Meditazioni sul Vangelo

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Med. br156

L'emorroissa e la figlia di Giàiro (Mc 5, 21-43)

Emorroissa

A prima vista gli episodi dell’emorroissa e della figlia di Giàiro sembra che non c’entrino molto con la nostra vita, sono accaduti tanti anni fa, sono fatti miracolosi, e questi non fanno parte delle nostre quotidiane esperienze e preoccupazioni. Pensiamo così perché non abbiamo fede e non siamo santi. Se però indaghiamo, e cerchiamo di capire in che senso le vicende della figlia di Giàiro e dell’emorroissa ci riguardano, scopriremo quanto grande è l’analogia delle loro storie con la nostra.

Sappiamo che l’emorroissa, di cui non si dice il nome, da dodici anni soffriva di una perdita di sangue; la cosa era piuttosto seria, perché perdere sangue significava perdere la vita, e ogni malato in pericolo di vita, cerca un rimedio per conservarla. A questo fine: spende tutti i suoi averi, pur di trovare un medico capace di guarirla; si rivolge infatti a molti medici, tuttavia, il risultato non è quello sperato, perché non ottiene la guarigione, ma un aggravamento del suo stato; si ritrova così senza risorse e senza speranza, ciò che realisticamente l’attende è la morte. La morte è un evento che tutti temiamo, perché siamo fatti per la vita; così, la certezza della morte da una parte, e l’insopprimibile aspirazione alla vita dall’altra, provoca una lacerazione che a poco a poco ci paralizza e ci crocifigge. Bernanos diceva che non temono la morte: i grandi santi, o gli stolti.

Conoscenza di Gesù per sentito dire

La donna si trovava da tempo in questo doloroso stato, quando sente parlare di un uomo non comune, un uomo di Dio, un santo o un profeta, il cui potere supera ampiamente il potere degli uomini. Dicono di lui che guarisce ogni malattia del corpo e dell’anima: i lebbrosi sono risanati, i ciechi vedono, i sordi odono, gli storpi camminano, gli indemoniati sono liberati… La donna si fa allora sempre più attenta a queste voci. Dicono inoltre che Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo (Gv 7, 46); le sue parole non sono come quelle dei sapienti in Israele, sono parole di chi parla con sicurezza e autorità. Ma soprattutto, il suo volto e il suo sguardo emanano qualcosa che non è di questo mondo: i piccoli e i grandi, i sani e i malati, i giovani e gli anziani, i ricchi e i poveri, i peccatori… tutti sono raggiunti da uno sguardo d’amore capace di consolare le più dolorose vicende, riaccendere la speranza, riempire i cuori.

L’attenzione a ciò che sente dire su Gesù è come un seme caduto nel cuore della donna, pur essendo il più piccolo di tutti i semi, è destinato a diventare un grande albero, infatti la donna custodisce il seme e questo cresce, perché cresce in lei la convinzione che se riesce a incontrare Gesù anche lei sarà guarita. Pensa allora quando e dove incontrarlo, si informa sulle sue abitudini e i suoi spostamenti, per poterlo raggiungere da qualche parte. Intanto crescono nel suo cuore la speranza, la fiducia e l’amore per Gesù. Il giorno propizio arriva. Gesù si trova sulla riva del lago di Tiberiade e molta folla lo circonda, ma come avvicinarsi a Gesù e parlargli del suo male in mezzo a tanta gente?

L’incontro

Inoltre, proprio allora, a Gesù è presentato un caso almeno grave quanto il suo: un capo della sinagoga ha una figlioletta morente e lo sta pregando di andare a guarirla. Impossibile parlargli con calma del suo male; tuttavia, la fiducia in Gesù in quella donna era talmente cresciuta, da renderla persuasa che sarebbe bastato toccargli le vesti per essere guarita. Cerca quindi di farsi largo tra la folla e, furtivamente, da dietro, riesce a toccargli il mantello. Ma il suo gesto, la sua fede e il suo amore, non toccano solo il mantello di Gesù, toccano soprattutto il suo cuore. Gesù sente che qualcuno lo ha toccato non come la folla che lo stringe da tutte le parti, ma come qualcuno che, nella sua povertà e nel suo dolore, lo ha cercato come medico e salvatore, allora lui, che è venuto per i malati e non per i sani, immediatamente risponde alle attese della donna che, disperando degli uomini, era giunta a sperare unicamente in lui.

La vicenda di questa donna, la sua fede e il percorso che l’aveva condotta a Gesù, non dovevano rimanere nascosti, infatti, Gesù vuole conoscere e far conoscere la sua storia, per questo chiede: Chi ha toccato le mie vesti?… La donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: "Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male". La fiducia in Gesù è stata decisiva per la guarigione, ma la fiducia è nata e cresciuta nell’emorroissa perché, mossa dalla necessità di trovare un rimedio alla gravità del suo male, ha voluto indagare, verificare, approfondire, quanto sapeva di Gesù solo per sentito dire.

