Meditazioni sul Vangelo

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Med. br134

Perdere e trovare la vita (Mt 10, 37-42)

Perdere e trovare la vita

Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me. Queste parole ci invitano a riflettere seriamente sull’amore. Fra i possibili amori vi è una gerarchia, ci sono amori più preziosi e altri meno, gli amori che valgono di più meritano maggiore attenzione e dedizione. Fra gli amori umani più forti e stabili c’è l’amore per il padre e la madre, perché un figlio riceve dai genitori il massimo dei beni, ossia la vita, senza la quale non sarebbe possibile avere nessun altro bene; ricevendo il massimo bene è normale che nasca nel figlio verso il padre e la madre il massimo amore. I vari amori hanno anche caratteristiche diverse; se consideriamo, ad esempio, l’amore del padre e della madre verso i figli abbiamo un amore gratuito che tende a dare tutto ai figli, e dona tutto anche se a volte non riceve in cambio quanto sarebbe dovuto. Possiamo quindi dire che un figlio riceve il massimo amore umano possibile dal padre e dalla madre, mentre un padre e una madre donano al figlio il massimo amore umano possibile. Nella famiglia veniamo quindi educati alla bellezza dell’amore, che consiste nel dare e nel ricevere, ci sono momenti in cui è giusto dare e altri in cui è giusto ricevere; mentre si è piccoli si riceve tutto, ma più si cresce più si è chiamati a dare.

L’amore a cui compete il primo posto

L’evangelista Luca elenca altri due amori umani che Matteo non nomina, vale a dire: l’amore fra marito e moglie e l’amore tra i fratelli (Cfr. Lc 14, 26). Vi è poi un altro amore che ha un ruolo molto forte, ed è l’amore verso sé stessi. Ora, tutti questi amori, per quanto preziosi, per quanto forti, non possono pretendere il primo posto nella gerarchia degli amori. Tutti però, cerchiamo di costruire la nostra vita a partire da questi amori e in vista di questi amori, tendiamo inoltre a collocarli al primo posto, per questo il Signore ci avverte che l’amore a cui compete il primo posto è quello verso di Lui, ossia verso Dio.

In ogni amore c’è un amante e un’amato, il pregio dell’amore dipende poi da alcuni fattori fra cui: quanto un amante è disposto a dare all’amato, e anche, quanto un amante è disposto a sacrificarsi per l’amato, ora, nessun amante dà all’uomo più di quanto dà Dio, e nessuno si sacrifica per l’uomo più di quanto si sacrifica Dio, per questo Gesù pretende di essere amato più di ogni altro: Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me.

È vero che ricevendo la vita dai genitori riceviamo molto, ma il ruolo dei genitori nel dare la vita è un ruolo di collaborazione, il ruolo principale è quello di Dio. Forse un padre o una madre sono capaci di formare il cuore, o l’occhio, o le ossa, o il sangue del loro bambino? O ancora, hanno forse la minima idea di come si forma la sua capacità intellettiva? Inoltre, se collaborano a dare la vita, non sono certamente loro a stabilire il motivo per cui la vita ha un senso. Tutti questi beni ci vengono principalmente da Dio, è lui che ha stabilito le leggi e i modi con cui il bambino si forma nel seno della madre, è lui che gli provvede una capacità intellettiva, ed è sempre lui che dà un senso a ogni vita intelligente ordinandola a partecipare alla sua stessa vita. Per tutti questi motivi l’amore verso di lui merita il primo posto.

Nella vicenda umana però, qualcosa è andato storto, è successo un guaio che l’uomo non può riparare da solo, e il guaio è stato provocato proprio per un’alterazione nella gerarchia degli amori, ad un certo punto l’uomo ha messo illecitamente al primo posto l’amore per sé stesso, ha così offeso gravemente Dio nel suo amore verso di lui. La catastrofe che ne è risultata ha dato però a Dio l’occasione di manifestare verso l’uomo un’amore inimmaginabile; Dio, che è amore, continua ad amare l’uomo anche se è diventato suo nemico, e si sacrifica fino a morire su una croce perché l’uomo possa riavere la vita. Non è possibile trovare un amante che si sacrifichi per l’uomo più di quanto si è sacrificato Dio mandando suo Figlio a morire per noi. Soprattutto per questo: Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me.

Una gerarchia di amori che non funziona

La vita presente è una vita in cui la gerarchia degli amori è alterata, lo dice Gesù: Io vi conosco e so che non avete in voi l'amore di Dio (Gv 5,42). Se non abbiamo in noi l’amore di Dio, vuol dire che al suo posto c’è, illegittimamente, qualche altro amore. Queste parole sono ulteriormente confermate quando dice: Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! (Lc 12, 49). Se il fuoco dell’amore di Dio non è ancora acceso, è perché in noi arde qualche altro fuoco, oppure domina il gelo. Questo disordine è fonte di tribolazioni e di guai a non finire, ma Gesù è venuto per spiegarci la situazione e per aiutarci a ristabilire l’ordine, solo lui può rimediare ai guai in cui ci siamo cacciati. Però, la riparazione dei guai, il ristabilimento dell’ordine, non si compiono in un giorno, si tratta di un lungo e penoso processo in cui dobbiamo accettare di assumerci le nostre responsabilità e di pagare quanto ci è chiesto di pagare; ecco perché, subito, il Signore aggiunge: Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Se lui, che è innocente, porta la croce per noi come un colpevole, ed è crocifisso in mezzo ai colpevoli, non possiamo pretendere di non portare la croce che ci chiede di portare.

