Meditazioni sul Vangelo

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Med. br129

Un dono per discernere (Gv 20, 19-23)

Un dono per discernere

Prima della sua Passione, Gesù aveva più volte parlato ai discepoli dello Spirito Santo, e aveva promesso che lo avrebbe mandato per fortificarli, istruirli, consolarli, in una parola, per donare ogni grazia necessaria alla loro missione e alla loro santificazione. Il Vangelo e gli Atti degli Apostoli raccontano del dono dello Spirito Santo secondo due modalità: una, più intima e discreta, la sera stessa della risurrezione del Signore e l’altra più spettacolare e rumorosa il giorno di Pentecoste. La prima è così narrata da Giovanni: Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Il perdono che non può essere concesso

Qui Gesù parla chiaramente della possibilità che ci siano dei peccatori a cui non possono essere perdonati i peccati. Questo aspetto è quasi completamente trascurato nella predicazione odierna, anzi, col pretesto della misericordia, praticamente si dichiara decaduta la seconda parte del comando del Signore, perché tutti i peccatori saranno sicuramente perdonati. Nicolàs Gòmez Dàvila sintetizza perfettamente il sentire oggi prevalente: “Il cristiano moderno non chiede che Dio lo perdoni, ma che Dio ammetta che il peccato non esiste”. Dovremmo tremare nel violentare e tradire la Parola del Signore, perché seguiranno necessariamente confusione e decadenza, sia in ambito ecclesiale, sia, di conseguenza, nella società civile. Padre Pio, fedele al comando del Signore, non esitava a negare l’assoluzione, anche ripetutamente, a coloro a cui non era possibile perdonare i peccati, tuttavia, a San Giovanni Rotondo accorrevano le folle, invece, dove si predica una dottrina apparentemente più facile e consolante, le folle abbandonano le chiese. Tutti subiamo le dolorose conseguenze di una predicazione che non rispetta le parole del Signore.

Siamo diventati orgogliosi, presuntuosi, superficiali, maneggiamo le cose sacre senza accorgerci che contengono un’energia capace di sconvolgere il mondo, perché necessariamente attirano benedizione o maledizione. Il giorno di Pentecoste gli abitanti di Gerusalemme si sono accorti di questa energia, che ha provocato anche qualche turbamento: Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano… A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata… Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia (At 2, 2-7). Quell’energia impetuosa e rumorosa, che ha investito Maria e gli apostoli in preghiera - Erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù (At 1, 14) -, non è meno potente nel richiamare in vari modi, anche dolorosi, quanti, invece di ubbidire a Gesù, pretendono di modificare le sue parole e i suoi insegnamenti. Dovremmo temere di più il monito di San Paolo: Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato (Gal 6, 7).

Difficoltà nel comprendere il peccato

Riflettere sul peccato comporta necessariamente riflettere sul mistero dell’amore e della libertà, non è facile dire cos’è il peccato, pur essendo noi immersi nei peccati. Due esempi rivelano questa difficoltà. Un noto professore di lettere, esperto di Dante e suo appassionato divulgatore, volendo far comprendere cos’è il peccato, un giorno ha fatto questo esempio: “Una classe si prepara a una gita scolastica, tutti sono eccitati e contenti per il ricco programma di visite e di incontri. Il giorno della partenza si ritrovano al luogo convenuto, ma hanno una spiacevole sorpresa, manca Luisa, perché la sera prima, cadendo, si è rotta una gamba, allora tutti esclamano: che peccato!”. Il professore conclude soddisfatto: “Ecco, questo è il peccato, un bene che doveva esserci per Luisa non si è potuto realizzare, il peccato è il mancato raggiungimento di un bene”. L’esempio sembra seducente, ma in esso non c’è proprio nessun peccato, perché nessuno ha avuto una responsabilità morale cattiva per quanto accaduto.