Questa storia riassume, ed è in qualche modo analoga, alla storia di ogni uomo, è un esempio da seguire per essere anche noi guariti dal nostro male.

Anche noi perdiamo sangue

Quella donna soffriva per una perdita di sangue, ma perdendo sangue perdeva la vita, e questo accade a ogni uomo, il quale nasce, cresce e poi perde la vita avviandosi pian piano verso la morte. Quando l’uomo si accorge che la vita gli sfugge, cerca instancabilmente qualche rimedio per conservarla, dando così origine a una lotta dall’esito incerto fra la vita e la morte. Ma cosa significa che la vita sfugge? Un aspetto è quando ci rendiamo conto che non sappiamo più cosa significhi esistere, credevamo di sapere, ma col tempo dobbiamo ammettere che troppi eventi rimangono incomprensibili, troppe cose non vanno come ci aspetteremmo, anzi, vanno al contrario di come ci aspetteremmo; perdiamo allora, a poco a poco, le ragioni per vivere, perdiamo il senso della vita; i nostri pensieri diventano confusi, i nostri atti e le nostre scelte disordinati, non capiamo più nulla e non abbiamo più certezze. Che senso ha vivere quando tutto diventa insignificante, l’ingiustizia dilaga, i prepotenti dominano, ingannano, opprimono, le malattie non danno tregua, e niente riesce a colmare l’abisso del nostro cuore? Se siamo onesti, se non vogliamo nasconderci la verità, questa è la condizione dell’uomo: Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità. Quale guadagno viene all’uomo per tutta la fatica con cui si affanna sotto il sole? (Qo 1, 2-3).

Il libro del Qoèlet è un libro singolare, frantuma sistematicamente tutte le ragioni di vita che siamo riusciti a trovare e a cui ci aggrappiamo; invita inoltre a riconoscere che l’uomo, lasciato a sé stesso, non riesce a trovare una ragione plausibile del suo esistere, niente di quello che fa ha veramente un senso, ma anche il suo esistere, che senso ha? Vanità delle vanità: tutto è vanità. Tutte le nostre attività, i nostri divertimenti, le nostre imprese e le nostre passioni, sono come i medici a cui si rivolgeva l’emorroissa: chiediamo loro di guarire il vuoto che toglie vigore ai nostri giorni, come lei chiedeva ai medici di guarire la perdita di sangue che toglieva vigore al suo corpo, ma nessun medico, nessuna attività riescono veramente a guarirci.

Dodici anni

Sia nel caso dell’emorroissa, sia in quello della figlia di Giàiro, compare il numero dodici, la donna infatti era malata da dodici anni, e la figlia di Giàiro si trova in punto di morte dopo dodici anni. Questo potrebbe avere un significato simbolico: come sono dodici le ore del giorno (Gv 11, 9) e poi viene la notte, così i dodici anni possono rappresentare l’intero corso dell’esistenza su questa terra, a cui segue la notte del transito verso la vita eterna.

La giovinetta che muore dopo dodici anni, rappresenta quindi la vicenda di ogni uomo che inevitabilmente deve passare attraverso la morte, mentre i dodici anni in cui l’emorroissa spende tutti i suoi averi presso molti medici, sono la figura del tempo e delle risorse che spendiamo per chiedere ai medici umani di guarire le perdite di senso della nostra vita. Nella stragrande maggioranza dei casi, questi tentativi durano fino alle soglie della morte. Come per l’emorroissa però, i rimedi umani si rivelano sempre meno efficaci e la nostra situazione a poco a poco si aggrava; l’apatia e la disperazione seriamente ci minacciano, rischiano di prevalere e di sconfiggere ogni speranza. Non è raro il caso di anziani a cui capita di “Non esserci più con la testa”. Molto probabilmente, perché in loro l’apatia e la disperazione, proprio perché non riconosciuti o non voluti riconoscere, hanno prevalso; la confusione subentra quando non riusciamo a dare senso e ordine a ogni cosa; un senso e un ordine che deve essere secondo i pensieri di Dio, non secondo i nostri pensieri.

Buona novella

Tuttavia, gli episodi della figlia di Giàiro e dell’emorroissa, dicono chiaramente che anche la nostra vita può avere un diverso e più consolante esito; infatti, anche alle nostre orecchie giungono, o sono giunte, notizie su un uomo non comune, uno di cui si dice che sia morto crocifisso e poi risorto; queste notizie su Gesù, di solito un po’ vaghe e confuse, hanno però un’importanza decisiva per la nostra salvezza, perché inevitabilmente, sentendole, reagiamo in un modo o in un altro, a seconda della reazione seguiremo una via che porterà all’incontro con Gesù, oppure una che porterà lontano da lui. Il più delle volte, le risorse, il vigore che ancora abbiamo, e la speranza di riuscire a cavarcela con i mezzi umani, faranno sì che lasceremo tranquillamente perdere ogni notizia su Gesù; inoltre, eviteremo accuratamente ogni occasione che potrebbe indurci a riflettere seriamente su di lui. Allora, ciò che sappiamo su Gesù sarà come un seme caduto su dura terra, non porterà frutto.