Ora, accettare le operazioni necessarie per la sostituzione dell’ordine degli amori che di fatto opera nella nostra vita, e che non funziona, con quello che funziona perché rispetta l’ordine previsto dal Creatore, noi lo viviamo come una perdita, come una morte, e infatti portare la propria croce ha come termine la morte, allora, fuggiamo da Cristo e dalla sua dottrina, al massimo gli concediamo la partecipazione distratta alla Messa domenicale, meglio se prefestiva, così la domenica abbiamo più tempo per i nostri svaghi. Ma così inganniamo noi stessi, non certamente il Signore, il quale sa valutare con precisione e senza incertezze il valore del nostro amore, e per lo più il suo giudizio è: Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo (Ap 3, 15-17).

Fuggiamo da Cristo sperando di cavarcela lo stesso, ma questa è pura follia, per questo ci avverte: Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà. Tenere per sé la propria vita è gestirla secondo i propri criteri, secondo la propria gerarchia di valori - che è poi una gerarchia di amori -, ma nella misura in cui questa gestione è disordinata conduce alla morte, perché in contrasto con la verità del progetto di Dio: Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà. Invece, proprio ciò che a noi sembra una perdita e una morte, paradossalmente, conduce alla vita, perché è portando la propria croce dietro a Cristo che troveremo la vita: Chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

La dolorosa condizione di essere divisi

Un aspetto della croce che dobbiamo portare, è constatare la nostra impotenza di fronte all’umiliante e dolorosa condizione di essere divisi, ossia sollecitati da mille amori in mille direzioni che ci distraggono dall’amore di Dio sopra ogni cosa, e il dolore è tanto più lacerante quanto più si è consapevoli che la nostra vita dovrebbe essere tutta unificata nell’amore di Dio; anche per questo San Paolo si lamenta: Non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! (Rm 7, 19-24). Vivere divisi fra persone divise, non è molto piacevole, per questo, tutti, nella vita presente abbiamo la nostra croce da portare.

Se accettassimo di prendere atto di questa divisione saremmo già sulla buona strada, perché non continueremmo a camminare inconsapevoli verso i guai che attendono coloro che vogliono tenere per sé la propria vita. La consapevolezza dei nostri mali ci renderebbe forse più disponibili ad accogliere coloro che possono aiutarci a guarirli: Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Accogliere coloro Gesù manda è accogliere coloro che trasmettono fedelmente le sue parole, perché solo le sue parole possono illuminare in maniera decisiva la situazione nella quale ci troviamo.

Purtroppo, la trasmissione fedele delle parole di Cristo è sempre più rara; nella predicazione si tende a offrire consigli di carattere psicologico e alla centralità di Cristo si sostituisce la centralità dell’uomo; si utilizzano sempre le parole di Gesù, ma in vista del nostro benessere psicologico, così, l’importanza della psicologia cresce e quella della grazia diminuisce; inoltre, Dio è pensato al nostro servizio, un po’ come fanno i nonni con i nipotini; ed è come chiedergli che ci aiuti a tenere per noi la nostra vita; il piano della vita lo decidiamo noi e lui deve aiutarci a realizzarlo. Naturalmente, chiediamo il suo aiuto quando ci capita una disgrazia, la quale, di solito, è accompagnata dal seguente pensiero: “Dio non ci toglie le difficoltà, i dolori, i guai, ma ci aiuta ad attraversarli”.

Il pensiero è più o meno valido a seconda di cosa c’è dopo l’attraversamento, e può esserci: “Ancora il nostro progetto di vita”, oppure “Il progetto di Dio”. Coloro che Gesù manda dovrebbero aiutarci a staccarci da noi stessi, a convertire i “nostri” progetti di vita e a non aver paura di perderla per lui; dovrebbero aiutarci a conoscere e amare Cristo, ad avere lui come centro e fine della vita, non il nostro benessere, perché chi cerca il proprio benessere non lo troverà, mentre chi avrà rinunciato al proprio benessere per Cristo lo troverà. Dove trovare la vita Gesù lo dice chiaramente: Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Se questo è vero, ed è vero, Dio favorirà tutto ciò che è in accordo con il suo progetto, ma contrasterà tutto ciò che vi si oppone, qualunque sia il nostro stato di vita.

