Meditazioni sul Vangelo

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Andarono sul monte... (Mt 28, 16-20)

 Andarono sul monte

Al termine dell’ultima cena, mentre con gli apostoli si sta avviando verso il monte degli ulivi, Gesù dice loro: Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge, ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea (Mt 26, 31-32). Anche alle donne andate al sepolcro il mattino di Pasqua per imbalsamare Gesù (Mc 16, 1), un Angelo appare e raccomanda: Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l'ho detto (Mt 28, 7). Che Gesù decida di manifestarsi in Galilea non esclude che si manifesti anche in Giudea, infatti appare ai discepoli a Gerusalemme: La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!» (Gv 20, 19). Rimane il fatto che Gesù attribuisce una certa importanza alla sua manifestazione su un monte imprecisato della Galilea.

Il cammino che conduce a vedere Gesù

Potremmo ipotizzare che questo monte sia il Tabor, che si trova appunto in Galilea, dove, secondo la tradizione, è avvenuta la trasfigurazione di Gesù, e il senso potrebbe essere questo: come prima della Passione Gesù aveva mostrato in anticipo la sua gloria a Pietro, Giacomo e Giovanni, così, sempre su quel monte Gesù vuole manifestare agli apostoli, e ai discepoli, la gloria della sua risurrezione. Il cammino che il Signore chiede di fare ai discepoli, dalla Giudea alla Galilea, potrebbe inoltre avere una funzione pedagogica; come se fosse una figura del cammino che devono fare tutti i discepoli per giungere alla visione di Gesù nella gloria. Ciò che viviamo nella carne lo ricordiamo più facilmente, così, il ricordo delle esperienze fisiche ci aiuta a trarre insegnamenti spirituali; da sempre la Chiesa educa i fedeli attraverso processioni, salite a santuari sui monti, incenso, acqua benedetta...

Per andare da Gerusalemme in Giudea, alla Galilea, ci sono più di 150 Km, al termine dei quali i discepoli dovevano ancora salire sul monte; specialmente a piedi il percorso richiede un certo impegno, ubbidienza alle indicazioni di Gesù e perseveranza. Ma queste attitudini sono richieste anche a ogni cristiano che voglia seguire il Signore. Lungo il cammino bisogna vincere la stanchezza e lo scoraggiamento, il bello e il cattivo tempo, vigilare sulla possibile presenza di ladri e briganti, ed eventualmente difendersi dai loro attacchi, ma proprio l’impegno a superare ogni difficoltà rivela anche quanto vale l’amore di ogni discepolo per il Signore. La salita di un monte è poi significativa, perché chi sale si allontana dalle cose della terra e si avvicina al cielo, ma questo è anche il fine di ogni vita cristiana, ossia salire dalla terra al cielo, dove il premio sarà la visione di Gesù nella gloria; così come è accaduto ai discepoli di allora che sul monte di Galilea hanno visto Gesù risorto.

Da notare che mentre andavano dalla Giudea alla Galilea, i discepoli non vedevano Gesù, ma ubbidivano alla sua parola, così noi, lungo i sentieri della vita presente non vediamo Gesù, perché camminiamo nella fede e non ancora in visione (2Cor 5, 7); anche noi facciamo fatica e il viaggio può stancare parecchio, anche noi dobbiamo vigilare per difenderci da ladri e briganti che non mancano mai, perché tutto il mondo giace sotto il potere del maligno (1Gv 5, 19); e i briganti cercano di assalire proprio coloro che vedono risolutamente diretti all’incontro con il Signore.