Da un medico all’altro

Percorreremo così un lungo cammino che ci condurrà da un medico all’altro, da un’esperienza all’altra, nell’inutile tentativo di trovare un rimedio al non senso e al disgusto che sempre più minacciano i nostri giorni, come l’emorroissa spenderemo tutti i nostri averi senza ottenere veramente la vita, l’amore e la pace a cui ogni cuore aspira, e questo perché qualsiasi “felicità” da noi raggiunta è assai fragile, in quanto deve fare i conti con incertezze, minacce e incidenti di varia natura, ma soprattutto con la certezza della morte. Come giustamente osserva S. Tommaso d’Aquino, la vera felicità, il vero bene, la vera vita, per essere tali devono avere la proprietà di non temere nessuna minaccia e nessuna perdita, devono avere la certezza di durare sempre. Quindi, la vera vita non è di questo mondo.

Se non fossimo così svagati e superficiali, se riflettessimo un po’ di più sul mistero della vita, della morte e della felicità, forse, diventeremmo più sensibili alle voci che parlano di Gesù, anche in noi nascerebbe il desiderio di incontrarlo, e questo desiderio, se custodito e coltivato, ci condurrebbe prima o poi a incontrare il suo sguardo, nel suo sguardo capiremmo molte cose e beneficeremmo di una prima fondamentale guarigione. Purtroppo, coglie nel segno Pascal quando afferma: “Gli uomini, non avendo nessun rimedio contro la morte, la miseria e l'ignoranza, hanno stabilito, per essere felici, di non pensarci mai”.

Che cosa ci attende allora? Quello che è toccato alla figlia dodicenne di Giàiro, ossia fare l'esperienza della morte; a questo punto morirà anche ogni speranza umana e ogni annuncio di guarigione o di risurrezione sarà considerato una follia. Ma, benché la figlioletta fosse morta nel frattempo, Gesù dice a Giàiro: Non temere, soltanto abbi fede!. Anche all’emorroissa aveva detto: La tua fede ti ha salvata. Da notare che sia per la figlia di Giàiro, sia per l’emorroissa si tratta di situazioni in cui è evidente che i rimedi umani sono ormai completamente inefficaci, ma proprio quando si giunge a questo punto si è di fronte a un bivio in cui: o crediamo in Gesù e allora possiamo guarire e risorgere, oppure non gli crediamo, condannandoci da soli alla disperazione del non senso e della morte. Tutto nella vita e nel vangelo sembra dirci che per incontrare veramente Gesù, per conoscerlo non per sentito dire, ma per davvero, dobbiamo passare per l’esperienza dolorosa di non poter più contare su nessun rimedio umano. Chi accetta di lasciarsi condurre per questa via, potrà poi dire con Giobbe: Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto (Gb 42, 5).

Toccare il mantello di Gesù

Quando, dopo aver provato di tutto nella vita, si giunge ad avere la certezza che ormai nessuna esperienza, nessuna terapia, nessun ragionamento, nessun esperto, e nessuna saggezza, potranno guarire la nostra perdita di sangue, ossia la perdita della vita, possiamo ancora sperare di toccare il mantello di Gesù, guarire come è guarita l’emorroissa e risorgere come è risorta la figlia di Giàiro. Ma cosa significa toccare il mantello di Gesù?… Le vesti e il mantello sono indumenti che ricoprono la persona di Gesù, non sono la persona di Gesù, ma hanno con lui una stretta relazione, così, la salvezza ci può raggiungere se decideremo di entrare in contatto con qualcosa che ha una stretta relazione con Gesù.

Facciamo alcuni esempi: entrare in una chiesa con i sentimenti del pubblicano al tempio: Il pubblicano, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore” (Lc 18, 13); parlare con un cristiano, o un sacerdote, che ispira fiducia; dire a Dio ciò che gli hanno detto diverse persone oneste: “Io non so se tu ci sei, ma se ci sei, fa che io ti conosca”; gridare come i discepoli durante la tempesta sul lago: Salvaci, Signore, siamo perduti! (Mt 8, 25), e San Paolo assicura: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato (Rm 10, 13); fare un pellegrinaggio in qualche luogo santo; accettare di indossare una medaglietta benedetta... Ognuno di questi atti, o altri simili, esprimono in qualche modo l’intenzione di toccare Gesù in qualità di medico e salvatore, e se lui sente che è toccato con questa intenzione, come lo ha sentito nel caso dell’emorroissa, allora prontamente interverrà.