L’altro esempio lo sentiamo a volte nella predicazione. Per spiegare il peccato si propone l’immagine seguente: “La nostra vita è come una freccia lanciata da un arciere, questa è destinata a raggiungere un bersaglio, ma se non lo raggiunge, non raggiunge lo scopo per cui è stata lanciata, e questo è il peccato, non raggiungere il fine della vita”. Questo esempio confonde l’effetto con la causa, la freccia che non raggiunge il bersaglio è un effetto del peccato, ma non è il peccato. Questi esempi mostrano le difficoltà che incontrano persone, anche abituate alla riflessione, nel dire cos’è il peccato. Per questo il Signore dona lo Spirito Santo agli apostoli, perché distinguere i peccatori che possono essere perdonati da quelli che non lo possono, non è un compito facile, hanno quindi bisogno di un aiuto speciale. Lo Spirito Santo può aiutare a fare questo discernimento anche se il ministro non sa esattamente definire cos’è un peccato; similmente, un cristiano può percepire più o meno chiaramente se un’azione è buona o cattiva, anche se non sa dare la definizione del peccato.

Che cos’è il peccato?

Che cos’è dunque il peccato? Padre Molinié ci offre un pista di riflessione dicendo che: “Per comprendere il peccato bisogna comprendere l’amore”. Ma che cos’è l’amore? Dio è amore (1Gv 4, 8), dice San Giovanni, e Dio è amore perché in Dio ci sono relazioni personali, senza le quali non c’è amore; inoltre, se Dio è amore, allora l’amore è il più grande dei misteri, ed essendo il peccato in relazione stretta con l’amore, noi facciamo fatica a comprendere, sia l’amore, sia il peccato. Possiamo però dire che un peccato può verificarsi lì dove c'è un rapporto fra due persone, quando c'è un rapporto fra un io e un tu; i rapporti possibili sono di due tipi: fra due persone create, oppure fra una persona creata e il suo Creatore. Se i rapporti sono secondo le leggi dell'amore le cose funzionano bene e producono frutti di pace, di serenità, di gioia, di vita; ma se una delle due persone offende l'altra succede una catastrofe, la catastrofe del peccato; noi che non funzioniamo più secondo le leggi dell'amore siamo una fucina di catastrofi, produciamo catastrofi e subiamo catastrofi.

Catastrofe è il termine giusto perché, come non c'è niente di più bello, di più luminoso, di più gratificante, di più sublime dell'amore, così non c'è niente di più orribile, tenebroso, mostruoso e catastrofico del peccato, ossia, dell'amore che non è amato, dell'amore non compreso, dell'amore offeso, dell'amore tradito. Nel peccato c’è sempre una responsabilità morale cattiva in chi offende l’amore, ed è questa la causa che non consente di raggiungere il fine della vita che è vivere d’amore. Ogni giorno e ogni momento la vita è fatta di relazioni fra persone, e in queste relazioni rischiamo continuamente di offendere e di essere offesi; per questo chiediamo insistentemente a Maria di “pregare per noi peccatori”, per poter guarire dalla terribile malattia del peccato; che può degenerare in forme talmente gravi da condurre alla morte, ossia al peccato mortale, che è quel peccato che rende impossibile una relazione d’amore fra due persone. Quante relazioni impossibili e invivibili ci sono anche all’interno delle famiglie, e quanta sofferenza producono!

Lo Spirito Santo e il peccato

Lo Spirito Santo è la persona che in Dio è particolarmente caratterizza dall’amore, infatti, la dottrina cattolica insegna che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, come diciamo nel Credo, e insegna anche che lo Spirito Santo è l’Amore con il quale il Padre e il Figlio si amano. Non dobbiamo quindi stupirci nell’apprendere da Gesù che c’è una qualche relazione fra lo Spirito Santo e il peccato, proprio perché c’è una relazione fra il peccato e l’amore, infatti, dello Spirito Santo Gesù dice che: Quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato… perché non credono in me (Gv 16, 8-9). Ora, non credere in Gesù, che è massimamente degno di fiducia, è offenderlo nel suo amore verso di noi, e questo è il peccato: offendere qualcuno a cui è dovuto amore. Un aspetto del mistero del peccato emerge anche qui, perché c’è bisogno dell’azione dello Spirito Santo - quindi non bastano le forze umane -, per renderci consapevoli che pecchiamo contro Gesù non credendo in lui.