La vita presente non è una passeggiata senza pericoli, illudersi del contrario è da stolti; dei pericoli del corpo siamo abbastanza consapevoli, non altrettanto di quelli dell’anima. La consapevolezza dei pericoli ci prepara ad affrontarli ricorrendo ai mezzi che il Signore ci mette a disposizione. Fra questi uno dei più importanti è la fiducia in Lui, San Paolo infatti insegna: Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito (Ef 6, 16-18). Per avere fede nel Signore dobbiamo cercare di crescere nella sua conoscenza e nel suo amore, lasciando perdere i cattivi maestri che seducono con discorsi di falsa sapienza, impressionano per l’erudizione, ma i loro discorsi sono vani perché non cercano né il bene degli uomini, né la gloria di Dio. Da notare che San Paolo dà per scontato che la vita cristiana sia anche una lotta contro il Maligno; lui che l’ha combattuta fino alla fine potrà dire: Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione (2Tm 4, 7-8). Questa manifestazione è proprio quella che i discepoli hanno avuto una volta giunti sul monte che Gesù aveva loro indicato.

La nostra rigidità spirituale

Gesù dunque si mostra a quanti hanno avuto fede e hanno ubbidito alle sue indicazioni; quando i discepoli lo vedono si prostrano in adorazione. Ma l’evangelista ci sorprende con una strana annotazione che è bene non trascurare: Alcuni però dubitavano. Un dubbio analogo è documentato dall’evangelista Luca quando la sera del giorno dopo il sabato Gesù appare ai discepoli: Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho» (Lc 24, 37-39). Il dubbio sembra riguardare la presenza reale del Signore risorto: credevano di vedere un fantasma! Probabilmente, sul monte, alcuni hanno avuto lo stesso dubbio. Questo dubbio manifesta la difficoltà dei discepoli di tutti i tempi a entrare in sintonia con le sorprese che il Signore ci riserva, non dobbiamo nascondercelo, c’è in noi una rigidità spirituale, una pesantezza della mente e del cuore, per cui facciamo molta fatica ad adattarci prontamente alle iniziative di un amore che sempre eccede le nostre tiepidezze e sempre sconvolge i nostri corti pensieri. Allora, per essere un po’ meno rigidi e un po’ più agili, è molto opportuno chiedere al Signore i doni di una più grande fiducia, umiltà, docilità, ubbidienza…; lui ci assicura che: Chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto (Lc 11, 10).

San Giovanni Crisostomo, a proposito del dubbio di alcuni, osserva: “Se alcuni dubitarono, ammiriamo anche qui la franchezza degli evangelisti, che fino all’ultimo giorno non nascondono i propri difetti. Tuttavia anche costoro, alla vista del Signore, vengono fortificati nella fede”. Possiamo notare di passaggio che non nascondere i difetti e le brutte figure dei discepoli, come più volte i vangeli documentano, depone a favore della loro credibilità. Non dobbiamo quindi stupirci se anche noi, dopo un lungo cammino, intrapreso per ubbidire alla volontà del Signore, ci scopriamo ancora: Stolti e lenti di cuore a credere (Lc 24, 25). Il Signore conosce meglio di noi l’incandescenza del suo amore e la nostra difficoltà a comprendere le follie che questo amore ha fatto e fa per noi, ma se avremo camminato secondo le sue indicazioni, anche se alla fine avremo ancora dei dubbi, come i discepoli sul monte, lui si manifesterà anche a noi, perché avremo dimostrato la buona volontà di obbedirgli.

Una missione universale

Una volta che, dopo lungo cammino, i discepoli si trovano sul monte indicato dal Signore, lo sguardo si allarga e abbraccia tutti i luoghi sottostanti; ma ciò che vedono gli occhi del corpo è analogo a ciò che il Signore mostra loro agli occhi dell’anima, infatti, affida ai discepoli la missione di abbracciare tutti i popoli della terra. È una missione di ampio respiro che non ha confini né di tempo, né di spazio: Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Solo una rivelazione che viene da Dio può avere una visione così ampia e universale, per tutte le nazioni, fino alla fine del mondo.

