che ho nella sua misericordia” (Lettera 176). Lo splendore e la ricchezza all’interno della Trinità derivano dalle relazioni amorose fra le divine Persone, ora, Dio ha voluto avere delle relazioni amorose anche all’esterno della Trinità, ma la caratteristica di una relazione all’esterno della Trinità non poteva essere se non una relazione fra Chi possiede tutto e chi non possiede nulla, fra il Ricco e il povero, fra l’Amore e il non amore, fra la Misericordia e la miseria… noi siamo dalla parte di coloro che non posseggono nulla, ma non possedere nulla ci abilita a essere inseriti nel dialogo Trinitario.

Che la Santa vergine renda i nostri cuori un po’ più sensibili all’amore di suo Figlio.

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Meditazioni  Info
  • Ultimo aggiornamento 09-01-2024

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  • Il perdono che non può essere concesso (Gv 20, 22-23)

    A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi - che cos'è il peccato? - scoperta di alcuni paradossi - l'abominio del peccato originale - l’appuntamento a cui non possiamo mancare

  • La parabola dei talenti (Mt 25, 13-30 || Lc 19, 11-28) - IIa parte

    Il bisogno di amare - poco e molto, storia in due tempi - le paure del servo malvagio - l’oscuramento della ragione - Dio non ci chiede più di quanto possiamo dare - chi è umile accetta di farsi aiutare - la possibilità della perdizione - tentativo di riflessione sull’inferno - come evitare la perdizione

  • La parabola dei talenti (Mt 25, 13-30 || Lc 19, 11-28) - Ia parte

    Un compito difficile - Ciò che non vorremmo sentire - Il rischio di un malinteso - Cosa si aspetta il padrone dai suoi servi - Il problema del vero bene dell’uomo - Prima il poco, poi il molto

  • La parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro

    Cristo giudica il ricco malvagio - Un caso di impenitenza finale - Esame dei sentimenti del ricco - Il pensiero di Santa Caterina da Siena - La parabola nell’opera di Maria Valtorta - Più di un morto che risuscita...

  • Le riche épulon et le pauvre Lazare

    Le Christ juge le mauvais riche - Un cas d’impénitence finale - Examen des sentiments du riche - La pensée de Sainte Catherine de Sienne - La parabole dans l'œuvre de Maria Valtorta - Plus qu’un mort qui ressuscite...

  • Come mai questo tempo non sapete valutarlo?

    Difficoltà di valutare il senso del tempo - Un compito troppo difficile - L’invito inascoltato - L’inevitabile combattimento.

  • Aprì loro la mente per comprendere le scritture

    Non è così facile comprendere le Scritture - Il centro delle Scritture - Un progetto singolare - Non è una questione di belle parole.

  • Il fico maledetto

    Come gli antichi profeti - L'osservazione di Marco - Senza vie di scampo - L'attacco - Il contrattacco - Sacerdoti, scribi e noi.

  • Gesù esamina Pietro sull'amore

    Le domande di Gesù - Le risposte di Pietro - Pietro abbandonato dal Signore - Nato per fare il capo - Teresina di Lisieux e don Divo Barsotti.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 2

    Il re cerca altri commensali - Un invito accolto con poco entusiasmo - Situazioni impossibili - Due volte indegni - Un pericolo mortale.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 1

    Un racconto paradossale e drammatico - Ci bastano le feste umane - Come si uccidono i messaggeri di Dio - Apparente ingiustizia.

  • Quando Dio resiste alla preghiera ... (Lc 11, 5-13)

    Non ho nulla da offrirgli - Un singolare amico - Non conosciamo noi stessi - Fatti per un altro mondo ...

  • La parabola degli operai nella vigna (Mt 20, 1-16)

    Difficoltà  di comprendere un comportamento ingiusto - Ingiustizia che torna a nostro favore - Chi consola questa parabola.

Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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