Dobbiamo anche considerare che c’è in noi la possibilità, più o meno tenace, di resistere all’azione dello Spirito Santo quando cerca di dimostrare la colpa del nostro peccato. Riconoscere che non rispettiamo le leggi dell’amore, e per questo offendiamo: o Dio, o i fratelli, o entrambi, è duro al nostro orgoglio, il quale, generalmente si difende cercando di ignorare i mali prodotti dal peccato, oppure tentando di adattare le leggi dell’amore al nostro stato di corruzione; ci arroghiamo allora il diritto di dire che è bene ciò che è male, e di prendere le distanze dal bene chiamandolo male, se poi pretendiamo anche la benedizione dei ministri di Dio sulle nostre aberrazioni, rientriamo nel caso di coloro a cui i peccati non possono essere perdonati. Il comportamento di Padre Pio, che nega l’assoluzione a certi peccatori, dimostra che questi atteggiamenti non sono solo teorici, ma ben presenti e abbastanza diffusi.

Il peccato che non può essere perdonato

Ne troviamo conferma anche in un frammento di una parabola del Signore, quella degli invitati al banchetto di nozze, dove si narra di un uomo che colpevolmente non ha voluto cambiare il suo abito inadatto alla festa, gli altri invitati hanno accettato di cambiare il loro abito, ed erano: i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi (Lc 14, 21), ma lui no. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti (Mt 22, 11-13). La radice di questo comportamento è un atteggiamento spirituale che potremmo riassumere così: “Voglio anch'io partecipare alle cose di Dio, ma a modo mio”, “Voglio anch'io essere assolto, ma senza dover cambiare l’abito a cui tengo moltissimo”. Potremmo allora dire che il peccatore che non può essere perdonato è il peccatore che non vuole riconoscere il suo peccato.

Può accadere, infatti, che la nostra libertà si serva del suo potere decisionale per stabilire lei ciò che è bene e ciò che è male, stoltamente illudendosi che Dio, perché è misericordioso, debba conformarsi alle nostre decisioni, come osservava Gòmez Dàvila; come allude la parabola del Signore, in cui l’invitato vuole partecipare al banchetto nuziale alle sue condizioni; come oggi vediamo orgogliosamente rivendicare da chi pretende di partecipare al banchetto della vita stravolgendo le leggi della vita. L’orgoglio di costoro ha raggiunto un livello tale da reclamare dalle autorità ecclesiastiche la benedizione delle proprie aberrazioni; purtroppo vediamo dei ministri del Signore cedere a queste richieste. Ma la parola del Signore rimane: A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati, non rispettare questa parola, non studiarla, non approfondirla, è colpa grave e le conseguenze non sono indolori.

Qualcuno potrebbe pensare che il dono di saper discernere chi può essere perdonato e chi no, riguardi solo i ministri di Dio, ma a ben riflettere questo dono, in una certa misura, serve a tutti; infatti, in ognuno di noi può svilupparsi un atteggiamento orgoglioso che, più o meno consapevolmente, resiste allo Spirito Santo, ma se, con il suo aiuto, riusciamo riconoscere le tracce dell’orgoglio che si annida in noi, allora possiamo prendere le contro misure per estirparlo, altrimenti, rischiamo di fare la fine dell’invitato al banchetto di nozze, che non ha indossato l’abito nuziale perché non ha voluto riconosce inadatto quello che aveva.

La Santa Vergine, sposa dello Spirito Santo, ci aiuti a non trascurare, ma a ben comprendere le parole di suo Figlio.

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Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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