Possiamo ancora osservare la seguente analogia: quanti sono chiamati a evangelizzare, prima di essere abilitati a tale compito, devono percorrere un lungo cammino. Questo è necessario per assimilare bene tutte le parole del Signore così da poterle poi insegnare, ma gli insegnamenti dovranno prima di tutto essere praticati da chi li insegna, così saranno credibili e chi ascolta potrà a sua volta osservare tutto ciò che [il Signore ha] insegnato. E così è per la testimonianza che ogni cristiano è chiamato a diffondere intorno a sé; più a lungo camminiamo con il Signore, più assimiliamo i suoi insegnamenti, più lo amiamo, più diventiamo suoi testimoni credibili, allora, con o senza parole, il suo profumo si spande intorno e attira chi ha bisogno di luce e di salvezza: Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo fra quelli che si salvano e fra quelli che si perdono (2Cor 2, 15).

Un’opera trinitaria

La salvezza dell’uomo è un’opera trinitaria alla quale concorrono, secondo gli attributi propri: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. È una nuova vita e ha un inizio, segna questo inizio il battesimo, che è un sacramento, o segno efficace, per mezzo del quale manifestiamo la nostra intenzione di aderire alle opere che Dio intraprenderà per salvarci; la nuova vita deve essere liberamente scelta. In ogni sacramento agisce la grazia divina, ma il suo agire è anche condizionato dalla nostra collaborazione, la nostra libertà ha un ruolo decisivo, perché può permettere più o meno alla grazia di agire. S. Agostino giustamente osserva: “Dio che ci ha creato senza di noi, non ci salva senza di noi”.

La storia della nostra salvezza è una storia d’amore, ma non può esserci vero amore senza una libera risposta all’amore. Il bambino, che è battezzato senza il suo consenso, beneficia dell’opera della grazia, ma più cresce, più dovrà liberamente scegliere di lasciarla agire. C’è un tempo in cui non dire di no è già dire di sì al Signore, e questo vale soprattutto per i bambini che crescono in una famiglia cristiana, ma c’è anche un tempo in cui, non dire esplicitamente di sì al Signore è di fatto dirgli di no. C’è un tempo in cui riceviamo gratuitamente i talenti, ma poi viene il tempo in cui dobbiamo decidere come farli fruttificare; purtroppo c’è anche chi decide di andare a seppellire il dono ricevuto. Il dono della libertà ci conferisce una dignità enorme, ma la libertà può anche essere usata male e provocare la nostra rovina; un modo di usarla male è non usarla; durante la vita presente dobbiamo scegliere o Dio o il mondo, ma noi abbiamo la tendenza a non scegliere né l’uno né l’altro, illudendoci di poter amare un po’ l’uno e un po’ l’altro, questa indecisione non può durare all’infinito, infatti, Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza (Mt 6, 24); alla fine dovremo scegliere: o Dio, o il nostro io; e la scelta sarà irrevocabile. Siamo costretti a scegliere, anche se non scegliamo niente, non dire un sì esplicito a Dio è già scegliere di dirgli di no.

Verso l’ascensione

Dopo questa apparizione, il Signore apparirà ai discepoli un’ultima volta poco prima della festa di Pentecoste, e sarà di nuovo in Giudea: Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo (Lc 24, 50-51). Gesù conclude così la sua missione visibile sulla terra, ma questo non significa che sia terminata la sua missione invisibile, infatti promette ai discepoli: Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. È con noi per mezzo della fede che ha per oggetto le cose invisibili, le quali, non per questo sono meno reali, anzi, un giorno vedremo che sono le uniche realtà che durano per sempre. La lettera agli Ebrei così si esprime: La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono (Eb 11, 1), e San paolo esorta: Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio (Ef 3, 17-19). Sempre le parole di Dio suonano un po’ strane alle nostre orecchie e ci lasciano perplessi, ma questa è appunto una prova che non sono parole umane, ma parole di Dio.

Che la Santa Vergine ci guidi lei verso una maggior comprensione delle opere di suo Figlio.

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Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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