L’offerta scontata da non perdere

Gesù, a chi ha orecchie per intendere, offre un’opportunità formidabile per trovare la vita, ed è da stolti non approfittare dell’astuzia che ci suggerisce: Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Bisogna essere distratti e privi di senno per non beneficiare di un’offerta che costa così poco e promette così tanto, perché Gesù ci sta dicendo che non è necessario essere giusti, o santi, o dotti, o profeti, o umili, o caritatevoli… è sufficiente che accettiamo di soffrire per non essere tali e di manifestare concretamente la nostra simpatia verso coloro che sono giusti, santi, profeti, caritatevoli, pazienti, buoni… ma perché la cosa sia seria deve dispiacerci veramente di non essere giusti e santi. Accogliere un profeta perché profeta e un giusto perché giusto, significa apprezzare nel giusto e nel profeta delle virtù e dei pregi che noi non abbiamo, questo solo riconoscimento, unito a un’azione concreta per dimostrare la nostra simpatia verso il profeta, ottiene la ricompensa del profeta. E Gesù non ha l’abitudine di mentire o di parlare a vanvera, quindi, nel giorno del giudizio ci autorizza a servirci del suo suggerimento. Chi lo farà merita un premio per il solo fatto che è stato attento alle sue promesse.

Questa offerta scontata è talmente importante e conveniente che Gesù la ribadisce: Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa. Nella novella “Il brutto anatroccolo”, Andersen ha un’intuizione profonda e geniale che è possibile applicare a queste parole del Signore. Il brutto anatroccolo è proprio brutto - figura della bruttezza del nostro peccato -, è maltrattato da tutti e soffre mille disavventure a causa di tutti - figura della croce che dobbiamo portare -, ma il brutto anatroccolo è affascinato dai cigni, ne ammira la bellezza, la grazia nel volo, la loro pace, qualcosa in loro irradia bontà e suscita rispetto… quando li vede passare nel cielo ne rimane incantato. Un giorno ne scorge un gruppo non distante da lui, si avvicina timoroso e si accorge che lo stanno invitando a venire da loro; lui, brutto, non si sente degno di quell’invito, ma loro insistono, allora si avvicina, e in quel momento si accorge di essere diventato anche lui un cigno. “Chi ammira un giusto perché è giusto, avrà la ricompensa del giusto”.

La Santa Vergine ci aiuti a comprendere le parole di suo Figlio, perché comprendendo crediamo, e credendo, abbiamo la vita nel suo nome (Gv 20, 31).

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Meditazioni  Info
  • Ultimo aggiornamento 09-01-2024

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  • Il perdono che non può essere concesso (Gv 20, 22-23)

    A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi - che cos'è il peccato? - scoperta di alcuni paradossi - l'abominio del peccato originale - l’appuntamento a cui non possiamo mancare

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  • La parabola dei talenti (Mt 25, 13-30 || Lc 19, 11-28) - Ia parte

    Un compito difficile - Ciò che non vorremmo sentire - Il rischio di un malinteso - Cosa si aspetta il padrone dai suoi servi - Il problema del vero bene dell’uomo - Prima il poco, poi il molto

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    Cristo giudica il ricco malvagio - Un caso di impenitenza finale - Esame dei sentimenti del ricco - Il pensiero di Santa Caterina da Siena - La parabola nell’opera di Maria Valtorta - Più di un morto che risuscita...

  • Le riche épulon et le pauvre Lazare Francese

    Le Christ juge le mauvais riche - Un cas d’impénitence finale - Examen des sentiments du riche - La pensée de Sainte Catherine de Sienne - La parabole dans l'œuvre de Maria Valtorta - Plus qu’un mort qui ressuscite...

  • Come mai questo tempo non sapete valutarlo?

    Difficoltà di valutare il senso del tempo - Un compito troppo difficile - L’invito inascoltato - L’inevitabile combattimento.

  • Aprì loro la mente per comprendere le scritture

    Non è così facile comprendere le Scritture - Il centro delle Scritture - Un progetto singolare - Non è una questione di belle parole.

  • Il fico maledetto

    Come gli antichi profeti - L'osservazione di Marco - Senza vie di scampo - L'attacco - Il contrattacco - Sacerdoti, scribi e noi.

  • Gesù esamina Pietro sull'amore

    Le domande di Gesù - Le risposte di Pietro - Pietro abbandonato dal Signore - Nato per fare il capo - Teresina di Lisieux e don Divo Barsotti.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 2

    Il re cerca altri commensali - Un invito accolto con poco entusiasmo - Situazioni impossibili - Due volte indegni - Un pericolo mortale.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 1

    Un racconto paradossale e drammatico - Ci bastano le feste umane - Come si uccidono i messaggeri di Dio - Apparente ingiustizia.

  • Quando Dio resiste alla preghiera ... (Lc 11, 5-13)

    Non ho nulla da offrirgli - Un singolare amico - Non conosciamo noi stessi - Fatti per un altro mondo ...

  • La parabola degli operai nella vigna (Mt 20, 1-16)

    Difficoltà  di comprendere un comportamento ingiusto - Ingiustizia che torna a nostro favore - Chi consola questa parabola.

Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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