Possibili malintesi

Non dobbiamo però pretendere che intervenga secondo una nostra idea di guarigione o di salvezza, ma dobbiamo lasciarlo libero di guarirci e di salvarci così come lui intende la guarigione e la salvezza. Su questo punto possono sorgere dei malintesi che ritardano la guarigione per anni e anni.

Qualcuno potrebbe dire, ma come Gesù ci salva se tutti, credenti o non credenti, dovremo passare per la morte? È bene considerare che diverso è attraversare la morte da credenti o da non credenti, un conto è passare accompagnati da Gesù e Maria, un altro conto è passare senza di loro, non che loro non ci siano, ma la nostra mancanza di fede impedisce loro di agire, per questo Gesù dice all’emorroissa: La tua fede ti ha salvata, e a Giàiro: Non temere, soltanto abbi fede! Avere fede significa non contare più su noi stessi, ma su qualcun altro, significa abbandonare la nostra comprensione della vita in generale e della nostra situazione in particolare, per fidarci di ciò che Dio dice sulla vita e sulla nostra situazione, lasciandolo libero di operare su di noi secondo il suo genio.

Quando tutto è perduto, quando i rimedi umani non possono più nulla, la fiducia in Gesù può sconfiggere anche la morte, nel senso che, anche se la sofferenza e la morte ci fanno paura, in fondo al cuore lui alimenta la certezza che la morte è il passaggio verso la vera vita, quella che abbiamo invano cercato sulla terra. Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi (Gv 14, 1-3).

Per convincerci che queste non sono solo parole, Gesù guarisce la donna che nessun medico era riuscito a guarire, e fa risorgere la figlia di Giàiro che a maggior ragione non poteva rivivere per opera umana. Questi due casi sono dei segni per suscitare in noi la speranza certa di una ben più importante guarigione e risurrezione; quando la malattia e la morte raggiungeranno anche noi, se avremo fede in Gesù, lui ci guarirà, ci farà risorgere e ci introdurrà nel suo Regno dove la vita beata non avrà fine.

La Santa Vergine a Cana di Galilea dice a Gesù: Non hanno più vino (Gv 2, 3), di noi potrebbe dire: "Non hanno più fede"; ma lei può aiutarci a credere quanto basta perché Gesù cambi in vita la nostra morte, come a Cana ha cambiato l’acqua in vino, figura del vino nuovo che nel suo Regno allieterà la festa eterna.

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Meditazioni  Info
  • Ultimo aggiornamento 09-01-2024

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  • Il perdono che non può essere concesso (Gv 20, 22-23)

    A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi - che cos'è il peccato? - scoperta di alcuni paradossi - l'abominio del peccato originale - l’appuntamento a cui non possiamo mancare

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  • La parabola dei talenti (Mt 25, 13-30 || Lc 19, 11-28) - Ia parte

    Un compito difficile - Ciò che non vorremmo sentire - Il rischio di un malinteso - Cosa si aspetta il padrone dai suoi servi - Il problema del vero bene dell’uomo - Prima il poco, poi il molto

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  • Le riche épulon et le pauvre Lazare Francese

    Le Christ juge le mauvais riche - Un cas d’impénitence finale - Examen des sentiments du riche - La pensée de Sainte Catherine de Sienne - La parabole dans l'œuvre de Maria Valtorta - Plus qu’un mort qui ressuscite...

  • Come mai questo tempo non sapete valutarlo?

    Difficoltà di valutare il senso del tempo - Un compito troppo difficile - L’invito inascoltato - L’inevitabile combattimento.

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    Non è così facile comprendere le Scritture - Il centro delle Scritture - Un progetto singolare - Non è una questione di belle parole.

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    Come gli antichi profeti - L'osservazione di Marco - Senza vie di scampo - L'attacco - Il contrattacco - Sacerdoti, scribi e noi.

  • Gesù esamina Pietro sull'amore

    Le domande di Gesù - Le risposte di Pietro - Pietro abbandonato dal Signore - Nato per fare il capo - Teresina di Lisieux e don Divo Barsotti.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 2

    Il re cerca altri commensali - Un invito accolto con poco entusiasmo - Situazioni impossibili - Due volte indegni - Un pericolo mortale.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 1

    Un racconto paradossale e drammatico - Ci bastano le feste umane - Come si uccidono i messaggeri di Dio - Apparente ingiustizia.

  • Quando Dio resiste alla preghiera ... (Lc 11, 5-13)

    Non ho nulla da offrirgli - Un singolare amico - Non conosciamo noi stessi - Fatti per un altro mondo ...

  • La parabola degli operai nella vigna (Mt 20, 1-16)

    Difficoltà  di comprendere un comportamento ingiusto - Ingiustizia che torna a nostro favore - Chi consola questa parabola.

Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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